ABBRACCIATI A DIO E ALLA COMUNITA’
Qualche mese fa mi hanno consigliato di guardare un film:
"Casomai" di Alessandro D’Alatri, storia di due che si conoscono, si
piacciono, si innamorano, si sposano … L’inizio è davvero intrigante.
Decidono di sposarsi in chiesa, più per far contenti i familiari che per fede,
in una chiesetta speciale, in montagna. Dove però incontrano un prete speciale
che, a bruciapelo domanda loro:
Come ve lo immaginate il matrimonio?
Preso alla sprovvista lui risponde:
Credo una
cosa normale … due persone che si vogliono bene … che vogliono stare
insieme … fare dei figli …
Ma il prete li incalza:
Queste sono
cose concrete! Io vorrei da voi un’immagine, una fantasia, un sogno …
Allora ci prova lei a rispondere:
Sai certe
volte mi incanto a guardare la televisione quando ci sono le gare di
pattinaggio artistico sul ghiaccio: in genere sono coppie e mi affascinano
perché, nonostante siano su delle lamine così instabili, su un terreno
scivoloso, mi danno sempre la sensazione di un’intesa perfetta …
E’ una
bellissima immagine, complimenti! dice
il prete. Al momento del matrimonio la richiama:
Mi è
piaciuta molto questa immagine, questo equilibrio continuamente precario, su
una superficie insidiosa, dove solo la grande fiducia nell’altro e un
allenamento infaticabile possono garantire risultati concreti, giorno per
giorno. S. Agostino dice che sono due le cose più brutte che possono accadere
a un essere umano: la prima è condurre una vita senza speranza, la seconda
(per me è la peggiore) è credere in una speranza senza fondamento. E allora
è questo l’augurio che voglio fare ai nostri due pattinatori: costruitevi
basi solide, piene d’amore che guardino a un futuro ricco di speranza …
No, non mi sono sbagliato. Non è l’inizio di un articolo
sul matrimonio, è proprio l’inizio di un piccolo articolo sul prete.
Due pattinatori sul ghiaccio: una meravigliosa figura di
danza, fatta di leggerezza e di forza, di equilibrio, a volte di cadute, fatta
di intesa perfetta e reciproca fiducia, di capacità nel seguire la musica. Si
abbracciano poi si lanciano in spericolati volteggi. E’una gioia guardarli.
Ti fanno sussultare.
Immagino così il prete: abbracciato a Dio e alla sua
comunità, un abbraccio "danzante" che genera gioia.
Abbracciato a Dio: a Lui appartieni, è Lui la tua
intimità, il tuo tormento, la tua fonte, la tua forza, il tuo canto.
Abbracciato alla sua comunità: a lei sei mandato, è lei
il tuo tempio, è lei il tuo amore.
"Tu sei la possibilità / di una viva / solitudine, /
e il tuo sacerdozio / è un’oasi / dove essi hanno il diritto / d’approdare
/ dalle loro fatiche" ha scritto quel grande monaco e poeta che è
stato David Maria Turoldo.
Farsi sacerdote "non significa mettersi una divisa
fuori, ma un tormento dentro" … vero!
Il tormento di essere chiamato, tu uomo, tu peccatore, a
rendere credibile e visibile l’amore di Dio, la sua misericordia, il suo
perdono, la sua instancabile speranza nell’uomo.
Il tormento di essere chiamato a gesti e a parole nei
momenti definitivi dell’esistenza: nascita e morte, unione e separazione,
amore e odio.
Il mio illustre predecessore, mons. Andrea Ghetti, lo aveva
detto mirabilmente all’entrata come parroco in S. Maria del Suffragio:
Ecco, vengo! Per essere il vostro prete. Prete: nulla è
più misterioso e terribile di questa chiamata. Si resta uomini, col peso del
limite e della propria fragilità e si parla di Dio, si resta nel tempo e si
è aperti all’eterno, togliamo i peccati e siamo peccatori. Si diviene
strumenti dell’amore e della bontà del Padre: siamo fatti testimoni di
fronte a tutti gli uomini, del Divino Maestro, custodi del Messaggio disceso
dal cielo. Il prete, si dice, è un uomo mangiato: tutti hanno il diritto di
avere qualcosa da lui, dai piccoli che lo fissano con occhi meravigliati e
attenti, al vecchio che varca le soglie dell’eternità.
Essere prete: un tormento ma anche una gioia grande,
inesprimibile. Il dono di una vita in pienezza. Ti è dato in regalo "il
centuplo quaggiù". Così capita a me, grazie a Dio, grazie alla mia
comunità, che amo con tutto il cuore. E grazie ai "miei" preti.
In particolare voglio ricordare don Alberto e il suo
decennio. A lui, guida così ricca di affetto per bambini e adolescenti; a lui
così capace di tante iniziative originali; a lui interlocutore tenace e
sempre aggiornato; a lui auguro l’entusiasmo, l’energia, lo stupore, il
timore, la gioia, la gratitudine del primo giorno. A lui auguro di stare tanto
in ginocchio per poter stare in piedi di fronte a tutti ... A lui auguro di
avere sempre grandi "sogni diurni". Per gli auguri rubo le parole a
mons. Tonino Bello:
Se vi dicono che afferrate le nuvole,
che battete l’aria,
che non siete pratici,
prendetelo come un complimento.
Non fate riduzioni sui sogni.
Non praticate sconti sull’utopia.
Se dentro vi canta un grande amore per Gesù Cristo
e vi date da fare per vivere il Vangelo,
la gente si chiederà:
"Ma che cosa si cela
negli occhi così pieni di stupore di costoro?"
don Mirko l'Informatore Parrocchiale giugno2003
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