PASQUA: UN VARCO NELL’IMPOSSIBILE



Ho esaurito le lacrime, amore mio.
La morte è di ognuno.
Io cammino mettendo i miei passi sulle tue tracce,
percorrerò la strada che mi rimane
per giungere al traguardo a mia volta.
Se la paura mi prende,
se le forze mi mancano,
se la notte mi sorprende,
ancora ho la certezza
che continuerò ad avanzare:
in fondo vi è l’alba.
Ha il tuo nome.
(Lesort, “Le vent souffle où il veut”)


Le lacrime si esauriscono, le parole ti muoiono sulle labbra, il cuore si inaridisce, le forze fuggono, la vita sembra polverizzarsi … è questo il crudele potere del dolore e della morte, il crudele potere del “mai più”.
Davanti al dolore e alla morte ci si arresta come davanti a un enigma irrisolvibile e inquietante, a una ingiustizia bruciante e inaccettabile. Tutto ti sembra inutile.
Anche la fede più alta barcolla, trema. Le domande pulsano nel cuore e nel cervello. Le risposte sempre cercate non ti raggiungono.
Eppure, inspiegabilmente, la speranza non muore. Aspetti l’inatteso. Speri l’insperato. Sogni che ciò che ti appare irrimediabilmente perduto non lo sia per sempre. Sogni un oltre. Sogni una porta che si apre. Sogni la morte del dolore, la morte della morte.
Ma a salvarci, a liberarci dal dolore e dalla morte, ci vuole Qualcuno. Qualcuno dall’alto. Qualcuno che “muterà il nostro dolore in danza”. Qualcuno che ridarà vita alla polvere.

Mi raccontarono,
quando ero bambino,
che un uomo buono
era risorto da morte,
frantumando il sepolcro.
Forse è vero e forse no,
quante volte ci ho ripensato.
Aveva lavorato
con le sue mani,
giocato con i bambini,
sorriso alle donne disprezzate,
pranzato con i peccatori
rifacendoli nuovi.
Aveva chiesto
libertà e giustizia
per i poveri, e amore;
e ancora amore,
per tutti.
Appeso a un palo,
tutti i dolori del mondo
gli avevano fatto provare
ed era morto gridando.
Ma poi dal regno dei morti
era risorto.
Forse è vero e forse no,
quante volte ci ho ripensato.
Di primavera ci penso spesso:
forse è vero, forse no.
(Ettore Masina)


E’ questo il salto che ci chiede la Pasqua. Ci chiede di abbandonarci confidenti di fronte a un Crocefisso, di fronte a una tomba vuota, di fronte alla fede dei discepoli. Ci chiede di credere che la morte non è l’ultima parola sulla vita. Ci chiede di continuare a credere nelle parole di Gesù: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Alle parole dell’angelo: “E’ risorto, non è qui!”. Ci chiede di continuare a sperare.

La fede e l’amore
li posso comprendere,
ma la speranza!
Meraviglia anche me,
è straordinaria.
Questa piccola speranza
che non si dà aria per niente.
Questa speranza bambina.
Immortale.
(Charles Péguy)


E la speranza, la speranza che ci viene dalla Pasqua di Gesù, sa aprire varchi nell’impossibile, sa vedere l’invisibile, sa far scaturire energie impensate, ci toglie di dosso la polvere della mediocrità, trasforma passività e rassegnazione in desiderio e slancio. Qui e ora. Ci fa amare tanto la terra … perché:

Soltanto quando si ama a tal punto la vita e la terra
da pensare che con la loro fine tutto è perduto,
si può credere alla resurrezione dei morti e ad un mondo nuovo.
(Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa)


Soltanto così avremo una “vita in abbondanza”, adesso e nell’ora della nostra morte, adesso e per sempre:

“Adesso e nell’ora della nostra morte”.
Il tempo in questa preghiera è fatto solo di questi istanti:
l’istante presente e l’istante della morte.
C’è solo l’istante presente,
fino a quando coinciderà con quello della nostra morte.
L’amore è ancora il modo migliore di impiegare questo istante.
(Christian Bobin, Più viva che mai)


Pasqua: ora di croce e di speranza, ora di morte e di vita, ora di audacia. L’audacia della fede: “Chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?”.
L’audacia di chi crede a un Crocefisso che ha mandato e manderà in frantumi la morte. Che ci guarisce dalla morte. Adesso e nell’ora della nostra … “nascita”.


l'Informatore parrocchiale - aprile 2004

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