diversi come
due gocce d’acqua

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Gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all’estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte né brucia nel fuoco.
Da lì, da quell’ossicino, l’uomo verrà ricreato al momento della resurrezione dei morti. Così per un certo periodo ho fatto un piccolo gioco: cercavo di indovinare quale fosse il luz delle persone che conoscevo. Voglio dire, quale fosse l’ultima cosa che sarebbe rimasta di loro, impossibile da distrug-gere e dalla quale sarebbero stati ricreati.
Ovviamente ho cercato anche il mio, ma nessuna parte soddisfaceva tutte le condizioni. Allora ho smesso di cercarlo. L’ho dichiarato disperso finché l’ho visto nel cortile della scuola. Subito quell’idea si è risvegliata in me e con lei è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trovava dentro di me, bensì in un’altra persona.
(David Grossman, Che tu sia per me il coltello)

E’ per questo che siamo nati, è per questo che siamo stati creati: per amare, per essere amati. Tutto il nostro corpo, tutto ciò che siamo, "grida" e canta il nostro bisogno d’amore. Nella presenza dell’altro ritroviamo la nostra essenza più vera e più profonda. Nell’altro "affondano" le nostre radici. Nessuno di noi basta a se stesso. L’autosufficienza è una illusione. Una consapevolezza che ha fatto dire in un mirabile verso al poeta Roberto Mussapi:

A te, lontano da lei, manca una donna,
a me, se lei non c’è, manca me stesso.
E che ha fatto scrivere a Christian Bobin:

Vuoi sapere chi tu sei per me.
E allora ecco:
tu sei colei che mi impedisce di bastarmi.
Tu mi hai dato la cosa più preziosa di tutte:
la mancanza!

Quella stessa mancanza provata visceralmente da Adamo nelle prime pagine della Genesi (pagine sapienziali, per adulti…) e che esplode in un canto d’amore quando al risveglio si trova di fronte al regalo più bello che potesse "inventare" il suo Dio per lui, per farlo più felice che mai: la donna, carne della sua carne, ossa delle sue ossa… e i due saranno una sola carne...
In questo sogno sta racchiuso il sogno di sempre, il sogno che sta nel cuore di ogni matrimonio, sul quale così ha scritto don Antonio Mazzi:

Siamo nati per amare e per essere amati. Tutto di noi invoca tenerezze, emozioni, silenzi incantati, dol-cezze indimenticabili, che possono scaturire solo da un amore eterno, unico, profondo, incancellabile. Il matrimonio non è solo un’esigenza del corpo. Stravolgere questa esperienza e privarla delle sue connotazioni specifiche rende orfano e infelice il mondo. Il grido, il bisogno di amore che si sprigiona dal nostro corpo, dagli occhi, dall’anima, dai gesti è fortissimo. La solitudine spaventa, disorienta, umilia. Nessun uomo è un’isola. L’avventura fugace, l’inna-moramento stagionale, il flirt cameratesco, non solo non accontenta, ma acuisce la richiesta e lascia l’amaro fin dentro le viscere. Siamo portati agli amori intramontabili, sconfinati, totali, dentro i quali immer-gerci, sprofondare, identificarci, unificarci.

Sull’avventura del matrimonio e della famiglia si accendono i riflettori nel prossimo Quaresimale. Su quella grande avventura della vita che è l’essere una carne sola, che è il risveglio comune, sempre ripetuto e sempre nuovo, che è il miracolo sempre sorprendente dell’intimità, l’avventura del corpo e del suo mutare, dei genitori, dei figli, dell’invecchiare insieme. Un’avventura che chiede ogni giorno di mettersi in cammino, in viaggio. Un viaggio che non ha fine.

In questo viaggio da anni cammino con tante coppie, con tante famiglie, con questo atteggiamento del cuore:

Beato chi si sente eternamente in viaggio
e in ogni viaggio, in ogni prossimo
vede un compagno desiderato.
Un buon camminatore si preoccupa
dei compagni scoraggiati e stanchi
Intuisce il momento In cui
cominciano a disperare.
Li prende dove li trova.
Li ascolta.
Con intelligenza e delicatezza,
soprattutto con amore,
ridà coraggio e gusto per il cammino.
(dom Helder Camara)

Ultimamente non si fa altro che sentire delle difficoltà che a poco a poco eroderanno il matrimonio, la famiglia … tempi bui …
Non è raro sentire parlare di disinteresse per il matrimonio, di spavento per la convivenza, di follia per la fedeltà. A volte il matrimonio viene descritto come anacronistico, ridicolo. Si afferma che la monogamia non durerà in eterno, che sparirà anche come ideale …

Da inguaribile sognatore e seminatore di testarde speranze, umane e cristiane, invito ciascuno al coraggio di guardare dentro la realtà famiglia, ai suoi tormenti e alle sue gioie, ai suoi dubbi e alle sue grida d’aiuto.
Proponendo la verità evangelica senza paure ma senza l’ aggressività tipica di chi vuole imporre, di chi si arrocca chiudendosi al dialogo, di chi si sente come in una cittadella in stato d’assedio …

E invito all’audacia di voler andare alle radici del problema, ammettendo che abbiamo bisogno di capire chi siamo, cos’è l’amore, il corpo, la sessualità, il desiderio, la durata, il vero senso della libertà … nessuno è così legato come chi ama, ma nessuno è così libero come chi ama …
Ammettendo che abbiamo bisogno di capire chi è l’altro con tutto il suo carico di mistero e di diversità … Ammettendo che diventare una carne sola da due è una delle avventure più affascinanti e complesse (non per nulla un detto ebraico afferma: "Il Messia arriverà quando due diventeranno uno"!) … Ammettendo che siamo analfabeti in tema di sentimenti, di emozioni …
… Ammettendo che abbiamo bisogno di costruire una nostra forte dimensione interiore fin dalla più giovane età …
… Ammettendo che l’amore è un’ arte, che amare è gesto d’artisti e che abbiamo bisogno di "scuole d’arte" … di danza …

Si possono avere migliaia di amici,
ma soltanto un’amata.
Gli harem sono un’altra cosa.
Sto parlando di danza,
non di ginnastica.
(Vladimir Nabokov)

Un matrimonio non si contratta.
Si danza.
A nostro rischio e pericolo.
(Christiane Singer)

Guardate le coppie di ballerini o di pattinatori … danno la sensazione di un’intesa perfetta, di azzeccati sincronismi, di leggerezza e levità, di una grande fiducia reciproca … tutto al prezzo di un allenamento infaticabile, quotidiano, appassionato, come se non ci fosse null’altro di più importante … e per risultato la gioia.

In questa "scuola d’arte" si inserisce a meraviglia la scelta geniale del nostro cardinale Dionigi Tettamanzi che per il triennio pastorale 2006-2009 ci propone il tema della famiglia e l’icona evangelica del matrimonio a Cana di Galilea. Una pagina al centro della quale sta Gesù: è lui che dà significato, profezia e splendore alla famiglia. Si fa presente a una festa di nozze, moltiplica la gioia, manifesta un amore più grande.

E’ di questo maestro d’arte che tutti abbiamo bisogno, di Lui che non sta fuori o a lato dell’amore coniugale, ma che sta dentro questo amore, trasfigurandolo, dando vita a possibilità inattese, ad aperture impensabili …

E’ del Sacramento che abbiamo bisogno perché, come dice splendidamente Dietrich Bonhoeffer:

Non è il vostro amore
a sostenere il sacramento
ma è il sacramento
che porterà sulle spalle
il vostro amore.

Il nostro Cardinale, fedele a una delle più alte e insuperabili intuizioni del Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes n. 46), quella di valutare tutto alla luce del Vangelo e alla luce dell’esperienza umana, fa questo invito alle famiglie, agli operatori pastorali e alle comunità parrocchiali:

Si aprono così davanti a noi due strade, che tra loro s’incrociano e s’illuminano a vicenda: la strada dell’ascolto delle "parole", cioè della vita delle famiglie, e la strada dell’ascolto della "Parola", ossia della Parola di Dio. Potremmo dire, con molta analogia: il vangelo che viene scritto dalle famiglie e il Vangelo che ci è donato dal Signore Gesù.
(L’amore di Dio è in mezzo a noi, n. 29)

E’ quello che cercheremo di fare insieme nel prossimo Quaresimale dal titolo "Diversi come due gocce d’acqua" … diversi, non uguali come due gocce d’acqua … quando ci metteremo in ascolto del Vangelo e delle famiglie.

Perché un matrimonio sia felice, per non lasciar fuggire i sogni e la tenerezza degli inizi, è necessario darsi del tempo:

Prendete la vostra agenda, e proprio come vi annotereste un concerto o una visita ad amici, annotatevi un appuntamento con voi stessi, con voi due; sia chiaro, queste due o tre ore devono essere "tabù" - diciamo sacre, è più cristiano! - e non mancate a questo appuntamento se non per una ragione altrettanto degna.
(H. Caffarel, Pensieri sull’amore e la grazia)

Ed è necessario dar tempo anche a ragionare sull’amore … per questo sulla vostra agenda annotate anche il Quaresimale …
E annotate questa canzone-preghiera che da anni commento al corso per i fidanzati che ci riconcilia con la nostra fragilità e ci indica la fonte dell’amore :

Io vorrei volerti bene
come ti ama Dio
con la stessa passione
con la stessa forza
con la stessa fedeltà
che non ho io

Mentre l'amore mio
è piccolo come un bambino
solo senza la madre
sperduto in un giardino

Io vorrei volerti bene
come ti ama Dio
con la stessa tenerezza
con la stessa fede
con la stessa libertà
che non ho io

Mentre l'amore mio
è fragile come un fiore
ha sete della pioggia
muore se non c'è il sole

Io ti voglio bene
e ne ringrazio Dio
che mi dà la tenerezza
che mi dà la forza
che mi dà la libertà
che non ho io



l'Informatore parrocchiale, febbraio 2007

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