OMELIA ALL’INGRESSO IN
S. MARIA DEL SUFFRAGIO
30.10.1994

riga

Parliamo prima di Lui, poi parleremo di noi.

TI AMO, SIGNORE, MIA FORZA

Parliamo di Lui partendo dallo splendido ritornello del salmo responsoriale che abbiamo poco fa pregato: "Ti amo Signore mia forza!"
E' per questo amore che oggi siamo qui insieme a questa Cena del Signore.
All'origine, al cuore, al centro della nostra fede sta Lui, il nostro Signore Gesù Cristo morto e risorto e quindi vivo, presente oggi qui in mezzo a noi.
Il Cristianesimo, prima di essere una morale, una legge, una regola di vita è anzitutto un incontro personale con il Signore Gesù.
La fede è e deve tornare a essere un amore vivissimo e irresistibile, un legame dolcissimo e fortissimo, una passione...
Anche nel Vangelo di oggi la risposta di Gesù alla domanda tipicamente rabbinica "Qual è il primo di tutti i comandamenti?" intreccia due passi dell'Antico Testamento (Dt 6 e Lv 15) entrambi scanditi dal verbo amare. Gesù infatti risponde
Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.
Il cristiano è e deve tornare a essere un innamorato di Gesù Cristo come Paolo, come Agostino, come Francesco, come Chiara, come Charles de Fou-cauld, come tanti altri.

Thomas Merton era solito dire:
Se avete paura dell'amore
non celebrate mai la Messa
 
E' questa fede-amore verso Gesù il segreto dei cristiani, è ciò che dà loro forza, luce, sostegno, audacia nel duro mestiere di essere uomini.
Così si legge nel "Diario di un curato di campagna" di Bernanos:
 
Il sacerdote, che si era fatto curare da un medico, lo scopre per caso in un momento in cui si sta drogando, iniettandosi una dose di morfina.
Il medico si giustifica dicendo:
- In fondo io chiedo alla morfina quello che voi chiedete alla preghiera: l'oblio.
Il curato rispose:
- Scusate, alla preghiera io non domando l'oblio ma la forza.
 
Allora deve essere spontaneo per ogni cristiano pregare così: Ti amo Signore mia forza, tu che come il samaritano ti preoccupi di me, ti prendi cura di me, mi fasci le ferite, mi risollevi, mi fai capace di ricominciare da capo. Tu amico, sposo fedele, disarmato e disarmante che mi ami sempre per primo, insegnami a lasciarmi amare da Te e ad amare come Te.
E una domanda ci perseguiti, la stessa domanda di Gesù a Simone di Giovanni: "Mi ami tu più di costoro?" ... mi ami?...

PARLIAMO DI NOI
CRISTIANESIMO: RELIGIONE DEI VOLTI

In questo mese di ottobre ho riscoperto sulla mia pelle, in modo formidabile, sia a S. Giuseppe in Monza sia qui a S. Maria del Suffragio che il Cristianesimo è la religione dei volti.
Ho visto la Chiesa del Vaticano II: la Chiesa come fraternità, come comunità, come famiglia, una Chiesa di carne, profondamente umana, come ci ha insegnato papa Giovanni XXIII, chiamato da don Primo Mazzolari proprio un "papa di carne". Una Chiesa di carne segnata dalle lacrime. Le lacrime per don Erminio qui al Suffragio, le lacrime per me a s. Giuseppe in Monza.
... Anch'io ho pianto ...
E le lacrime lasciano un segno indelebile perché si possono dimenticare le persone con cui hai riso, ma non si possono dimenticare le persone con cui hai pianto...
Chi ci ha guardato ha potuto dire come dei primi cristiani: "Guarda come si vogliono bene!".
Ho lasciato a malincuore la mia splendida parrocchia di S. Giuseppe in Monza, ma adesso sono felicissimo di essere qui con voi oggi, 98° anniversario della Consacrazione di questa chiesa, per iniziare la mia avventura di parroco per voi in questa parrocchia così conosciuta e amata.
Insieme noi sacerdoti, voi religiosi, religiose, voi laici, cercheremo di costruire la Chiesa del Vaticano II, cioè una Chiesa radicalmente evangelica e fraterna, pienamente corresponsabile e missionaria, entusiasta del Vangelo, esperta in umanità, una comunità non ripiegata su se stessa ma protagonista vivace di questa città.
Ci aiuterà il Sinodo che sta cercando di essere un tentativo deciso e coerente di dare un volto alla nostra chiesa ambrosiana secondo il primato della Parola, la centralità dell'Eucarestia e l'urgenza della carità.
E ci aiuterà il mio e vostro don Erminio, ora vicario episcopale della città di Milano che continuerà sicuramente ad avere uno sguardo premuroso, dolcemente attento, discreto ma vigile sulla nostra Parrocchia.
A lui ubbidiremo in maniera cordiale e creativa, specialmente quando userà quella formula magica che con me ha già usato due volte nel mese di ottobre: "Mirko, adesso ti parlo da vicario episcopale!" ... cosa può fare un parroco nuovo di Milano, un parroco dell'ex parrocchia del suddetto vicario episcopale, abituato fin dal seminario minore all'obbedienza di fronte a tali autorevoli parole se non obbedire pieno di timore e tremore?
 

IL GUSTO DELLA VITA INTERIORE
IL CORAGGIO DELLA VITA PUBBLICA

Vorrei dirvi ancora tante cose ma oggi, giorno del mio ingresso come parroco tra voi e per voi, mi limito a evidenziare due sentieri fondamentali della vita cristiana che dovremo percorrere insieme con decisione nei prossimi mesi e nei prossimi anni:

  • il gusto della vita interiore

  • il coraggio della vita pubblica

  • o - per dirla con Charles de Foucauld - "l'eremo e la strada"
     

    Il gusto della vita interiore

    Non possiamo vivere da cristiani e crescere da cristiani se non viviamo una profonda vita spirituale. Non dare tempo alla preghiera è come non guardare dove si sta andando perché si è troppo occupati a camminare.
    Bisogna riscoprire il gusto della vita interiore che è interiore: chi cerca pagliuzze può restare in superficie, ma chi cerca perle deve immergersi nelle profondità.
    Vivere in profondità per un cristiano vuol dire vivere in un dialogo continuo con Dio, un Dio non solo conosciuto ma vissuto come primo amore - e a chi si ama si dà tempo - in dialogo con la sua Parola continuamente meditata e fatta propria, con lo Spirito Santo, splendido ospite del nostro cuore e insuperabile maestro della vita interiore.
    Mantenersi a queste profondità è l'unica ancora per resistere saldamente alle burrasche della vita, per saper discernere secondo il Vangelo.
    Chi vive in superficie invece è sempre soggetto agli umori propri e degli altri, resta più attento all'apparire che all'essere, è più preoccupato di sé che degli altri, spesso non è in pace con sé e quasi mai dà pace agli altri.
    Scrive s.Caterina da Genova:
     
    I pescatori di perle lungo la costa dell'India scendono in fondo al mare legandosi alla bocca una canna di bambù molto lunga, la cui fine arriva sopra la superficie dell'acqua del mare, per poter respirare. Così deve essere il cristiano: immerso nel mare della vita, dell'esistenza, delle preoccupazioni, ma sempre con questo "canale" aperto verso Dio che è la fede, che è la preghiera. Senza questo canale, questa lunga canna di bambù, non si può più respirare e si muore, si muore come cristiani.
     
    Dobbiamo tutti avere molto di più il gusto della vita interiore, il gusto del fermarsi, del pensare, del meditare, del fare silenzio, il gusto di pregare altrimenti ci capiterà come a quel taglialegna che
    stremato di fatica, continuava a sprecare tempo ed energie, tagliando la legna con un'accetta spuntata perché diceva di non avere tempo per fermarsi ad affilarne la lama.
     
    Così era solito dire con fine umorismo san Francesco di Sales:

    Bisogna pregare almeno mezz'ora al giorno
    tranne quando si è molto impegnati ...
    allora bisogna pregare un'ora!
     

    Il coraggio della vita pubblica

    Cioè il farsi prossimo sulla strada che va da Gerusalemme a Gerico.
     
    Quando avrai Dio nel cuore,
    possederai l'ospite che non ti darà più riposo
    (Paul Claudel)
     
    Dalla passione per Dio, eccoci alla passione per l'uomo, cioè per la gente, per tutti e non solo per pochi intimi da cesellare giorno e notte ...
    Il Vangelo di oggi ci propone questa saldatura tra l'amore a Dio e l'amore al prossimo in maniera nitidissima: tutti noi dobbiamo imparare sempre più a mettere sapientemente e meravigliosamente insieme la lotta e la contemplazione, la vita interiore e la vita pubblica.
    Il dramma è che troppi cristiani stanno troppo poco sul Monte Tabor e troppo poco sulla strada che va da Gerusalemme a Gerico ...
    Questa strada, questo mondo dove Dio ci ha messi deve essere per noi il luogo della nostra santità.
    Occorre amare questo mondo, questa storia, questa umanità di oggi, queste strade di Milano.
    Dobbiamo diventare sempre più cristiani della giustizia e della solidarietà, cristiani non solo capaci di essere buoni ma di costruire e di lasciare dopo di noi un mondo più buono e più giusto.
    Dobbiamo diventare sempre più cristiani capaci di interpretare e di governare il cambiamento, cristiani capaci di intercettare il trapasso culturale di oggi.
    Mi sembra che questo verbo "intercettare" usato dal Card. Ruini sia un verbo splendido. Mi ricorda la figura del centrocampista nel gioco del calcio: se è un giocatore capace di fermare, di contrastare ma insieme di costruire, rilanciare, proporre un nuovo gioco, porterà la sua squadra lontano.
    La vita, e in particolare la carità, deve essere il pulpito dei cristiani, convinti di quello che diceva don Primo Mazzolari:
     
    La testimonianza della carità è l'unica testimonianza
    che il nostro mondo capisce,
    l'unica che è disposto ad accettare
    l'unica che può conquistarlo.
     
    Così Francesco ha "conquistato" Chiara: l'ha intuito benissimo la regista Liliana Cavani che nel suo film fa dire a Chiara rivolta a Francesco:
     
    Se ho trovato che la mia vita è bellissima
    è perché ho trovato che la tua è bellissima
     
    Se abbiamo veramente dentro di noi questa Buona Notizia del Vangelo che Dio è Padre di tutti, che Gesù è risorto, dobbiamo comunicarla, esibirla con la nostra vita, come ci suggerisce questo bellissimo detto cinese:
     
    Fratello mandorlo, parlami di Dio!
    E il mandorlo si coprì di fiori.
     

    SPECCHIO E FINESTRA

    Da parte mia voglio essere per voi
    Specchio e finestra
    (Von Balthasar)

    Lo specchio riflette luce, riflette volti. Vorrei essere per voi riflesso della tenerezza di Dio, una persona in cui Dio si racconta. Vorrei che il guardarmi fosse per voi un sentirvi amati, un ritrovarvi, un richiamarvi al Vangelo, un richiamarvi ai vostri sogni più belli, un richiamarvi alla fraternità e al donarsi.
    La finestra dice l'oltre, dice lo spalancarsi, l'aprirsi. Un prete non può e non deve fermare a sé le persone. Vorrei essere per voi cifra, rimando a un oltre, l'oltre che è Gesù Cristo, l'oltre che sono i fratelli.
    Pregate per me, pregate per questo.
    Amen. Così sia.
     

    dall'Informatore Parrocchiale - dicembre 1994
     

    riga
    top (1K)