SABATO’ 1 NOVEMBRE 2008
SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI
Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1^Gv 3,1-3; Mt 5,1-12
Sono tre le riflessioni che oggi vorrei proporvi:
Un dato di fatto: La paura della santità
La strada per diventare santo: lasciati amare da Dio
e ama il prossimo con l’amore di Dio
Una certezza: c’è un santo in ciascuno di noi
UN DATO DI FATTO: LA PAURA DELLA SANTITA’
Tutti voi conoscete la favola che racconta di quella volpe
che dopo aver tentato invano di cogliere dei grappoli d’uva buonissima, alla
fine concludeva: in fin dei conti è acerba!
Questa favola mi sembra descrivere bene il nostro rapporto
con la santità.
Noi tutti partiamo bene dicendo: che bello pregare, che bello
credere, che bello sperare, perdonare, essere giusti, leali… vorremmo essere
così ,a dopo, un po’ per il nostro egoismo, un po’ per l’ambiente, un po’ per la
vita quotidiana, tutto diventa una specie di buccia di banana sulla quale a poco
a poco questi sogni scivolano e concludiamo – come la volpe -: cristiani sì,
santi no! E’ troppo, non esageriamo! La vita è dura, è già complicato essere
cristiani, e diventare santi è voler salire su una vetta davvero impossibile.
Questo è il vero problema: la paura della santità, cioè
della fede matura,cioè della fede che scolpisce affetti e affari .
In noi c’è la paura che il Signore, il suo Vangelo, i suoi
comandamenti, le sue Beatitudini non ci facciano felici, tocchino affetti e
affari.
In noi c’è la paura che a diventare santi, insomma, uno si
impoverisca, perda qualcosa e debba rinunciare a troppo.
E’ la storia di Adamo che
dice: se mangio quel frutto, magari la vita migliora, sono più felice.
E’ la storia del figlio
prodigo che si lamenta della solita vita, del solito papà, del solito lavoro,
della solita casa e cerca la libertà e la felicità altrove.
E’ la storia di tanti
personaggi descritti nel Vangelo, per esempio di quel giovane ricco che si
chiedeva: ma se rinuncio ai miei averi, sarò poi felice?
„ Le beatitudini ci
ripetono Beati..Beati..anche in situazioni difficilissime.
LA STRADA PER DIVENTARE SANTO:
LASCIATI AMARE DA DIO
E AMA IL PROSSIMO CON L’AMORE DI DIO
Per diventare santi occorre lasciarsi amare da Dio
Il primo, fondamentale, indispensabile lineamento del santo
è, infatti, quello della grazia.
Il santo è un uomo meravigliato dall’ amore folle di Dio, di
Gesù di Nazareth.
In quel gioiello che è l’Attesa di Dio, Simone Weil
scriveva:
I beni più preziosi non devono essere cercati
ma attesi … Ci sono individui che cercano di elevare la loro
anima come un uomo che salti continuamente a piedi uniti, nella
speranza che a forza di saltare sempre più in alto, un giorno,
invece di cadere, riuscirà a salire fino in cielo. Noi non
possiamo fare nemmeno un passo verso il cielo: la direzione
verticale ci è preclusa. Ma se guardiamo a lungo il cielo, Dio
discende e ci rapisce. Ci rapisce facilmente. Come dice Eschilo,
ciò che è divino è senza sforzo.
In principio, dunque, c’è la teofania,la presenza, il
dono di Dio che rende possibile ciò che è impossibile per la natura umana.
E’ la via di Damasco, quella dell’ "esser afferrati da
Cristo", come Paolo confessava ai Filippesi (3,12).
L’appello alla santità non è un "tu devi", non è un
"occorre", un "bisogna", ma è "accogli, ricevi, prova, gusta,
sogna" l’amore di Dio, la vicinanza di Dio, la tenerezza di Dio, il perdono di
Dio, il sigillo di Dio (1^ lettura):
Vidi poi un altro angelo che saliva
dall’oriente
e aveva il sigillo del Dio vivente.
Lasciati amare da Dio, lasciati ABITARE da Dio, dalla Sua
Parola...
Gesù nuovo Mosè..parole dell’Alleanza.
Per diventare santi occorre amare il prossimo con l’amore di
Dio
Quando uno prende sul serio il Vangelo, l’Eucarestia, quando
si lascia affascinare e scolpire dalle Beatitudini, trova a poco a poco in sé
la vita di Dio, trova dentro di sé i gusti di Dio e incomincia a vedere la
vita, la morte, il prossimo con gli occhini Dio: la vita fiorisce e si apre
all’amore.
L’amore di Dio entra in noi e ci fa capaci d’amare.
E’ un amore che apre ad altri amori. E’ un amore che ci lega
tutti in una storia d’amore…Polifonia di affetti.
L’etica cristiana non è fondata sul "dovere" (Kant) ma
sul "poter essere": tu puoi cambiare, puoi migliorare.
"Tu con me" è un’etica veramente incoraggiante.
In questa dimensione antropologica – che, lo ricordiamo
ancora, è successiva a quella teologica – ha rilievo l’impegno morale, si
configurano le opere sante, si percorre la strada dell’ascesi. A questo
proposito mi pare significativo quanto ha scritto tempo fa il filosofo Salvatore
Natoli:
L’ascesi non è affatto rinuncia, è abilità.
Guardate l’acrobata: volteggia, domina lo spazio, vince la
gravità. Tutto sembra semplice. Quanta fatica! Ma si è fatta
bellezza.
In greco ‘askesis’ significa appunto "esercizio, pratica" e
non "rinuncia".
La vera santità non è isolamento, assenza ma esempio,
presenza.
UNA CERTEZZA: C’E’ UN SANTO IN OGNUNO DI NOI
Da ultimo, la festa di Tutti i Santi ci richiama che c’è un
santo dentro ciascuno di noi.
Come dice in una sua canzone Morandi: si può dare di più,-
fare,osare -…come fare non so
Quel santo che è dentro di noi dobbiamo lasciarlo
crescere, dargli spazio.
Santo non è chi non sbaglia, santo è chi si rialza
sempre.
Santo è chi, avendo fatto una profonda esperienza di
Dio, della preghiera, del Vangelo, dell’Eucarestia, di Chiesa, delle
Beatitudini, non riesce più a difendersi da Dio e dal prossimo:
non riesce più a difendersi e ogni volta che si difende da questo
rapporto con Dio e con il prossimo, quando si allontana, quando pensa a
sé, quando si rinchiude, capisce che perde, perde in equilibrio, perde
serenità, perde gioia, sta male. E allora ricomincia da capo.
Questo è il santo.
Lo Spirito Santo ci rende capaci di autentici e felici
cammini di relazione e di dedizione.
Diventare santi vuol dire diventare un capolavoro come uomo.
La santità è pienezza di vita:è non arrendersi alla
mediocrità.
Santità diventa sinonimo di felicità.
La Festa di Tutti i Santi ci ricordi allora che le nostre
tristezze – e tante volte siamo tristi – non dipendono da ciò che non abbiamo ma
da ciò che non siamo, dal nostro non essere santi,dal nostro non vivere le
Beatitudini.
L’ha capito bene don Zeno, fondatore di Nomadelfia, che sulla
sua tomba ha voluto scritte queste parole: Qui giace un uomo che poteva fare
di più.

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