PASQUA:
NELLA FINE L’INIZIO
Mi chiedo unicamente se il Cristo
buono ed evangelico ai cristiani basta. E se gli basta
c’è ancora bisogno di fede o non v’è
più nulla da credere? Se vi è qualcosa da credere
ritengo, però, non sia di molto diverso da quanto i
cristiani hanno da sempre annunciato e quindi che il risorto
vive, siede alla destra del Padre, tornerà nella gloria a
giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine.
Questo chi non crede, ma conosce il cristianesimo, lo sa molto
bene poiché proprio in questo non crede ed è questo
che fa la differenza. Sul resto bene o male ci si accorda.
(Natoli, Il cristianesimo di un non credente)
Qui sta la differenza …
Davanti a una vita il cui destino è sempre la morte, la
fine, la polvere … davanti a molte vite in cui vince il
dolore, l’ingiustizia, l’oppressione, il non senso
… davanti ai tanti e brucianti perché senza
risposta … si fa strada una speranza – inaudita
eppur potente – quella stessa stupefacente speranza che ha
travolto i discepoli di Gesù davanti alla sua tomba.
Vuota. Quando, nello stupefatto silenzio cupo e attonito,
risuonò un’unica affermazione: "Non è qui.
E’ risorto".
Qui è nato il cristianesimo, davanti a questa tomba vuota
e prima ancora ai piedi di una croce. Qui è il luogo della
"scommessa". Qui è il luogo della fede carica insieme di
dubbio, che non si riesce a sradicare, e di esaltante
promessa.
La speranza di vittoria sulla morte è contraddetta da ogni
esperienza, sembra una follia davanti a chi muore, davanti a una
tomba … Credere nella resurrezione di Gesù, credere
nella resurrezione della carne è appeso al filo della
testimonianza evangelica ma questo filo è
una fune robustissima …
Così ogni Pasqua, in ginocchio, ci rimettiamo ai piedi di
quel legno, portando tutto il nostro carico di dolore. Quel
dolore che arriva in punta di piedi o con la sua forza
devastante, quel dolore che lacera, strappa, annebbia gli occhi e
il cuore. Lo deponiamo davanti a quell’uomo in croce dalla
braccia aperte, dalle mani forate … per saper raccogliere
briciole di speranza.
Amico,
io vado in cerca di una croce.
Vedi, ho un Cristo senza croce,
l'ho acquistato presso un antiquario.
Mutilato e bellissimo.
Ma non ha croce.
Per questo mi si è affacciata un'idea.
Forse tu hai una croce senza Cristo.
Quella che tu solo conosci.
Il mio Cristo non riposa perché gli manca una croce.
Tu non sopporti la croce, perché le manca Cristo.
Un Cristo senza croce, una croce senza Cristo.
Perché non dai la tua croce vuota a Cristo?
Ci guadagneremo tutt'e due. Vedrai.
Tu hai una croce solitaria, vuota
gelata, paurosa, senza senso:
una croce senza Cristo.
Ti capisco: soffrire è illogico.
Non comprendo come hai potuto sopportare così a
lungo.
Una croce priva di Cristo è una tortura,
il principio logico della disperazione.
Non soffrire più solo.
Su, dammi questa croce vuota e solitaria.
Dammela.
Ti darò in cambio questo Cristo mutilato,
senza riposo, né croce.
La tua croce non è più solamente tua;
è anche e nello stesso tempo la croce di Cristo.
Su, amico, prendi la tua croce,
la tua croce con Cristo.
Non sarai più solo a soffrire.
La porterete in due e ne dividerete il peso.
Così ogni Pasqua, in ginocchio, ci rimettiamo
davanti a quella tomba per risentire quelle stesse parole.
Parole che penetrano nel cuore della vita, del dolore e della
morte.
Parole che si fanno vita e speranza e forza.
Parole che trasformano, che trasfigurano. Anche il dolore, anche
la morte.
Parole che restituiscono gioia.
Una gioia, una speranza che dovrebbero risplendere sul volto e
nella vita dei cristiani.
Non bisogna domandare ai cristiani di oggi se
credono alla resurrezione: ci credono in un modo talmente passivo
e abitudinario che è esattamente come se non ci
credessero. Essa non cambia niente nella loro vita. (L.
Évely, Ogni giorno è
un’alba)
Eppure tutto può cambiare:
E’ dalla resurrezione di Cristo che può spirare nel
mondo presente un nuovo vento purificatore. Qui c’è
la risposta al "datemi un punto d’appoggio e
solleverò il mondo". Se un po’ di persone lo
credessero veramente e si lasciassero guidare da questo nel loro
agire terreno, molte cose cambierebbero. Vivere partendo dalla
Resurrezione: questo significa Pasqua. (Dietrich Bonhoeffer,
Resistenza e resa)
Speranza ostinata e testarda abbiamo in dono a Pasqua, una
speranza che si fa, si deve far strada nei gesti quotidiani di
tenerezza e gratuità:
I veri conoscitori e adoratori di Dio si
riconoscono dalle mani.
Ci sono mani violente che stringono la verità di Dio,
indurita come fosse una pietra, e sono pronte a scagliartela in
faccia, come hanno tentato di fare con Gesù.
Sono le mani degli integralisti, dei fondamentalisti, degli
intolleranti, dei fanatici, di tutti coloro che sequestrano Dio
dentro le loro piccole chiese, dentro le loro strutture
religiose, dentro l’orgoglio di poter dire come i Giudei:
"Noi sappiamo", mentre non sanno che quanto più parlano di
Dio, tanto più lo fanno odiare.
E ci sono altre mani che esprimono la più pura teologia:
sono mani che pregano, che stringono altre mani, che accarezzano
volti di amici, che compiono gesti di pietà su chi soffre,
che chiudono con immensa tenerezza gli occhi di chi muore.
E’ attraverso questi gesti che si rivela la verità
più profonda su Dio.
Vogliamo conoscere il nostro rapporto con Dio? Soffermiamoci
qualche volta a osservare le nostre mani per vedere di che cosa
sono capaci. La vera teologia non ha la freddezza dei concetti
che possono diventare pietre in mani altrettanto fredde, ma ha il
calore della mani che si aprono nel gesto di ricevere e di donare
amicizia.
(Luigi Pozzoli, L’acqua che io vi
darò)
Che le nostre mani assomiglino sempre più alle mani forate
di Cristo …
In questa Pasqua chiedo per me e per ciascuno di voi fede forte.
Quella stessa fede che ha fatto vivere così la morte al
pastore e teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer, impiccato per
ordine di Hitler a Flossenburg. Così racconta il medico
del lager dieci anni dopo:
Attraverso la porta semiaperta della baracca vidi
che il pastore Bonhoeffer, prima di svestire gli abiti del
prigioniero, si inginocchiò in profonda preghiera col suo
Signore. La preghiera così devota e fiduciosa di
quell’uomo straordinariamente simpatico mi ha scosso
profondamente. Anche al luogo del supplizio egli fece una breve
preghiera, quindi salì coraggioso e rassegnato alla scala
del patibolo. La morte giunse dopo pochi secondi. Nella mia
attività medica di quasi cinquantanni non ho mai visto un
uomo morire con tanta fiducia in Dio.
Poco prima aveva pronunciato queste parole: "E’ la fine, per me l’inizio della vita"
…
Vorrei poterlo sempre dire perché L’amore è forte come la morte. Anzi di
più.
l'Informatore parrocchiale - marzo 2005

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