I DISCEPOLI DI EMMAUS

IL PARROCO E IL PROGETTO PASTORALE 1998-2001
Come vi avevo proposto, anch’io ho cercato e guardato le
stelle nella notte di San Lorenzo ... sono un «testardo» sognatore ...
E in mezzo a tanti desideri, tanti sogni, un parroco
entusiasta, non può che sognare una parrocchia splendida, sempre più
evangelica, che rende felici i «vicini» e sa attrarre i «lontani».
Così ho pensato a lungo al grande e complesso compito che ha
fra le mani il nostro Consiglio Pastorale: la stesura finale del Progetto
Pastorale Parrocchiale. Da circa due anni ne stiamo discutendo: sogno davvero
che sia pronto per la Quaresima del 1998.
Se vuoi costruire un’imbarcazione, non preoccuparti tanto
di adunare uomini per raccogliere legname, preparare attrezzi, affidare
incarichi e distribuire lavoro, vedi piuttosto di risvegliare in loro la
nostalgia del mare e della sua sconfinata grandezza.
(Saint-Exupéry)
... solo i grandi sogni, le grandi speranze, i grandi
progetti danno il gusto del vivere, fanno rinascere, rimettono in cammino, come
ho scritto sull’informa-tore parrocchiale di luglio/agosto.
Così sarà stendere il progetto pastorale. Perché sono
convinto che la stesura di un progetto pastorale sia per una parrocchia un dono
straordinario, una occasione unica di discernimento pastorale, una sosta
splendida e necessaria per riflettere insieme sulla vita della propria
comunità; per verificare itinerari, scelte, tradizioni; per recuperare
motivazioni, priorità, armonie.
Tra l’altro è una delle due strade proposte dal nostro
cardinale Carlo Maria Martini per una fede adulta:
Due sono gli strumenti privilegiati, utili a favorire una
«fede adulta» fra quanti a vari livelli prendono parte attiva alla vita della
comunità cristiana: precisa-mente il consiglio pastorale parrocchiale e il
progetto pastorale. Il consiglio pastorale parroc-chiale abilita un gruppo di
persone mature a esprimere, alla luce della fede e in rapporto con le
indicazioni della Chiesa, un giudizio unitario sulla vicenda della comunità
intera e a essere parte attiva nel promuovere anche negli altri una reale
capacità di condivisione. Mediante il progetto pastorale poi la parrocchia
individua le urgenze, le possibilità, le priorità e gli appuntamenti con cui
essa intende annunciare il Vangelo a ogni condizione di vita.
Questo mio testo - risultato di un lungo ascolto del
Consiglio Pastorale, a cui verrà consegnato nella prossima riunione del 16
settembre e che probabilmente sarà l’introduzione al Progetto Pastorale -
vuole solo dire qualcosa sul titolo, sulla tensione fondamentale sottesa al
progetto e sui «ciottoli di Davide».
E’ una introduzione che consegno anche a tutti voi che
frequentate e amate il Suffragio perché anche ciascuno di voi possa dare il
proprio creativo contributo.
IL TITOLO
I discepoli di Emmaus
(Lc 24,13-35)
Questo titolo è stato scelto dal nostro Consiglio Pastorale,
affascinato dal rapporto strettissimo e profondo tra la nostra chiesa e una
grande strada - il Corso XXII Marzo - e da quella intelligente e «inquietante»
porta di vetro della nostra chiesa che dà sulla strada e che porta scritto:
Si entra per adorare Dio
Si esce per amare
e servire i fratelli
Di una strada parla il brano di Luca, quella che porta da
Gerusalemme a Emmaus e da Emmaus a Gerusalemme. Vi invito a leggere, rileggere,
meditare e gustare questo splendido e notissimo brano dell’evangelista Luca.
La strada che da Gerusalemme sale a Emmaus, come ogni altra
strada del Vangelo, non è mai una passeggiata. Anche nei tempi più perduti,
uno rischia l’incontro: purché si metta in istrada. ...
Nel Vangelo, la strada è più di un luogo o di un
personaggio: è il Signore.
Lungo la strada è incominciata la chiesa; lungo le strade
del mondo la chiesa continua.
(don Primo Mazzolari, Tempo di credere)
... come lungo il nostro corso XXII Marzo ...
«I discepoli di Emmaus»: diventa anche un invito potente e
prepotente a camminare con gli uomini e le donne della nostra città, a vivere
con umiltà e coraggio il nostro essere cristiani oggi e cristiani in minoranza.
Così scrive al proposito il card. Martini:
Il Signore ci invita a uscire dalla lamentosità di una
minoranza che non cessa di rivangare il passato, di sognare ritorni assai
difficili dal punto di vista cronologico e culturale; ci invita ad accettare il
nostro ruolo propositivo e missionario, educando ad un realismo coraggioso, che
sceglie iniziative capaci di incidere in questa, non in un’altra società.
La tensione fondamentale
Come diceva Saint-Exupéry, c’è una «nostalgia» da
risvegliare. La nostra sarà quella di costruire sempre più una parrocchia come
fraternità di correspon-sabili. E di scoprire la gioia di una fede adulta,
armonica, motivata, ecclesiale, responsabile, credibile.
Due sono, al riguardo, gli obiettivi principali che dobbiamo
proporci in questo decennio: far maturare delle comunità parrocchiali che
abbiano la consapevolezza di essere, in ciascuno dei loro membri e nella loro
concorde unione, soggetto di una catechesi permanente e integrale - rivolta a
tutti e in particolare ai giovani e agli adulti -, di una celebrazione liturgica
viva e partecipata, di una testimonianza di servizio attenta e operosa; favorire
un’osmosi sempre più profonda fra queste tre essenziali dimensioni del
ministero e della missione della chiesa. Se la comunità ecclesiale è stata
realmente raggiunta e convertita dalla parola del vangelo della carità di
Cristo non può non continuare nelle tante opere della carità testimoniata
colla vita e col servizio.
Ogni pratico distacco o incoerenza fra parola, sacramento e
testimonianza impoverisce e rischia di deturpare il volto dell’amore di
Cristo.
(CEI, Evangelizzazione e testimonianza della Carità, n.28)
Per questo occorre andare verso Emmaus, sedersi a Emmaus,
ripartire da Emmaus, cioè scoprire e vivere la fede come cammino, ascolto,
gratitudine, affidamento, appartenenza ecclesiale, correspon-sabilità,
servizio, missione.
Solo con questo volto evangelico, conciliare e sinodale, la
nostra comunità sarà sempre più capace di essere il luogo in cui si nasce
alla fede e si cresce nella fede, dove anche il cristiano «poco praticante»
sarà «dolcemente costretto», con ritmi personalizzati e pacati («La
Chiesa è una casa dai cento portoni e non ci sono due persone che entrano
esattamente dallo stesso angolo», dice Chesterton) a passare dalla
richiesta dei Sacramenti alla scelta di una fede adulta e comunitaria, grazie a
un cammino «catecumenale».
I ciottoli di Davide
(1 Sam 17,40)
Ricordate quel giovane pastore di nome Davide che si offre di
combattere contro il gigante Golia, armato unicamente di cinque lisci ciottoli
del torrente?
E’ proprio con il nome di «ciottoli di Davide» che ho
voluto chiamare - senza nessun intendimento «guerresco» - le priorità, le
scelte, gli obbiettivi di ogni settore del Progetto Pastorale, che ritengo
debbano essere limitati nel numero, avere carattere trainante ed essere
praticabili.
Ad esempio la catechesi per giovani e adulti, la domenica
come giorno del Signore e dell’ Eucarestia, la famiglia come soggetto
ecclesiale e sociale, l’Oratorio, il Centro culturale ...
Un’opera aperta
E’ chiaro che questo progetto deve restare «opera aperta»
cioè un’opera che deve crescere di giorno in giorno col crescere della fede
delle persone e con un’attenzione puntuale e profetica dei «segni dei
tempi», con la volontà di coniugare - come diceva il teologo Karl Barth -
«Bibbia e giornale».
Ogni sessione del Consiglio Pastorale dei prossimi anni
potrà e dovrà approfondire, suggerire, proporre, precisare, concretizzare,
completare ...
La perla preziosa
Lo scopo di un progetto pastorale: personalmente e come
comunità diventare, ridiventare cristiani, credenti e credibili, entusiasti,
segno e domanda per chi ci incontra. Come ci dice questo incantevole racconto:
Un monaco mendicante trovò, in uno dei suoi viaggi, una
pietra assai preziosa e la ripose nella sua sacca. Un giorno incontrò un
viandante, e mentre apriva la sacca per trarne cibi da spartire con lui, il
viandante vide la pietra preziosa e gliela chiese. Il monaco gliela donò
immediatamente. Allora il viandante lo ringraziò e se ne andò pieno di gioia
con quel regalo insperato: un gioiello che sarebbe bastato a dargli ricchezza e
sicurezza per tutto il resto dei suoi giorni. Tuttavia dopo poco tempo, quel
viandante tornò indietro, in cerca del monaco e, trovatolo, gli restituì il
regalo e lo supplicò: «Ti prego, ora dammi qualcosa di maggior valore di
questa pietra, pur tanto preziosa. Dammi, per favore, ciò che ti ha permesso di
regalarmela!
dall'Informatore Parrocchiale - sett 1997
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