LA "FOLLIA" DEL NATALE
Così fa dire ad uno dei protagonisti di una
sua opera teatrale Jean Paul Sartre:
Un Dio, trasformarsi in un uomo! Che favola degna
di una balial lo non vedo che cosa potrebbe interessarlo della
nostra condizione umana. Gli dei abitano in cielo, tutti occupati
a godere di se stessi. E se capitasse loro di discendere in mezzo
a noi, ciò avverrebbe sotto qualche forma brillante e
fugace, come una nube di porpora o un lampo. Un Dio si
cambierebbe in uomo? L'Onnipotente, in seno alla sua gloria,
contemplerebbe questi pidocchi che brulicano sulla vecchia crosta
della terra sporcandolo con i loro escrementi, e direbbe: voglio
essere uno di quel vermi là? Lasciatemi ridere. Un Dio che
si induce a nascere, a restare nove mesi come una fragola di
sangue!?
" ... lo stesso protagonista più avanti
dirà:
Se un Dio si fosse fatto uomo per me io l'amerei
con l'esclusione di tutti gli altri, ci sarebbe come un legame di
sangue tra lui e me e la mia vita non sarebbe troppo lunga per
dimostrargli la mia riconoscenza. Ma quale Dio sarebbe
così folle per questo? ... Un Dio-Uomo, un Dio fatto della
nostra carne umiliata, un Dio che accetterebbe di conoscere
questo gusto di sale che c'è al fondo delle nostre bocche
quando il mondo intero ci abbandona, un Dio che accetterebbe
anticipatamente di soffrire quello che io soffro oggi ... Via,
è una follia.
(Bariona, ou le Fils du tonnerre - 1940)
Forse è una follia, forse saremo dei folli
... ma è proprio questo che i cristiani credono e che si
ridicono ad ogni nuovo Natale: Dio si è fatto uomo per me,
per ogni uomo. Si è fatto bambino.
E' ancora Sartre, nella stessa opera, che attribuisce a Maria
questo pensiero:
Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina
è la mia carne. Egli è fatto di me, ha i miei occhi
e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Egli
mi rassomiglia. E' Dio e mi rassomiglia.
E' un Dio che può prendere tra le braccia e
coprire di baci ...
E' un Dio che si "nasconde" in un bambino, un Dio che si rivela e
insieme si vela in un bambino ... per lasciare spazio alla
libertà, alla fede.
In tutto questo sta la fatica e la gioia dei credere,
perché come dice splendidamente il teologo e poeta Bruno
Forte:
Il credente non è che un povero "ateo" che
ogni giomo si sforza di cominciare a credere. Se il credente non
fosse tale, la sua fede non sarebbe che un dato sociologico, una
rassìcurazione mondana ... La fede è un continuo
convertirsi a Dio, un continuo consegnargli il cuore, cominciando
ogni giomo, in modo nuovo, a vivere la fatica di credere, di
sperare, di amare e proprio per questo ad esistere per gli
altri.
... Chi pensa di aver fede senza lottare, non crede più in
nulla. ... Se Dio per te non è un fuoco divorante, se
l'incontro con Lui è per te soltanto tranquilla
ripetizione di gesti sempre uguali e senza passione d'amore, il
tuo Dio non è più il Dio vivente.
... Credere è "cor-dare", un dare il cuore ...
(Bruno Forte - Confessio theologi)
E' questo che vi auguro in questo Natale:
lasciatevi "prendere il cuore" da questo Bambino, lasciate che vi
parli, sentitevi presi per mano, illuminati, rafforzati,
consolati, perdonati, fatti nuovi da questo Bambino...
Sentite dette per voi queste parole: "Non temete" ... pare che
nella Bibbia questa espressione sia presente 365 volte ... una
per ogni giorno dell'anno... E inginocchiatevi davanti a questo
Bambino perché soltanto quando un uomo si inginocchia
è Natale ...
Come ci richiama quello splendido dipinto di Giorgione, dono
natalizio alle famiglie della parrocchia: il cappello posato per
terra, le mani giunte, inginocchiato davanti al Bambino, un
pastore è in silenziosa adorazione.
Un'icona che ho commentato con le parole di don Primo
Mazzolari:
Mi inginocchio e mi basta.
Se mi inginocchio davanti al bambino,
l'anima si placa nel perdono
e subito mi ritrovo fratello di ognuno.
Se mi inginocchio l'ideale mi si accosta e l'amore,
come vento d'aprile,
m'accarezza il cuore bruciato.
Se mi inginocchio ... mi offro.
Inginocchiamoci credenti, adoranti, grati, stupiti,
amanti.
Credenti e adoranti, capaci di dire: "mi fido, ci credo".
Stupiti per avere un Dio così, che si fa bambino.
Grati perché ci sappiamo straamati e perdonati, mai
disperatamente abbandonati.
Amanti perché stregati dall'amore ''folle" di Dio, un
amore che ci inquieta, che ci toglie la pace se non amiamo, se
non perdoniamo.
In ginocchio ci capiterà di "commuoverci" ... e
sarà un Natale cristiano perché chi si commuove
è salvo. E l'amore di Dio accarezzi anche chi ha il "cuore
bruciato" da una delusione, da una sconfitta, da un dolore, da
una morte ...
Buon Natale a tutti.
l'Informatore parrocchiale, Dicembre 1996
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