LA STELE DI GIACOBBE

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Giacobbe eresse una stele dove Dio gli aveva parlato, una stele di pietra, e su di essa fece una libazione e versò olio. (Gen 35,14)
 
Dopo 100 anni vogliamo sostare di fronte a quella "stele" che è la nostra bella chiesa ... per ricordare ... per progettare.
 

... RICORDARE ... RIPORTARE AL CUORE

La storia di una comunità è importante.
Deve essere raccontata senza stancarsi,
deve essere scritta e riscritta.
Facciamo così in fretta a dimenticare
quel che Dio ha fatto per noi.
Dobbiamo ricordarci tutti i momenti
che Dio è all'origine di tutto
e che Lui ha vigilato con amore
sulla comunità.
E' così che noi ritroviamo
la speranza e l'ardimento
di cui abbiamo bisogno
per affrontare nuovi rischi
(Jean Vanier)

E' per questo che celebriamo i nostri 100 anni con la gioia di chi si sente nel "fiume" della storia degli amati, di chi ha creduto, sperato, amato, di chi ha continuato a credere nonostante tutto, di chi si è fidato di Cristo e del suo Vangelo, di chi ha voluto viverlo e annunciarlo.
E con la gioia di avere qui il nostro amato Cardinale Carlo Maria Martini.
E' una storia da ricordare cioè da "riportare al cuore": questo significa ricordare. E se la gratitudine è la memoria del cuore, è con sconfinata gratitudine innanzitutto al Signore - per il suo amore e per i suoi doni che non sono mai venuti meno - e a coloro che ci hanno preceduto nel cammino della fede, della speranza, della carità, dell'amore alla Chiesa, dell'amore a questa chiesa, che festeggiamo questo pezzo di storia.
E con la certezza che "la storia corre ma Dio è sempre lì" (Ilario di Poitiers), come solida roccia.
 

... sempre più bella ...

Dio, Lui così grande, incontenibile, incatturabile, Lui più grande di ogni tempio, abita, dimora in questa chiesa.
Qui lo possiamo sentire presente, vicino, qui lo possiamo invocare, ringraziare, qui possiamo "perderci" e risorgere nell'abbraccio del suo perdono, qui possiamo continuare a camminare con la forza del suo Pane e della sua Parola ...
Dio è qui, in questa chiesa che amo, che amiamo così tanto e che per questo abbiamo reso così bella.
Per "segnare" questi cento anni, grazie alla generosità di moltissime persone, la nostra chiesa è diventata ancora più capace di parlare del Vangelo con il portale della tenerezza di Maria e con le vetrate dell'amore trinitario.
 

il portale della tenerezza

La nostra chiesa è tutta un canto a Maria. Un canto di stupore, di letizia, di speranza.
Altre e nuove "note" si sono aggiunte a questo canto: il portale in bronzo, stupenda opera, così armoniosa e fluida, dello scultore Franz De Vecchi. Una porta apre e chiude, si spalanca e si socchiude, svela e vela. E' un invito a entrare ma anche ad uscire, ad andare ma anche a tornare. Una porta è parabola, simbolo, rimando. Anche Maria è rimando. A Lui. Perché non si può parlare di lei senza parlare di Lui. Questa porta è dedicata a lei, "porta del cielo", donna e madre di tenerezza e di misericordia, a fianco degli uomini, da sempre e per sempre. Guardare questa porta sia rimando alla tenerezza e misericordia infinite di Maria e di suo Figlio e sia invito ad essere altrettanto teneri e misericordiosi. Perché il cuore convertito è il cuore fatto tenero.

le vetrate dell'amore trinitario

Così scriveva Marc Chagall, grande artista delle vetrate: "Per me una vetrata è una parete trasparente posta fra il mio cuore e il cuore del mondo. ... Una realtà mistica che attraversa la finestra" ...
Nelle tre vetrate dell'abside che Luisella Marzatico ha realizzato con scioltezza pittorica e con spessore teologico non comune, si canta - in un unico racconto - l'amore trinitario che, grazie alla Pasqua di Gesù, fa nascere la Chiesa e la speranza di un mondo nuovo.
Una vetrata è un racconto che si offre alla luce e da questa viene attraversata, trasfigurata: è metafora della trascendenza, segno visibile di un oltre invisibile che vuole mostrarsi. Sia così anche la nostra vita: un evento che si lascia attraversare da una Luce tutta speciale e per questo ne è illuminata, trasfigurata.
 
Non solo la chiesa è più bella ma, per il centenario, accanto a lei splende
il cortile dei sogni e degli incontri.
Un cortile sognato e stravoluto dal vostro parroco, realizzato sotto la sapiente regia dell'arch. Giovanni De Lucchi e con la maestria dell'artista Michele Migliavacca. Lo spazio è stato "forato", ora si può "dilatare" lo sguardo grazie a tanti alberi tutti colorati. Un albero punta dritto al cielo e tiene saldamente legate le sue radici alla terra. Un albero è accogliente con gli uccelli che si intrufolano fra i suoi rami, li lascia andare, non li imprigiona. Un albero "ruba" il sole e restituisce ombra. E' felice di regalare i suoi frutti. Nasce e rinasce. Impareremo da questi alberi e dai loro colori, di fronte ai quali non si può restare indifferenti. Impareremo a essere radicati in piena terra e in pieno cielo, a essere accoglienti e insieme rampa di lancio, a donare senza chiedere, a non smettere di sperare perché la primavera torna sempre. Sarà un cortile di sogni e di incontri. E di ricerca perché mi torna alla mente un albero del Vangelo: quel sicomoro dove un giorno salì Zaccheo, desideroso di vedere Gesù. Non solo lo vide ma divenne compagno definitivo per la sua vita e tutto cambiò.
 
Tutto è davvero bello ... e ne siamo felici. E abbiamo voluto condividere la nostra felicità con la parrocchia S.Giovanni Bosco in Milano, facendo in modo che anche lì qualche sogno si realizzasse...
 

... SOGNARE ... PROGETTARE

La nostra è una storia che abbiamo dietro le spalle ma che insieme ci sta davanti, è una storia ancora tutta da sognare, da inventare, da costruire pietra su pietra. Cercheremo di farlo, insieme.
Quando sono entrato per le prime volte in questa chiesa del Suffragio, ciò che più mi ha colpito è quel gioiello nascosto che è la Via Crucis di Aldo Carpi, ma non solo.
Anche quei grandi archi mi hanno affascinato. Un arco è una struttura portante che sopporta il peso della muratura che lo sovrasta e che ha un segreto: la chiave di volta. E' una pietra a forma di cuneo che, posta sulla sommità dell'arco, ne assicura la stabilità. Sembra confondersi con le altre ma è insostituibile.
Anche il cristiano, anche la comunità cristiana ha e deve avere le sue "chiavi di volta".
Mentre rimando al nuovo progetto pastorale per prendere in esame temi centrali quali il giorno del Signore, la catechesi degli adulti e con gli adulti, la famiglia, il gruppo giovanile, il servizio agli ultimi ... torno a quanto ho detto al mio ingresso come parroco per ricordare alcune di queste "chiavi" che anche allora avevo indicato:
 

... le chiavi di volta ...

il gusto della vita interiore

Non si può vivere e crescere come cristiani se non si vive e non si cresce in una profonda vita interiore.
Non dare tempo alla preghiera è come non guardare dove si sta andando perché si è troppo occupati a camminare.
Avere una profonda vita interiore è l'unica ancora per resistere saldamente alle burrasche della vita, per saper discernere secondo il Vangelo.
Come ci richiama s. Caterina da Siena:
 
I pescatori di perle lungo la costa dell'India scendono in fondo al mare legandosi alla bocca una canna di bambù molto lunga, la cui fine arriva sopra la superficie dell'acqua del mare, per poter respirare.
Così deve essere il cristiano: immerso nel mare della vita, dell'esistenza, delle preoccupazioni, ma sempre con questo "canale" aperto verso Dio che è la fede, che è la preghiera.
Senza questo canale, questa lunga canna di bambù, non si può più respirare e si muore, si muore come cristiani.
 
E come ci richiama il nostro Cardinale nella sua ultima lettera pastorale : "Parlo al tuo cuore" :
 
Per accogliere la Parola occorre coltivare il silenzio contemplativo, la capacità di rientrare nel nostro intimo, di ritrovare il centro di noi stessi, vincendo l'ansietà e la fretta che ci divorano e fermandoci ad ascoltare le domande vere per ricevere su di esse la luce del Dio che parla. (n.17)
Bisogna cominciare con qualcosa di molto semplice: le preghiere del mattino e della sera e quelle brevi invocazioni durante la giornata ("Signore, aiutami!"; "Signore, abbi pietà di me!" ...) che ci "attaccano" a Dio quando stiamo scivolando sulla parete ripida della quotidianità. (n.22)
 
un cuor solo e un'anima sola
 
Siamo chiamati a costruire una parrocchia-comunità fraterna, fatta di tanti laici corresponsabili e appassionati che sanno vivere la sequela di Gesù dentro una forte appartenenza ecclesiale.
Mi è tornata alla mente una bellissima e intensa sequenza del film "Francesco" di Liliana Cavani, quando Chiara, intenzionata a condividere la stessa vita di Francesco, si rivolge a lui e ai suoi compagni così:
 
"Padri, madri, fratelli, accoglietemi!". La loro risposta è stata: "Padre, madre, sorella, fratello, prega per noi" ...
 
Ecco la comunità cristiana: siamo padre, madre, fratello, sorella l'uno per l'altro.
E siamo chiamati a essere "pietre vive", come ci ha detto il nostro mons. Erminio De Scalzi nella Lectio Divina del 6 settembre scorso:
 
La nostra "chiesa edificio" ha ritrovato la sua bellezza, ma infinitamente più bello deve essere il "tempio vivo", tanto più vivo e tanto più bello, quanto più ci sono uomini e donne che si lasciano guidare dal Vangelo.
Che importa il posto che in esso tu occupi? Importa sentirsi "pietra viva", umile eppure preziosa, che sostiene le altre e che si sostiene sulla pietra angolare che è il Cristo (preghiera, sacramenti...)
Di solito poi le pietre nascoste agli occhi, quelle che non si vedono, sono le pietre "fondamentali".
Il Signore ci dia la fierezza e la gioia, di sentirci chiesa, così!
 
In questo senso va vista l'elezione del nuovo Consiglio Pastorale, immagine della comunione dell'intera comunità parrocchiale, motore di una parrocchia che vuole avere un "volto sinodale", che vuole essere "fontana del villaggio".
 
il coraggio della vita pubblica
 
"Quando avrai Dio nel cuore, possederai l'ospite che non ti darà più riposo", dice Paul Claudel, come a dirci che il Vangelo ci propone una stretta saldatura tra l'amore a Dio e l'amore al prossimo, ci invita a mettere sapientemente e meravigliosamente insieme la lotta e la contemplazione, la vita interiore e la vita pubblica.
Lo stare incantati e sedotti sul monte Tabor - il monte della rivelazione, dell'incontro intimo, a tu per tu, con Dio - e insieme il camminare vigili sulla strada che va da Gerusalemme a Gerico, pronti a fermarsi per prendersi cura dei fratelli, in particolare degli ultimi.
E' ancora il nostro Cardinale a dirci:
 
Nella varietà delle situazioni della vita il cristiano è chiamato a scegliere sempre ciò che più piace a Dio. Nell'ascolto perseverante della Parola, aiutato dal dialogo della fede nella comunione della Chiesa, il credente impara ad essere coscienza vigile della società, critico della miopia di tutto ciò che è meno di Dio, pronto alla denuncia di quanto offenda o manipoli la dignità dell'essere umano, sciolto e deciso nell'annuncio della fede, pagato anche a caro prezzo, perché si promuova tutto l'uomo in ogni persona umana. (n.42)
 
 
... il coraggio di osare ...
 
Anche in una società tecnicizzata e urbanizzata è possibile promuovere comunità che vivano il vangelo nella semplicità e nella gioia. (Parlo al tuo cuore n.38)
 
«Occorre evitare la tentazione della fuga per vivere la sfida della presenza». (Card. Martini alla "Cattedra dei non credenti" del novembre 95)
 
Occorre cercare di essere comunità luogo di silenzio e di ascolto, di dialogo e di relazioni profonde, di amicizia e di accoglienza, di ospitalità e di operosità, di speranza e di tenerezza in questa "benedetta-maledetta" città.
Sono questi gli inviti pressanti che continuamente ci lancia il nostro Cardinale. Sono richiami forti ad avere il coraggio di vivere, di mostrare, di comunicare "l'eccedenza" del Vangelo.
Sono inviti che faccio miei. So che la strada è complessa ma chi crede davvero, come ogni innamorato, non incontra fiumi senza guado.
Bisogna "allenarsi" a lanciarsi in ciò che apparen-temente può sembrare l'impossibile, perché è proprio lì che troviamo la presenza e l'inaudita grazia di Dio. Mi rincuora anche un detto cileno:
 
L'uomo abile si riconosce dal raccolto. Ma più forte dell'uomo abile è l'uomo di fede. L'uomo di fede si riconosce dalla semina.
 
Se allora avremo il coraggio di osare, di credere nel Vangelo, di vivere il Vangelo capiterà di sentirci dire quello che Chiara ha detto a Francesco in un'altra sequenza del film della regista Cavani:
 
Se ho trovato che la mia vita è bellissima,
è perché ho trovato che la tua è bellissima.
 
Mentre ringrazio ancora tutti, cerchiamo di mettere tutto ciò che abbiamo nel cuore davanti a questa "stele" che è la nostra chiesa.
Come Giacobbe sentiremo le parole del nostro Dio:
 
Ecco io sono con te
e ti proteggerò dovunque tu andrai
(Gen 28,15)

dall'Informatore Parrocchiale - ottobre 1996
 

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