All'inizio del nuovo millennio ... riecheggiano nel nostro cuore le parole con cui un giorno Gesù, dopo aver parlato alle folle dalla barca di Simone, invitò l'apostolo a "prendere il largo" per la pesca: "Duc in altum" (Lc 5,4). Pietro e i primi compagni si fidarono della parola di Cristo, e gettarono le reti. "E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci" (Lc 5,6).
Duc in altum! Questa parola risuona oggi per noi, e ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro: "Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre!" (Eb 13,8).
(Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, n.1)
Prendere il largo: è un potente e affidabile invito evangelico. Parole di Gesù per i discepoli di ieri, per i discepoli di oggi.
Parole riprese da un anziano papa che non smette di sperare, di pensare in grande, di sognare. E che scrive:
E' ora di riproporre a tutti con convinzione questa "misura alta" della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione.
(Novo millennio ineunte, n.31)
Prendere il largo ... parole che rilancio in questo inizio di nuovo anno pastorale.
Parole di profonda fiducia che abbiamo bisogno di ascoltare.
Parole che pungolano il nostro coraggio e chiedono di essere vissute.
Troppo spesso invece ci accontentiamo, viviamo nella "religione dell'abbastanza": abbastanza credenti, abbastanza praticanti, abbastanza buoni, abbastanza giusti, abbastanza impegnati ...
E ci fermiamo a riva.
Immobili e intristiti, perché le promesse e le sorprese stanno nascoste al largo ... ma "non si può stare per tutta la vita solo fin dove si tocca"!
Pensare è "trasgredire"
Scrive il teologo don Bruno Forte:
Ero giovane teologo, mi trovavo a Tubingen, in Germania, per un lungo periodo di ricerche e di insegnamento in quella università; andai quasi in pellegrinaggio sulla tomba di Ernst Bloch, il filosofo della speranza, e trovai sulla roccia che copriva la sua tomba queste parole: denken heißt überschreiten, pensare significa oltrepassare, tra-sgredire, andar oltre. Mi sembrò che questa parola di Ernst Bloch desse il senso della trasgressione a cui siamo chiamati pensando: non arrenderci all'evidenza, ma lasciarci inquietare dal paradosso della vita ... (Bruno Forte e Vincenzo Vitiello, La vita e il suo oltre, Città Nuova, 2001)
Non arrendersi perché chi crede solo al possibile di solito riesce ad avanzare solo qualche passo.
Non arrendersi, avere il coraggio di speranze ardite. Anche di fronte alle esperienze più dure che la vita ci fa incontrare.
E' questo il mio sogno e il mio augurio, per me e per voi, in questo inizio settembrino.
Su ali d'aquila
Ormai sapete quanto amo sognare e far sognare proponendo delle immagini: dopo "Occhi di gufo", ecco "Su ali d'aquila".
Per dire speranza e vicinanza.
Per tradurre simbolicamente l'invito evangelico a prendere il largo.
Come un'aquila
che veglia la sua nidiata,
che vola sopra i suoi nati,
egli spiegò le ali e lo prese,
lo sollevò sulle sue ali.
(Dt 32,11)
Quanti sperano nel Signore riacquistano forza,
mettono ali come aquile,
corrono senza affannarsi,
camminano senza stancarsi. (Is 40,31)
L'aquila è un'inquilina del cielo, sa sfidare l'impossibile in regioni inaccessibili all'uomo, ma sa anche tornare immediatamente in picchiata verso terra. Ama la libertà, non teme la solitudine, cerca le vette più alte per vedere più lontano, per lasciarsi accarezzare dal sole.
Ed è di una tenerezza infinita con i suoi aquilotti che porta sopra le sue ali per insegnare loro a volare e per difenderli dai nemici.
Le ali d'aquila rimandano alla forza, alla potenza, all'osare, al volare alto e, insieme, alla tenerezza.
E' di queste ali che abbiamo bisogno per sconfiggere le nostre mediocrità, le mediocrità dei nostri giorni, i sogni a basso profilo, il così fan tutti ...
"Non vi sono altezze troppo alte ma soltanto ali troppo corte" (Papini) ... Solo che le nostre ali sono troppo corte, il nostro volo è radente a terra, l'inerzia ci impedisce di sviluppare i muscoli e di far crescere le penne. L'esercizio fedele e costante della preghiera, del silenzio, della riflessione riesce a sollevare l'uomo e a portarlo verso quelle vette che prima gli sembravano proibite.
Anche Seneca affermava che non sono le cose a essere difficili ma esse sono difficili perché noi non osiamo.
E' necessario rischiare per iniziare a nuotare e a volare nell'infinito; e al rischio deve seguire l'esercizio rigoroso e ininterrotto. (mons. Gianfranco Ravasi)
Sotto il segno dell'aquila e dell'aquilotto: portati e portatori.
Portati dal nostro Dio che ci fa sentire tutta la sua intima vicinanza e la sua forza, tutto il suo prendersi cura di noi, tutta la sua tenerezza... anche quando ci sembra nascosto e lontano.
E portatori di grandi desideri, di uno sguardo dall'alto, che osa speranza e sfida la mediocrità.
Sotto questo segno, buon inizio d'anno pastorale.
L'Informatore parrocchiale, Settembre 2001