BAGLIORI PASQUALI
Nella storia del mondo vi è una settimana
nella quale sono accaduti avvenimenti che riguardano tutti gli
uomini di tutti i tempi …
In quella settimana un uomo,amato da alcuni, odiato da altri, fu
messo a morte …
Lo seppellirono ma il terzo giorno resuscitò.
Gli uomini da sempre morivano. Per la prima volta un uomo
resuscitava per mai più morire: si chiamava Gesù di
Nazareth.
La nostra fede sta tutta qui: si concentra, si aggrappa,
nasce in quella settimana. Quella settimana che abbiamo appena
celebrato. Con lo stesso timore e la stessa gioia grande delle
donne al sepolcro di Gesù.
La nostra fede sta tutta qui, "inchiodata" alle parole di
Paolo ai Corinti: "Se Cristo non è risuscitato allora
è vana la nostra predicazione ed è vana anche la
vostra fede".
Alla croce di Gesù e alla sua resurrezione: è
questo il pellegrinaggio della nostra fede.
Un "pellegrinaggio" che desidero ripercorrere con voi, alla
ricerca di alcuni "bagliori pasquali".
LA LAVANDA DEI PIEDI
Con questo gesto ha avuto inizio il triduo
pasquale.
La lavanda dei piedi mi ha sempre inchiodato.
Forse passa per quest’impressione incancellabile il filo
che mi tiene ancora avvinto, in un certo senso, alla Chiesa. Mi
verrebbe la tentazione di gridare: capite voi quello che fate?
Quell’azione è un capovolgimento della vita e voi ne
fate un rito.
Così scriveva un uomo lontano dalla fede a don
Primo Mazzolari. Sì, è proprio così: un
capovolgimento della vita.
Ogni giovedì santo, di fronte alla lavanda dei piedi ci si
ritrova sempre senza parole.
Perché ci si trova davanti a un Dio in ginocchio, con un
asciugamano ai fianchi, felice solo di servire
l’uomo.
Perché si scopre che anche l’uomo sarà felice
solo nel servire, nel condividere, nello spostare il baricentro
della propria vita "dall’io all’altro".
Come ho voluto raccontare nell’omelia:
Qualche anno fa, alle Paraolimpiadi di Seattle,
nove atleti, tutti mentalmente o fisicamente disabili erano
pronti sulla linea della partenza dei 100 metri. Allo sparo della
pistola, iniziarono la gara.
Un piccolo ragazzino cadde sull’asfalto, fece un paio di
capriole e cominciò a piangere. Gli altri otto sentirono
il ragazzino piangere. Rallentarono e guardarono indietro. Si
fermarono e tornarono indietro. Una ragazza con la sindrome di
Down si sedette accanto a lui e cominciò a baciarlo e a
dire: "Adesso stai meglio?". Allora, tutti e nove si
abbracciarono e camminarono verso la linea del traguardo. Tutti
nello stadio si alzarono, e gli applausi andarono avanti per
parecchi minuti.
Persone che erano presenti raccontano ancora la storia.
Perché? Perché dentro di noi sappiamo che la cosa
importante nella vita va oltre il vincere per se stessi.
La cosa importante in questa vita è aiutare gli altri a
vincere, anche se comporta rallentare e cambiare la corsa.
Un’immagine mi si è scolpita nel cuore
quella sera: una giovane coppia di miei amici, dopo aver "fatto
la Comunione" è tornata al proprio posto con passo lento,
abbracciati. Per sostenere il cammino di lei, ammalata.
Li guardavi e non capivi chi dei due stava conducendo
l’altro. Erano una cosa sola, portata, sostenuta
dall’amore. Che siano una cosa sola ... una delle
più belle preghiere di Gesù al Padre ...
IL VOLTO DI DIO
IL VOLTO DELL’UOMO
NEL CROCEFISSO
Non mi spinge
mio Dio a volerti bene,
la tua promessa
di un cielo per me …
Mi muovi Tu:
le Tue membra contorte
in croce.
(Miguel de Guevara, XVI sec.)
Guardi a Lui in commossa contemplazione e Lui guarda
te. Lo baci e Lui bacia te. E’ quello che mi capita davanti
al Crocefisso. Dove intravedi tutto ... il volto di Dio, il volto
degli uomini, il volto terribile, insopportabile del dolore e
della morte.
La croce non è possibile portarla a fronte alta, a
passo spedito e in bellezza. Gesù aveva portato la sua
curvo, barcollando, fino a cadere sotto il suo peso, e ad aver
bisogno di chi lo aiutasse.
Nella croce di Gesù c’è il dolore di
ciascuno e il dolore di ciascuno è la croce di
Gesù...
Una volta Simon Wiesenthal, l’uomo che ha dedicato una
vita a scovare i criminali nazisti, ha detto a un amico orefice
che gli chiedeva perché non aveva preferito fare
l’architetto e i soldi:
"Quando andremo all’altro mondo
incontreremo milioni di ebrei morti nei campi. E se ci
chiederanno: che cosa hai fatto tu? Tu risponderai: il
gioielliere. Un altro dirà: ho costruito case. Io
dirò: non vi ho mai dimenticati".
Non dimenticare i nuovi crocefissi, cercare di toglierli dalla
croce ... è nostro compito.
E’ RISORTO NON E’ QUI
Di buon mattino, con passo triste, nel cuore un
macigno, le donne si son recate al sepolcro. Lui, Gesù,
non l’hanno trovato ... E’ risorto ... non
è qui ... si sono sentite dire.
E’ una strana esperienza andare al cimitero
per rendere visita a qualcuno che abbiamo amato. Si inizia con
una passeggiata dolce e indolente, quasi sognante, sino al
momento in cui non è più possibile fare un solo
passo in avanti e ci si trova davanti a una lastra tombale come
davanti a un ostacolo insormontabile. Ci si appresta a incontrare
qualcuno e non c’è nessuno, addirittura non
c’è più nulla, come se la terra fosse piatta
e se ne fosse raggiunto per sbaglio il limitare. Davanti alla
tomba di mio padre mi sento come davanti a un muro, in fondo a
una strada senza uscita. Non mi resta altro che lanciare il mio
cuore al di sopra, come fanno i bambini quando gettano il pallone
al di là di un muro di cinta, per il piacere un po’
ansioso, andando a riprenderlo, di penetrare in una
proprietà sconosciuta. Ignoro su quale ghiaia rimbalza il
mio cuore quando lo lancio al di là di una tomba
più alta del cielo, ma so che questo gesto non è
vano: nel giro di qualche secondo mi torna indietro, colmo di
gioia e fresco come il cuore di un passerotto appena nato.
(Christian Bobin, Resuscitare)
Un muro più alto del cielo: la morte. Noi, da
soli, saremmo rimasti al di qui di quel muro, fine di una strada
senza via d’uscita.
Ma là, in quell’alba primaverile di qualche secolo
fa, è risuonata una voce. Risuona ancora oggi.
Risuonerà per sempre.
E’ risorto ... non è qui ...
l'informatore parrocchiale maggio 2003

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