LA MACINA E LA CETRA
"Veit Bach, un fornaio residente in Ungheria, fu
costretto ad abbandonare il paese per salvaguardare la propria fede. Si stabilì
a Wechmar dove riprese a esercitare il suo mestiere. Era affezionato a una
piccola cetra che portava con sé al mulino per suonare, mentre la macina era in
movimento. Concerto meraviglioso! In tal modo imparò ad andare a tempo. Così,
più o meno, è cominciata la musica nella famiglia Bach".
In questo modo, quasi scherzoso, Johann Sebastian
Bach inizia un suo scritto sulle origini della famiglia musicale Bach.
La macina la conosciamo anche troppo. E non è
difficile richiamarla alla memoria: la macina del lavoro quotidiano, la macina
delle preoccupazioni, la macina dell'angoscia, la macina dei vicini, la macina
degli altri, la macina dell'usura, la macina della notte, la macina della farina
e del pane, la macina che tritura, ma che deve triturare affinché il tegumento
del grano, la crusca e la farina possano essere separati, offerti, consumati.
E la cetra? La cetra del canto, la cetra della
musica e del sogno, della melodia, della nostalgia, dell'uto-pia ... la cetra
del desiderio.
Sono necessarie entrambe: la macina senza la cetra
è qualcosa di troppo pesante. La cetra senza la macina è qualcosa di troppo
leggero.
La macina e la cetra ...
Nella vita di un uomo forse sono possibili soltanto
due cetre : il culto di sé o la preghiera. ...
Nel suo mulino Bach girava la macina, il cui ritmo
instancabile scandiva l'incarnazione del lavoro quotidiano e del pane di ogni
giorno. Ma aveva con sé la sua cetra. Questa cetra gli era necessaria per
ripetersi che la lotta di ogni giorno, che l'incarnazione non avrebbero alcun
senso se non producessero una melodia: la melodia dell'anima che prega, che
loda, che adora.
Non ci è possibile fare a meno della macina: tutti
sappiamo benissimo che è sempre presente. Nes-suno vi sfugge. Ma disgraziato
colui che credesse di poter fare a meno della cetra.
Questo è l'inizio di ogni cosa: la macina e la
cetra.
(Bernard Bro, La macina e la cetra, Ldc)
La macina e la cetra: titolo del nostro prossimo
Quaresimale. La macina e la cetra per arrivare al centro, al cuore della vita,
dell’esperienza cristiana, là dove preghiera e lavoro, amore e paura, gioia e
dolore, forza e debolezza, si intrecciano, si intersecano. Là dove Dio e l’uomo
si incontrano, ora in un abbraccio, ora in una lotta corpo a corpo.
Spero che ciascuno di voi in questo quaresimale
scopra ancora più intensamente la melodia della cetra, della preghiera. Una
melodia che saprà farci vivere a mani aperte, a testa alta, col cuore guarito, a
passo di danza ... una danza che ha come protagonisti Dio, noi, gli altri.
Una melodia appartenuta prima di ogni altro a Gesù
di Nazaret: a Lui occorre guardare, da Lui occorre imparare. A pregare, a
chiamare Dio Abbà, ad amare, a servire, a perdonare, a vivere, a morire. A
mettere meravigliosamente insieme silenzio e parola, preghiera e azione, lotta e
contemplazione.
Il cristiano prega perché Gesù pregava. Era il suo
segreto. E il segreto di tanti che nella storia hanno fatto grandi cose.
UN ABBRACCIO
Il primo momento della preghiera non è il nostro
parlare, ma un abbraccio. Perché credere è innan-zitutto una relazione.
"Che cosa è Dio?", domanda il bambino. La zia lo
stringe tra le braccia e gli chiede: "Che cosa provi?" "Ti voglio bene",
risponde il bambino. "Ecco, Dio è questo!" (dal film "Decalogo 1" di Kieslowski)
Siccome le avevo chiesto se qualche volta
dimenticava la presenza di Dio, mi rispose con molta semplicità: "Oh! no, penso
di non essere mai stata tre minuti senza pensare al buon Dio". Le dissi
chiaramente che ero sorpresa, dubitavo che un tale impegno fosse possibile. Essa
mi replicò: "E’ del tutto naturale pensare a qualcuno che si ama".
(Teresa di Lisieux alla sorella)
Lasciarsi amare, mettersi in ascolto, lasciarsi
accarezzare e benedire da Dio: è questo innanzitutto la preghiera ... perché
come dice S. Agostino "Un conto è un lungo discorso e un altro un lungo
amore".
IL CUORE FERITO E GUARITO
Una volta ebbi l’opportunità di incontrare Madre
Teresa di Calcutta. Avevo molti problemi in quel momento e decisi di servirmi di
questa occasione per chiederle consiglio. Appena ci fummo seduti cominciai a
sciorinare tutti i miei problemi e le mie difficoltà, cercando di convincerla di
quanto le cose fossero complicate! Quando, dopo una decina di minuti di
elaborate spiegazioni, finalmente tacqui, Madre Teresa mi guardò tranquillamente
e mi disse: "Bene, se dedicherai un’ora al giorno ad adorare il tuo Signore e a
non fare mai quello che sai essere ingiusto ... tutto andrà bene!".
Quando mi disse così mi resi conto all’improvviso
che aveva bucato il mio grande pallone gonfiato, fatto di complicata
autocommiserazione, e mi aveva additato, molto al di là di me stesso, il luogo
della vera guarigione. Avevo posto una domanda dal basso e lei mi aveva dato una
risposta dall’alto. Dal luogo di Dio e non dal luogo delle mie lamentele.
(Henri J. Nouwen, Vivere nello Spirito)
Lo scopo della preghiera non è tanto ottenere ciò
che domandiamo quanto quello di diventare discepoli, figli di Dio, di avere in
dono un cuore nuovo, il cuore di Dio, lo sguardo di Dio, il perdono e la
capacità di perdonare, di amare, di sperare, di Dio. Se prego, il mio cuore
ferito, accarezzato da Dio, può cominciare a guarire. Se non prego è come se
fossi malato d’asma: mi sento il respiro corto. Se prego mi viene dato in dono
l’ampio "respiro" di Dio.
Diceva il pittore Gauguin:
Ho chiuso gli occhi per vedere.
Se prego vedo meglio, comprendo meglio. Se prego
cambio:
E’ sbalorditivo come le mie idee cambiano
quando prego (Bernanos).
UNA FORZA
Si era fatto visitare da un medico e ora lo scopre
per caso in un momento in cui si sta drogando, praticandosi un’iniezione di
morfina. Il medico si giustifica dicendo: "In fondo io chiedo alla morfina
quello che voi chiedete alla preghiera: l’oblio".
Il curato rispose: "Scusate,
alla preghiera io non domando l’oblio ma la forza".
(Bernanos, Diario di un curato di campagna)
In una vecchia caricatura Breznev diceva ai
polacchi: "Piegatevi, oppure pregate". Ma l’alternativa è sbagliata. Se
non ci si piega è perché si prega. Perché la preghiera è forza inaudita, è
speranza incrollabile. Perché la preghiera ci fa capaci di stare "a testa alta".
BELLEZZA IN AZIONE
Uno dei luoghi comuni più stolti e funesti è che la
preghiera sia "alienazione", "abdicazione alle proprie responsabilità". Chi
parla così è gente che non sa nulla di cose spirituali, e ignora un fatto: che
se c’è un uomo da temere, se c’è un autentico rivoluzionario, uno che non
obbedisca a nessuno tranne che a Dio; se c’è uno pericoloso, questi è - in modo
particolarissimo - l’uomo di preghiera. Si capisce: uomo di autentica fede e di
vissuta preghiera. Come Cristo, che perciò sarà ucciso. "Passava tutta la notte
in preghiera" e poi nel giorno operava. Preghiera che diventa decisione, forza
operante e irresistibile. Fantasia e bellezza in azione. Luce che si fa
intelligenza, forza per cambiare e per far nuove tutte le cose.
(David Maria
Turoldo)
Questo il cammino che ci fa compiere la preghiera:
dalla resa alla speranza, alla profezia. Dalle mani chiuse dalla paura e dalla
rabbia alle mani aperte nel dono e nell’abbandono confidente. Dall’Amore
all’amore, dall’amore di Dio all’amore per gli altri. Come in un passo di
danza... Ed è la vita che canta l’autenticità della nostra preghiera.
l'Informatore parrocchiale, Marzo 2003
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