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La
questione della conoscenza
Credo in Dio padre che è libero
Il volto dello Spirito Santo e l’impronta
trinitaria dell’uomo
La logica dello Spirito Santo
La questione della conoscenza
San Giovanni nel terzo capitolo (3,8) del suo
Vangelo scrive "ll vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma
non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque
è nato dallo Spirito". L'esegesi moderna, per esempio Juan
Mateos, comprende questa affermazione come riferita alle origini
di Cristo, anche se nel contesto del terzo capitolo viene
direttamente riferita allo Spirito Santo. Ci muoviamo nel dialogo
tra Nicodemo e Cristo, in cui infatti si discute proprio da dove
proviene Cristo. Nicodemo è mosso dall'inquietudine
riguardante le origini di Cristo e con esse è connessa
tutta la portata messianica della sua venuta. Nicodemo ha una
conoscenza da scriba, una conoscenza convenzionale, quella
conoscenza che più tardi san Paolo in alcuni passi
oserà chiamare addirittura conoscenza "di carne". Si
tratta di una conoscenza che comunque rimane rinchiusa
all'interno di coordinate proprie dell'orizzonte umano,
all'interno di una logica piuttosto conseguenziale. Ma la
risposta di Cristo esce da queste coordinate. Cristo "shocca"
Nicodemo dicendogli cose che lui non ha mai pensato. E spesso
Cristo risponde in modo da rompere gli schemi mentali
dell'interlocutore, gettando luce su aperture di assoluta
novità. Nicodemo è uomo giusto, onesto, ragiona con
i suoi schemi, culturali e religiosi, secondo la tradizione dei
padri e benché con tutta semplicità si domandi: "Ma
come è possibile rientrare nel grembo della donna?",
comunque traspare quel quid che spiritualmente muove Nicodemo
verso Cristo. Gesù dà una risposta che sorpassa
Nicodemo, e da duemila anni la Chiesa è curva sulla parola
di Dio per comprendere la parola di Gesù.
La questione delle origini di Cristo tocca dunque il problema
della conoscenza di Cristo. Cristo stesso sposta l'attenzione
sullo Spirito Santo come ambito indispensabile per la conoscenza
di lui e parlando dello Spirito Santo, avvolgendo l'idea nella
metafora, chiama in causa la libertà di Dio.

Credo in Dio padre che è libero
Alcuni teologi dell'Oriente cristiano accostano la
questione della conoscenza di Dio a quella della libertà
di Dio. Sembra una cosa scontata ma in realtà non lo
è poi tanto. Potremmo essere abbastanza d'accordo che la
tentazione perenne degli uomini anche dei cristiani, è
quella di ridurre Dio a qualsiasi cosa ma non accettarlo come
Dio. E infatti non si tratta semplicemente di accettarlo come
Dio, ma di riconoscerlo come Dio Padre. Ma è più
facile trattare e pensare ad un Dio che a Dio Padre. Nella storia
Dio è stato controllato, dominato, sistemato spiegato per
renderlo chiaro e conveniente per almeno un gruppo degli uomini
La Genesi continua a mostrarci la tentazione dell'uomo che invece
di scoprirsi immagine di Dio continua a costruirsi un Dio secondo
la nostra immagine. Anche Gregorío di Nissa parlava dei
concetti idolatríci e l'epoca moderna con tutti i suoi
pregi, con tutte le sue eccezionali indagini sull'uomo alla fine
riconosce che ha contribuito molto a spiegare Dio con concetti e
termini per chiarirlo del tutto. Dio è entrato a far parte
di un sistema e, spesso, il sistema stesso per essere perfetto
esige che vi faccia parte anche un Dio. L una tentazione
terribile, ma noi cristiani siamo invitati a essere attenti a non
rispondere semplicemente "Sì credo in Dio" perché
questa è una risposta corretta ma non completa e
perciò un po' rischiosa. Noi cristiani non crediamo
semplicemente in Dio. Noi crediamo in un Dio Padre, Figlio e
Spirito Santo. Di fatto è più semplice credere in
un Dio che può essere inteso come una divinità, un
principio assoluto, un motore immobile. E' attraente un tale Dio
che l'uomo riesce a spiegare, dimostrare. Ma quando diciamo che
crediamo in Dio Padre diciamo che crediamo in un Dio Persona. La
persona è sempre concreta e che seppur indica un
principio, si tratta di un principio che esclude ogni possibile
interferenza di stampo meccanico causale. La persona afferma il
principio di generare, di ispirare, di comunicare, di amare.
Dicendo Dio Padre confesso anche la mia identità. Il padre
viene chiamato tale solo dal figlio. La fede in Dio Padre
è una fede che viene donata solo ai figli e possono
aderire ad essa solamente quelli che essendo chiamati ad essere
figli assumono questa identità. Il principio reale della
nostra fede è allora proprio questa relazione fondante tra
Dio Padre e la sua creatura che si riconosce figlio. Ma questo
è possibile perché affermando Dio come Padre dico,
nello stesso atto, anche il Figlio e lo Spirito. Dico Dio Amore,
Dio relazione perfetta, indistruttibile, incorruttibile ed
eterna. E allo stesso tempo confesso un Dio concreto, tanto
concreto che impedisce ogni idolatria, o speculativa o
sentimentalista, perché le Tre Persone sono la concretezza
inconfondibile e indomabile del nostro Dio.
L'epoca moderna, da Cartesio fino ad oggi, ha cercato di spiegare
in modo schiacciante e indiscusso che cosa è
l'oggettività, che cosa è veramente oggettivo. Ha
cercato di rinchiudere in maniera monumentale l'oggettivo nel
sistemi logici concettuali o negli empirismi delle scienze
positive. Ma alla fine, per grande ironia, quest' epoca finisce
con l'affermazione dei più svariati soggettivismi come
un'allergica e nevrotica reazione a un oggettivismo
spersonalizzato. Noi cristiani possiamo ancora oggi contemplare
l'oggettività nell'amore. L'amore è quella
eccezionale realtà che è al tempo stesso del tutto
personale e del tutto oggettiva. Appartiene in un senso
indissolubile e inconfondibile alla persona che in esso si
realizza, e più che la persona che in esso si realizza,
questo stesso amore viene riconosciuto da tanti, da molti e
appartiene all'universale. L'amore nella sua essenza è il
principio della libera adesione. La vera oggettività
è dunque l'amore che rende l'altra persona libera, Allora
è la libertà dell'altro la vera oggettività
sulla quale prima o poi dovrà sbattere il nostro
intelletto. Affermare l'altro nella sua oggettività
significa affermarlo nel suo essere libero. E questa è la
vera fede e allo stesso tempo il vero amore.
Noi affermiamo Signore Tu sei. Tu sei il Padre. Tu sei libero nel
tuo pensare, sentire, decidere, agire. Affinché tu possa
vedere che lo ti riconosco e affinché io possa realizzare
la mia verità di essere libero, ti dico fai di me quello
che vuoi. Sei libero anche nel miei confronti. Non ti controllo,
non ti domino, non ti sistemo. Tu sei, Tu sei il Padre e lo nel
Tuo Figlio ti chiamo Padre con l'amore che tu soffi con lo
Spirito che mi fa gridare "Padre"
Il principio religioso è precisamente l'affermazione
dell'esistenza dell'altro, fino ad affermare l'Altro libero.
Nella Bibbia Abramo ha riconosciuto Dio così radicalmente
da portare al sacrificio il suo proprio figlio perché ha
affermato Dio come realmente libero anche nel suoi confronti.
Maria, Madre del Signore, nell'ora dell'Annunciazione non ha
capito le parole e la spiegazione dell'angelo, come si può
ben vedere leggendo attentamente il vangelo di Luca, ma comunque
risponde con l'affermazione tipica di una simpatia di fondo,
affermando radicalmente Dio come protagonista, come il primo e
come colui che si può sentire da lei come a casa sua e
può fare di lei secondo i suoi disegni. Lo stesso è
Cristo nel Getsemani. Anche lui, nel dialogo con il Padre, gli
chiede se l'opera della salvezza si può compiere in
qualche altro modo, ma alla fine, affermando A Padre come il
supremo, principio assoluto dell'amore, lui si affida a questo
amore come figlio e si espone al volere del Padre.
La tentazione perenne di non ammettere Dio come persona libera
porta delle conseguenze immediate nella dimensione sociale,
ecclesiale, non avendo dalla fede elaborato e costantemente
vivificato la forma mentis dell'affermazione dell'altro nel suo
essere libero. Facilmente si considerano gli altri come oggetti,
perciò si è autorizzati ad analizzarli, studiarli e
servirsene per i propri progetti. La forma mentis relazionale che
dovrebbe essere l'essenza stessa della nostra fede viene tradita
ed è proprio nel rapporti con gli altri che per prima
viene smascherata. E in un certo modo si potrebbe dire anche il
contrario, che la forma mentis che muove le nostre relazioni
interpersonali si ritrova in un certo senso anche nel rapporto
con Dio.
Ancora una cosa va sottolineata in questa tentazione di
sottomettere Dio alle nostre comprensioni. Forse il più
raffinato inganno si nasconde sotto il bene apparente. Si
identifica Dio con il bene e comprendendo il bene è facile
essere tentati di imporlo a tutti, di imporre sia la nostra
comprensione del bene sia l'esigenza che tutti lo facciano.
Impadronirsi del bene e del male, non scordiamo, è
l'ambito della caduta dell'uomo descritta nel terzo capitolo
della Genesi. Ma una specie di dittatura del bene infatti
è il male. Anche qui va ribadito con energia che se il
bene esiste si trova nell'amore e Dio è l'Amore. E, come
abbiamo appena detto, l'amore non costringe niente e nessuno.
L'amore è capace di piangere, di commuoversi fino alle
viscere, dunque di essere misericordioso e giusto, ma non fa
forza. Una volta una zingara mi ha raccontato che, quando era
ancora bambina, suo padre per forzare i bambini al bene era
severo e spesso ricorreva agli schiaffi e al bastone. Ma una sera
lei, ancora bambina, ha sentito un colloquio tra la madre e il
padre. Diceva la madre: "Se tu vuoi che i bambini facciano del
bene tu non li devi picchiare, perché amareggerai il loro
cuore e questa amarezza li accompagnerà sempre quando
penseranno a te. Così si troveranno a pensare al bene che
tu insegni e a sentire l'amarezza e i cuori appesantiti
perché tu al bene hai unito gli schiaffi". Il vero bene ha
dunque interiormente la capacità di promuovere la libera
adesione. E senza libera adesione nessun bene è il vero
bene. Possiamo così concludere questa prima riflessione
sulla fede in Dio Trinità come fede in un Dio che nella
sua sostanza è l'Amore. Dunque le Santissime Persone sono
libere nel senso assoluto. Nello stesso atto, in una totale
inesauribile adesione reciproca vivono l'unità di un Dio
unico, di un Dio uno. Per questo la fede in un tale Dio nel suo
nucleo non può non essere la libera adesione.
L'intelligenza di tale fede è la comprensione dell'Altro
nella sua oggettività e riconoscerlo come libero.

Il Volto dello Spirito Santo e l'impronta
trinitaria dell'uomo
La tradizione teologica ha nominato lo Spirito Santo
l'Amore dell'Amore di Dio. Già nella teologia
intratrinitaria lo Spirito Santo viene identificato come artefice
dell'amore e della relazionalità assoluta. Di conseguenza
è ovvio che nell'economia divina, nella storia della
salvezza come anche nella creazione, lo Spirito Santo rivela
sempre la stessa identità. Basta menzionare un aspetto
cristologico. E' lo Spirito Santo che incarna il Verbo e apre la
vita terrena del Figlio di Dio, ed è sempre lo Spirito
Santo che lo risuscita dai morti, ridandolo così al Padre
in tutta la sua gloria. Ed è lo Spinto Santo che dischiude
questo evento salvifico all'uomo. E' lo Spinto Santo che
coinvolge gli uomini nel rapporto Padre?Figlio e nella storia
della salvezza che in questa relazione si compie. Senza lo
Spirito Santo tutto questo rimane lontano, staccato, come se non
riguardasse la concretezza della vita di ogni uomo vivente.
Possiamo qui ricordare un bellissimo discorso di Ignazio IV,
Patriarca di Antiochia sulla resurrezione dove mette in evidenza
l'eclisse della nostra fede senza lo Spirito Santo. "Lo Spirito
Santo è una novità, è la presenza di Dio con
noi. Senza lo Spirito Santo Dio è lontano, è un
affare filosofico, è un'opinione, il Cristo rimane nel
passato, diventa la cristologia, la dottrina su Cristo, Il
Vangelo è una lettera morta, uno studio della letteratura,
la Chiesa una semplice organizzazione, l'autorità un
dominio, la missione una propaganda, il culto una evocazione e
l'agire cristiano una morale di schiavo, ma in Lui, nello Spirito
Santo, c'è una sinergia indissociabile: il cosmo è
sollevato e geme nel parto del Regno, l'uomo è in lotta
contro la carne, il Cristo risuscitato è presente, il
Vangelo è potenza di vita, la Chiesa significa comunione
trinitaria, l'autorità è un servizio liberante, la
missione una Pentecoste, la Liturgia un memoriale e
un'anticipazione, l'agire umano è deificato".
Senza lo Spirito Santo Cristo diventa una teoria cristologica,
Dio un'ideologia teologica. Si può sapere tutto su Cristo,
si può spiegare Dio ma senza lo Spirito Santo non si sente
il suo respiro, non si conosce il sapore dei suoi baci e la
parola di Dio è muta, una lettera morta. Senza lo Spirito
Santo la storia è cronologia e cronaca. Gli eventi non
parlano degli episodi di ogni giorno, del micro e del macro mondo
non si rivela la sapienza spirituale e non si ricava il suo succo
vitale. La fede senza lo Spirito Santo diventa un'astrazione.
L'assenza dello Spinto Santo favorisce il cedimento alla
tentazione di impadronirsi di Dio, di spiegare Dio e di sapere da
dove viene e dove va. Qui non è superfluo ricordare che il
nostro curriculum di teologia da molto tempo soffre di una
assenza della pneumatologia e solo con il Concilio ci si è
resi conto di questa mancanza ma tutt'ora non ha trovato una
degna soluzione.
Lo Spirito Santo è il Signore che dà la vita e la
vita passa attraverso le relazioni. La vita scorre negli incontri
e nei rapporti. E' lo Spirito Santo che fa di Dio il nostro Dio,
Padre. Che fa di Cristo il nostro Signore e che fa della creatura
creata nell'ultimo giorno la persona vivente, immagine di Dio. Ci
accostiamo qui alla visione di sant'Atanasio che mette in rilievo
tutto il significato dello Spirito Santo nell'antropologia. "Lo
Spirito Santo attira nell'anima il Figlio e il Padre; infatti lo
Spirito Santo è il termine della Trinità; è
lui che per primo esce per raggiungere l'anima ma nello stesso
tempo egli è l'azione santificatrice; è lui che,
imprimendosi nell'anima come un sigillo, le comunica la sua
propria forma. Ma questa forma è l'immagine del Figlio.
L'anima riceve dunque l'impronta del Figlio nella quale il
Figlio, lui stesso, viene ad abitare "trascinando" il Padre di
cui Egli è immagine. Non è tutto, la vita
dell'anima è talmente penetrata dalla vita divina per
mezzo di questa azione dello Spirito Santo che partecipa al
movimento di ritorno verso il Padre per gridare Abbà,
Padre. Nello Spirito Santo il Verbo glorifica la creatura e
facendola Dio, facendola Figlio la conduce al Padre".
Atanasio immagina molto plasticamente che c'è la
Santissima Trinità e sotto c'è l'umanità. Il
primo che si stacca dalla Trinità per venire nell'uomo
è lo Spirito Santo. Già questa potrebbe essere una
rivoluzione perché noi siamo quasi inconsapevolmente
convinti che il primo che si umilia nella discesa è il
Figlio. Lo Spirito Santo scende, inabita l'uomo e imprime
nell'uomo la sua immagine. Sin dall'inizio della riflessione
trinitaria c'era la discussione sull'immagine, sul volto dello
Spirito Santo. Lo Spirito Santo è una Persona, ma le
immagini che noi abbiamo di lui come fuoco, vento, colomba non
sono personali. Esprimono piuttosto alcune caratteristiche dello
Spirito Santo. Ma quale è l'immagine personale dello
Spirito Santo? L'identità dello Spirito Santo come abbiamo
già menzionato è dare la precedenza all'altro,
è rivelare l'altro, incarnare l'altro e via dicendo.
Perciò larisposta che si è man mano intuita
è che lo Spirito Santo ha il volto dell'altro.
Nel nostro contesto Atanasio infatti esplicita che questa forma
è l'icona del Figlio, ma vedremo più avanti che lo
Spirito Santo si nasconde dietro il volto del battezzato. Anzi
è il volto del cristiano che fa trasparire il volto dello
Spirito Santo. Allora la forma che imprime lo Spirito Santo nella
persona umana è l'icona di Cristo Figlio del Padre, ma per
Atanasio è ancora chiaro che l'immagine non significa una
specie di riflesso o una qualche reminiscenza, ma significa una
reale presenza del prototipo. Per Atanasio l'immagine,
l'impronta, è ancora riempita di tutta la dinamica della
reale presenza di colui che nell'immagine abita. La forma dello
Spirito Santo nell'anima dell'uomo non è semplicemente
inabitazione dello Spirito Santo, ma è anche inabitazione
del Figlio il quale attira, trascina dietro di sé il Padre
di cui lui è immagine. E allora, tramite la discesa dello
Spirito Santo tutte e tre le Persone della Trinità sono
presenti. Questo significa che per mezzo dello Spirito Santo
l'uomo è costituito su una impronta trinitaria. L'uomo
è essenzialmente un essere relazionale, perché nel
suo cuore c'è la forma del Figlio, dunque della relazione
al Padre.
Possiamo effettivamente dire dunque che lo Spirito Santo è
l'artefice della nostra fede perché è lui che
nell'elemento fondante dell'uomo ha impresso l'immagine del
Figlio e certamente prima o poi verrà il momento in cui
quest'uomo alzerà la voce e griderà "Abbà".
L'uorno grazie allo Spirito Santo può pronunciare la sua
vera meta che è il Padre e nello stesso atto pronuncia il
suo vero prototipo che è il Figlio in cui lui può
riconoscere il Padre e se stesso come figlio. Lo Spírito
Santo fa sì che la nuova creatura sia una creatura
abilitata alle relazioni, una creatura che porta un'intelligenza
che matura solo se fonda nell'agape, dove la verità
dell'uomo e di tutta la vita si comprende come capacità di
uscire da sé e riconoscere l'altro, e scoprire nell'altro
il proprio epicentro. E' solo grazie allo Spirito Santo che
l'uomo può essere credente e può realizzare se
stesso come un essere sociale, un essere delle libere
relazioni.
Due dimensioni dell'impronta trinitaria non possono mai scindersi
se vogliamo che l'uomo non si perda e non distrugga la sua vera
identità. Si tratta di due dimensioni che sono due
rivelatori del Padre. Il Logos e lo Spirito Santo. Il Figlio e lo
Spirito Santo. Il Logos è il pensiero, la gerarchia e
l'ordine delle realtà. Possiamo dire che è
lì che si trova tutta la profondità intellettuale.
Lo Spirito Santo è la vita che dà la vita. Ora, se
si tralascia la dimensione dello Spirito Santo, sottolineando
piuttosto la dimensione del Logos, la fede, e di conseguenza
tutta la cultura dell'uomo, diventano un sistema, un ordine
secco, asciutto, un pensiero sterile. Può essere splendido
come un palazzo di cristallo ma senza respiro senza vita. Sono
cose e idee che non attirano, che non fecondano, che non
entusiasmano e non accendono lo zelo. Il cristianesimo in mezzo a
una tale cultura può diventare un'organizzazione perfetta,
una cultura strutturata alla perfezione. Ma in fin dei conti non
si esprime in una Chiesa che attira e affascina perché
dà la vita e supera la morte. Se invece si tralascia il
Logos e si accentua la dimensione dello Spirito, si va verso una
"carismatite", verso un vitalismo, un sentire mai saziato. Si
scivola verso uno psicologismo sociale, in un neopaganesimo
vitalista. Si può gonfiare in un autoconvincimento
sentimentale, una specie di fanatismo sensoriale. Ma se l'uomo
vive correttamente la sua identità trinítaria il
pensiero riceve la vita, respira con la vita e la comunità
si propone come quella che con il suo stile di vita feconda il
pensiero e viceversa. Allora finalmente possiamo farci
l'esplicita domanda: Dove va lo Spirito Santo?

La logica dello Spirito Santo
Se abbiamo iniziato dicendo che si tratta
direttamente delle origini di Cristo e abbiamo visto che queste
affondano nel mistero trinitario, insieme nello Spirito Santo e
nel Padre, abbiamo visto che per questo motivo Dio non può
essere posseduto ma viene riconosciuto solo come vivente, agapico
e libero, lo Spirito Santo partecipa questo mistero alla nuova
creatura che viene chiamata uomo, e si dischiude dunque davanti a
noi il cammino dello Spirito Santo che è il cammino del
Figlio al Padre. Non è vero che non si sa dove va.
Qual è la logica del Figlio? Quale la via che
percorrerò? Si sa dove va lo Spirito Santo ma Cristo lo
mette in evidenza dicendo: "Non sai dove va" per dire che non si
può dominare, non può sottostare ai nostri
ragionamenti perché lo Spirito Santo è sempre
rivoluzionario.
La logica dello Spirito Santo è la Pasqua. Questo è
il discorso che bisogna accettare: il cammino dello Spirito Santo
è il cammino dell'amore.
Lo Spirito Santo va al Padre e muove tutto il creato al Figlio
affinché il Figlio consegni tutto al Padre. Il cammino
è dunque quello della Pasqua. Il cammino della Pasqua
procede per la logica agapica per cui per salvare bisogna
offrire. Affermare l'altro in maniera radicale significa
accettare la via crucis. Dare la precedenza all'altro significa
passare la morte di sé. E, come sostiene Soloviev, la
persona si salva e afferma solo attraverso il sacrificio
dell'egoismo che è la sua vera minaccia.
Nel senso concreto della vita spirituale, come posso sapere quali
sono le mozioni che vengono dallo Spirito e che mi portano a
conformarmi al Figlío fino al riconoscimento del Padre? Il
filosofo russo Semén Frank fa un'interessante riflessione
sull'ispirazione spirituale accostando Eva e Maria.
Lui fa notare come tutte e due si sono esposte all'ispirazione
che hanno avuto, una per la dannazione e l'altra per la salvezza.
Lui sostiene che infatti la vita di ogni uomo è una specie
di sottomissione a un'ispirazione. L'uomo sceglie un'ispirazione
e poi organizza tutta la vita secondo questo pensiero, secondo
questa idea. Ma qui sta il punto. Quale e come è questa
ispirazione. Quella spirituale si riconosce perché porta
l'impronta del Figlio. Accettando un pensiero, una parola si vede
presto se questa partecipa al vero Logos, cioè al Figlio
perché l'uomo acquista interiormente, e poi si vede anche
nella vita esterna, nel quotidiano, questa conformità,
questa familiarità con il Figlio. L'ispirazione dello
Spirito Santo ci porta a riconoscersi come Figli, ci spinge a una
relazionalítà, ci strappa dall'isolamento e ci
orienta a un'intelligenza agapica.
Più lo Spirito ci fa maturare nella figliolanza,
più matura in noi la capacità di affermare Dio
libero nei nostri confronti e questo si nota nella
capacità di affermare gli altri nella loro
oggettività. Questo è certamente il cammino della
morte dell'uomo vecchio e sono le doglie dell'uomo nuovo. Il
cammino dello Spirito è certamente più tragedia che
commedia. Per una mentalità soggettivista che si vuole
sottomettere tutto, utilizzare tutto e dominare tutto, il fatto
che Dio è libero è una tragedia e Dio gli si
presenta come tragico. Infatti l'amore di Dio è una vera
tragedia per una mente che vorrebbe impossessarsene.
Per essere sicuri che si è mossi dallo Spirito Santo e che
si è inabitati da lui bisogna essere nell'amore di Dio
Padre che lo Spirito versa nei nostri cuori. E secondo Sergej
Bulgakov questo amore si riconosce se le due dimensioni
rivelatrici sono sempre inscindibilmente unite. Si tratta della
dimensione cristologica e di quella pneumatologica. Quella
cristologica significa l'aspetto sacrificale dell'amore, la
rinuncia e la negazione di sé per l'altro. Significa la
dimensione della morte, il saper morire. Quella pneumatologica
significa il superamento della tragedia, l'esito del sacrificio,
la dimensione del Consolatore, dunque la consolazione, la gioia,
la festa. Se queste due dimensioni non sono costantemente unite
non possiamo parlare dell'amore di Dio Padre perché un
amore rinchiuso nel mondo etico del dovere e nel sacrificio
morale è un riduzionismo così grave che ormai non
tratta più l'amore di Dio. Ugualmente un amore inteso come
la gioia, come canzone, come consolazione incapace però di
assumere il quotidiano, il drammatico, incapace di vedere il
senso del fallimento, della croce, della morte, incapace della
fedeltà e della pazienza non è un amore che
appartiene a Dio. Solamente l'amore che nell'abnegazione
percepisce la forza della risurrezione è l'amore di Dio.
Solamente l'amore che convince anche intellettualmente che
ciò che dono lo avvolgo nell'amore e lo strappo dalla
morte è l'amore di Dio. Lo Spirito Santo è
così l'artefice di un'umanità di forza
resurrezionale capace di suscitare il canto anche nell'ora della
prova. E' qui che si sprigiona tutto il capitolo della
creatività, una creatività per la risurrezione. Una
creatività che nasce da un'intelligenza contemplativa e
non possessiva.
E allora possiamo dire con Guillaume di Saint Thierry che
è lo Spirito Santo "la carità che affascina e
attira".

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La libertà di Dio
Il volto dello Spirito Santo e l’impronta trinitaria dell’uomo
Dove va lo Spirito: la logica della Pasqua
"Non sai dove va": quando ho visto questo
titolo devo confessare che mi sono fatto una bella risata. Mi sono detto: fa
proprio per me … meglio di così non mi poteva capitare.
Ho cercato nella Sacra Scrittura al capitolo 3 di Giovanni
dove sono collocate queste parole. Alla citazione mancano due parole perchè
testualmente recita così: "Il vento soffia dove vuole e ne senti la
voce, ma non sai di dove viene e dove va" (Gv 3,8).
Gli esegeti moderni - per esempio Juan Mateos - inseriscono
questa affermazione riferita allo Spirito Santo nel contesto della conoscenza
delle origini di Cristo, visto che queste parole fanno parte del dialogo tra
Nicodemo e Cristo in cui si discute proprio da dove viene Cristo.
Nicodemo ha una conoscenza da scriba, una conoscenza
convenzionale, che poi però S. Paolo chiamerà "di carne". Cristo
sciocca il povero Nicodemo dicendogli delle cose che non ha mai pensato.
Gesù spesse volte combina questi scherzetti quando,
discutendo con qualcuno e trovandosi un po' in difficoltà, tira fuori cose che
scioccano tutti: basta pensare a quell'episodio in cui ad un tratto Gesù dice
"buttate giù questo tempio e io ve lo faccio in tre giorni!". Non
c'entra niente. Povera gente, rimasta così sbalordita! Gesù ha spesso questo
modo di rispondere che noi chiamiamo geniale. E che cosa è geniale? Se noi, per
esempio, stiamo studiando come mettere otto persone intorno a questo tavolo e ci
stiamo scervellando, arriva il genio e dice: scusate tagliamo il tavolo a metà
così troviamo altri quattro posti! Noi non l'avevamo mai pensato. Così è
Gesù.
Il povero Nicodemo ragiona dentro le sue coordinate, è
onesto, dice: "ma come è possibile rientrare nel grembo della
donna?". Gesù gli dà una risposta che lo sorpassa e da duemila anni la
Chiesa è curvata sulla Parola di Dio per cercare di comprendere la risposta di
Gesù. Questo è Cristo.
Si tratta allora proprio delle origini di Cristo, che in
qualche maniera toccano il problema della conoscenza di Cristo. Juan Mateos dice
che questa frase riguarda la libertà di Dio.

La libertà di Dio
Nella teologia dell'Oriente cristiano conoscenza di Cristo e
libertà di Dio sono spesso messe insieme e io vorrei partire questa sera
proprio da questo punto.
Vedete, la conoscenza di Dio, non solo le origini di Cristo e
del cristiano, è la questione della libertà, anche della libertà di Dio.
Non so se sarete d'accordo ma penso che la tentazione
perenne, dalla prima era cristiana fino ad oggi, è di ridurre Dio a qualsiasi
cosa ma senza accettarlo come Dio. Dio è stato controllato, dominato,
sistemato, spiegato per renderlo chiaro. Penso che nell'epoca moderna abbiamo
peccato perché abbiamo spiegato Dio con i concetti; abbiamo creduto di aver
chiarito tutto. E' una terribile tentazione.
Quando qualcuno ti chiede di sorpresa "Tu credi in Dio
?" Il cristiano facilmente risponde "Sì credo in Dio". Eppure
questa non è una risposta corretta o perlomeno non è completa.
Noi cristiani non crediamo in Dio, noi crediamo in Dio Padre.
Noi non possiamo mai dire: "Dio, virgola" e poi continuare. Abbiamo
persino falsificato il Credo che noi preghiamo a causa del canto – anche se
non è una cosa grave - dicendo così: Credo in un solo Dio, virgola … Padre.
Eppure quando è stato composto il credo non c'era nessuna
questione del latino, c’era la questione di credere in Dio Padre.
E’ proprio questa la rivoluzione con la quale è apparso il
cristianesimo: il nostro Dio è Padre. E’ chiaro quindi che i Padri non hanno
scritto "credo in un Dio" (non c’era nessuna discussione su questo
punto) ma "credo in Dio Padre".
E’ molto più facile credere in un Dio, in una divinità e
poi spiegarla, costatarla. Ma quando dico Dio Padre, dico una persona. Così il
discorso diventa molto più profondo.
E se dico Dio Padre confesso anche chi sono io; perché
quando un figlio dice: "questo è mio padre", confessa anche se
stesso.
La fede in Dio Padre è una questione sin dall'inizio.
Ridurre Dio a una qualsiasi cosa è una tentazione perché se
io ammetto che Dio è Padre, che è una persona, e se ammetto che il nostro Dio
è la Trinità - persona del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo - io devo
confessare e professare: "credo in Dio Amore". E ammettendo che il
nostro Dio è Amore, e amore personale, con un volto, giacché l'amore ha sempre
un volto e non è mai senza volto, confesso un Dio concreto, molto concreto. Ma
confessando questo devo confessare che la vita umana è nel nucleo di Dio.
L’epoca moderna - da Cartesio fino ad oggi - ha cercato di
spiegare, in modo schiacciante e indiscusso, che cos’è l’oggettività, che
cos’è oggettivo o con grandi sistemi logici concettuali o con il grande
empirismo delle scienze positive.
A questo riguardo vorrei sposare il pensiero postmoderno e
dire che tutti questi tentativi sono solo grandi illusioni soggettive: la vera
oggettività non sta lì. La vera oggettività sta nell'amore. L’amore è al
tempo stesso del tutto personale e del tutto oggettivo. L'amore è la libertà.
Altro che un sistema kantiano … L’amore è la libera
adesione. Se io ammetto che tu sei, che tu esisti e ammetto che sei non come io
ti penso, non come io ti vorrei ma come tu veramente sei, ti devo ammettere
così. Se diamo un appuntamento ad un altro, come potremo essere sicuri che l’altro
ci sarà? La vera oggettività su cui "buttare" il nostro intelletto
è la libertà dell'altro. Non lo posso né dominare, né controllare, né
gestire.
E perciò la fede, il principio religioso cos’è? E’ l’affermazione
dell'esistenza dell’altro. Questa è la fede.
Abramo ha riconosciuto così radicalmente Dio da alzare il
coltello sul proprio figlio. Maria nell’ora dell’annunciazione non ha capito
la spiegazione dell’angelo, come si può ben vedere leggendo attentamente il
vangelo di Luca, ma come conclude? Con una risposta tipica per una simpatia di
fondo: "Guarda, io non capisco ma qualsiasi cosa succeda tu mi hai voluto
bene, quindi io ci sto". E' un'affermazione dell'altro.
Così Cristo nel Getsemani.
La fede è il riconoscimento dell’altro nella sua
oggettività, e la massima oggettività è la sua libertà che è il punto
costitutivo, di fondo, dell’amore.
L'amore esiste solo perché è libero.
E questa è la difficoltà della nostra fede: ammettere che
Dio sia Dio. Perché questo significa "Signore tu sei" e che perché
tu possa vedere che io ti riconosco ti dico "fai di me quello che
vuoi". Non ti controllo, non ti domino, non ti sistemo: Tu sei, Tu sei.
Penso che una tentazione sia abbastanza visibile: noi abbiamo
sempre banalizzato tutto: filosofia, teologia che poi diventa meteorologia …
abbiamo sempre sistemato tutto, spiegato tutto. Anche la volontà di Dio.
Mi ricordo di una religiosa che diceva a una sua consorella:
"la volontà di Dio è che tu domenica non lavi le tue cose" ...
povero Dio che deve pensare ai nostri panni! Una ridicolezza incredibile.
Abbiamo ridicolizzato, banalizzato tutto molto spesso.
E lo stesso atteggiamento che noi abbiamo di fronte a Dio, lo
abbiamo di fronte agli altri: questa è una conseguenza ecclesiologica molto
pesante, una grande tassa da pagare.
Siccome abbiamo, cadendo in tentazione, sistemato tutto,
spiegato tutto, anche l'altro diventa oggetto del mio progetto, delle mie
analisi, del mio studio. Diventa cioè una specie di manichino.
Come Dio, così gli altri.
Provate a pensare a quante sofferenze tra di noi per questi
motivi. Non molto tempo fa mentre stavo viaggiando in treno durante una
discussione è saltato fuori che io ero un gesuita. Si alza una signora e dice
"ma voi gesuiti ... " e fa tutta una predica giustissima. Alla fine io
dico "brava, giusto … ma io sono Marko Ivan Rupnik!" E lei ribatte
"che centra?". Tutti ti mettono subito in un quadrato "Sei un
Gesuita". D'accordo ma io non sono "i gesuiti", sono una persona
piccola, modesta … no, ho "beccato" tutti i peccati della compagnia
di Gesù di 500 anni! Anche se non sono tanto bravo e non ho neanche
l'intelligenza da peccare tutti questi peccati.
Vedete, anche a livello interpersonale non sappiamo ammettere
che l'altro sia l'altro.
Siccome Dio è il bene, noi cerchiamo di esprimere il bene e
quando presumiamo di averlo capito, riteniamo che tutti lo debbano fare così
come l'abbiamo capito noi.
Noi abbiamo capito Dio come bene e lo vogliamo passare subito
a tutti e tutti lo devono vedere come lo abbiamo visto noi, e lo devono anche
fare come vogliamo noi.
E’ la dittatura del bene, che è il male esplicito. No, no.
Se il bene esiste ed è l'amore, l'amore è libertà. L'amore non può
costringere niente e nessuno. L’amore piange ma non fa forza.
Una volta viaggiavo da Monaco a Pietroburgo e l'agenzia mi ha
dato un posto accanto ad una bellissima signora – da buon monaco e da solo non
avrei mai osato scegliere quel posto. Era una zingara, del Kazakistan, una
grande cantante che era andata in Germania. Con lei è nato un dialogo molto
bello.
Mi ha detto delle cose bellissime sulla tolleranza. Mi ha
raccontato di sua mamma che aveva dodici o tredici figli e di una volta che i
bambini avevano combinato un pasticcio e di come il papà si era arrabbiato
molto e aveva fatto un discorso molto duro su come doveva essere un figlio e di
come voleva picchiare i bambini. La madre, la sera, mentre era rimasta sola con
il marito disse: "Se tu vuoi che i bambini facciano bene tu non li devi
picchiare perché amareggerai il loro cuore e questa amarezza li accompagnerà
sempre quando penseranno a te. Penseranno al bene e sentiranno l'amarezza
perché tu con il bene hai unito l’amarezza". Bellissimo!
Il bene, l'amore si può liberare, manifestare ma non
forzare. Anche a livello umano noi capiamo che se io ti voglio bene si vedrà
perché non ti forzo a camminare come cammino io, a parlare come parlo io
perché ti amo così come sei.
L'amore è impotente, profondamente impotente.
Cristo è venuto a salvare il mondo ed è morto e anche il
ladrone accanto se ne infischiava… Sono cose che non ci piacciono.
Questa è la questione di fondo: o ammettere Dio, o
sistemarlo, controllarlo, con queste conseguenze drammatiche per la vita, per la
persona.
Si tratta di una conoscenza, come si dice nel contesto
biblico, carnale, consequenziale e di una conoscenza relazionale, d'amore che
include la libertà e che certamente è problematica perché è basata sulla
fiducia.

Il volto dello Spirito Santo e l’impronta trinitaria dell’uomo
A questo punto vorrei leggervi questa citazione - anche se è
già molto conosciuta - perché vorrei poi passare alla seconda parte sullo
Spirito Santo.
E' una citazione di Ignazio IV patriarca di Antiochia, la
ripetiamo insieme perché le cose vere, spirituali si ripetono.
E guardate che la ripetizione cammin facendo è il più
semplice discernimento che noi cristiani possiamo fare.
Oggi si parla tanto del discernimento, e di come bisogna
discernere: il più semplice discernimento è la ripetizione perché le cose
vere più le ripeti più le apprezzi; le cose false più le ripeti più le
rigetti.
Mi ricordo una volta un seminarista - i seminaristi sono una
popolazione interessante - che aveva un quadernetto spirituale … vengono anche
queste tentazioni: scrivere, credendo di scrivere qualcosa di molto bello,
importante … Il seminarista, che mi ha sempre dato il permesso di dire queste
cose, è venuto da me e mi ha letto una pagina molto bella, quasi Teresa di
Lisieux ... Finisce la lettura e io dico: "Senti, facciamo una prova: per
un mese tu non pregare più – era un po’ stupito – pregherò io per te ma,
ogni giorno, la mattina, mezzogiorno e la sera, leggi questa pagina che hai
letto adesso a me". "Bene, bene", rispose. Dopo due settimane mi
chiama e mi dice: "Marco, sto per impazzire!" "Come mai?"
"Non ce la faccio più, non c’è una parola che sopporto più"
"Davvero? Vedi, tutte illusioni. Ti conviene ripetere". …
Ripetizione. A livello spirituale corriamo da un fiore all’altro, ma sarebbe
interessante provare questo sistema di ripetere, ripetere. Bisogna leggere cento
volte la Bibbia per leggerla la prima volta.
Ecco allora la citazione di Ignazio di Antiochia:
Lo Spirito Santo è la novità, la presenza di Dio in noi
Senza di Lui Dio è lontano
Il Cristo rimane nel passato
Il Vangelo una lettera morta
La Chiesa una semplice organizzazione
L’autorità un dominio
La missione una propaganda
Il culto una evocazione
L’agire cristiano una morale da schiavi.
Ma in Lui, nello Spirito Santo,
è una sinergia indissociabile
il cosmos lo ha sollevato e geme nel parto del Regno
l’uomo è in lotta contro il male
il Cristo risuscitato è presente
il Vangelo è potenza di vita
la Chiesa significa comunione trinitaria
l’autorità è un servizio liberante
la missione una Pentecoste
la liturgia un memoriale e un’anticipazione del futuro
l’agire umano è verità.
Senza lo Spirito Santo, Cristo diventa una cristologia, Dio
diventa una teologia.
Solo lo Spirito Santo rende Dio nostro Dio, nostro Padre e
rende noi appartenenti a Dio. Solo lo Spirito Santo.
La tentazione con cui siamo partiti – e cioè che si
rischia di avere una conoscenza di Dio astratta, dove si cerca di dominare Dio
– è il frutto di una fede, di una teologia che trascura lo Spirito Santo.
Ad una conferenza stampa, il rettore della Gregoriana ad una
domanda così formulata: "Qual è la scoperta principale che la Chiesa ha
fatto con la svolta del Concilio Vaticano II?" ha risposto così:
"Abbiamo capito il vuoto dello Spirito Santo per interi secoli".
Noi abbiamo un iter dello studio della teologia senza lo
Spirito Santo, ancora oggi. C’è un trattato su Cristo, ma non c’è sullo
Spirito Santo. Per questo siamo in difficoltà.
Se io dico "Padre", tutti immaginiamo un padre
buono con la barba lunga, bianca; sappiamo immaginare il Figlio che fa miracoli
… E lo Spirito Santo? Una colomba, vento, fuoco. Tutte cose curiose ma che non
sono persone. Eppure lo Spirito Santo è una persona della SS. Trinità e noi
non abbiamo immagini di questo personaggio.
Già Sant’Agostino poneva la domanda: "Ma come mai lo
Spirito Santo non ha un volto personale?"
Nei secoli più tardi, nella Chiesa russa, troviamo un’immagine
di questo volto dello Spirito Santo come volto femminile. Ma non è proprio un’immagine
comune.
Sergej Bulgakov ha studiato questa questione anche a livello
biblico e ha scoperto che già nel III-IV secolo i Padri hanno decifrato il
motivo della mancanza di immagini dello Spirito Santo: lo Spirito Santo come
identità personale è identità che indica l’altro, rivela l’altro, dà
precedenza all’altro. Perciò Bulgakov afferma che: "Il volto dello
Spirito Santo è l’altro".
Se noi allora non possiamo accedere ad una conoscenza di Dio
senza lo Spirito Santo, lo Spirito Santo si presenta a noi proprio come la porta
tra Dio e l’uomo, come il nesso vero.
Se mi permettete vorrei leggervi e commentarvi un po’ una
bellissima frase di Atanasio:
Lo Spirito Santo attira nell’anima il Figlio e il Padre.
Infatti lo Spirito Santo è il termine – telos – della
Trinità.
E’ Lui il primo che esce per raggiungere l’anima.
Guardate che bella immagine! Atanasio se lo immagina molto
plasticamente: c’è la Trinità e c’è l’umanità: il primo che si stacca
dalla Trinità per venire nell’uomo è lo Spirito Santo. Già questo è una
rivoluzione perché noi siamo convinti che questo sia Cristo.
Ma nello stesso tempo Egli è la santificazione di tutte le
cose.
E’ Lui che imprimendosi nell’anima come un sigillo
comunica all’anima la sua propria forza.
Pensate che bello! Lo Spirito Santo scende, inabita l’uomo
e imprime, conforma l’interiorità dell’uomo alla sua immagine. Ma se non c’è
nessuna immagine? Appunto, guarda che bello! Ma questa forma è l’immagine del
Figlio. L’impronta che lo Spirito Santo ci dà è quella del Figlio. L’anima
dunque riceve l’impronta del Figlio nella quale Lui stesso viene ad abitare.
Che bello! E’ il secondo che scende. Prima scende lo Spirito Santo, inabita l’uomo,
è la costituzione dell’uomo; l’uomo viene creato con lo Spirito Santo.
Queste cose a volte si dimenticano. Il Magistero attuale dice
apertamente che lo Spirito Santo agisce anche nel non battezzato, è costitutivo
dell’uomo.
Trascinando – che bel termine! – il Padre di cui
Egli è l’immagine.
Allora vengono ad abitare nell’uomo tutte e tre le Persone
della Trinità. Che significa? Che l’uomo per mezzo dello Spirito Santo è un
essere che è costituito con un’impronta trinitaria.
L’uomo è un essere relazionale perché nel suo cuore c’è
la forma del Figlio – dunque della relazione al Padre. Come è facile allora,
non in senso psicologico, per l’uomo credere, perché se è Figlio arriverà
il momento in cui alzerà la voce e dirà "Abbà". Arriverà prima o
poi il momento in cui l’uomo pronuncerà il suo vero prototipo che è il
Padre. E infatti, continua Atanasio:
La vita dell’anima è talmente penetrata dalla vita divina
per mezzo di questa azione dello Spirito Santo
che partecipa al movimento di ritorno verso il Padre gridando
Abbà.
Allora, vedete, che è proprio lo Spirito Santo che rende l’uomo
un essere delle relazioni e, se abbiamo definito la fede come riconoscimento
dell’altro, questo è possibile solo allo Spirito Santo.
Solo grazie allo Spirito Santo l’uomo può uscire da se
stesso, vedere l’altro e riconoscerlo. Senza lo Spirito Santo non c’è
nessuna fede, se non quella terribile tentazione di idolatria dei termini, dei
concetti, delle idee, come dice Gregorio di Nissa.
Solamente nello Spirito Santo il Cristo diventa anche
Signore, dice S. Paolo.
Solo nello Spirito Santo esco da me stesso, riesco a vedere l’altro
e a rapportarmi all’altro.
Se questa realtà è così, la Chiesa ha sempre insegnato che
il Padre ha due rivelatori: il Logos e lo Spirito Santo, il Figlio e lo Spirito
Santo. Che significa?
Logos è il pensiero, la gerarchia delle cose, l’ordine, il
sistema, la speculazione, la profondità intellettuale.
Lo Spirito Santo - e certamente nella Patristica si può
trovare questo significato - è la vita. Ora, ditemi che cosa significa una fede
senza lo Spirito Santo? Rimane la fede del Logos e diventa una speculazione
morta, asciutta, lontana dalla vita, che non interessa più a nessuno. E siccome
è debole non suscita più energia, suscita sempre più una forza negativa.
E cos’è lo Spirito Santo senza Logos? E’ un vitalismo
pagano, "carismatite" acuta, non carismatismo acuto. Spaventoso! Una
psicoterapia sociale, una commedia.
Non bisogna mai separare queste due realtà perché sono
inscindibili: Logos e Spirito Santo. E veramente il rischio è di
"calcare" il Logos, scismandolo dallo Spirito Santo perché mi dà la
possibilità di impadronirmi di qualcosa, di non ammettere la vita. E’ in
questione la vita e la vita non è dominabile. E’ sempre più facile operare
con le scatole, con le idee che con le persone vive. E noi cerchiamo sempre di
applicare lo stesso sistema che usiamo con gli oggetti anche con le persone: e
questo è la conflittualità. Non sopportiamo questa frase: "Non si sa dove
va". La vita non sopporta di essere intrappolata, la vita va adorata,
contemplata. Ma noi non resistiamo.

Dove va lo Spirito: la logica della Pasqua
E’ vero che lo Spirito Santo non si sa dove va? Non è vero
affatto.
Il cammino è quello della filiazione e la meta è quella del
Padre. Anzi, c’è un filosofo russo Semën Frank che ha scritto una cosa molto
bella sull’ispirazione:
Tutti noi siamo artisti perché tutti ci esponiamo
ad una ispirazione e le sottomettiamo tutta la vita.
Ho sposato Natascia, se avessi sposato Anna sarebbe stato
diverso. Ma ho sposato Natascia e ho sottomesso tutta la tua vita a questa
decisione. Tutte le nostre vite sono fatte così.
Simon Franco dice:
Dipende a quale idea noi ci stiamo dando,
perché Eva ha ricevuto una ispirazione
ed è stata una grande catastrofe per tutti gli uomini;
anche la Vergine di Nazareth ha ricevuto una ispirazione
ed è stata una benedizione per tutti gli uomini.
Dipende a quale idea noi ci esponiamo. Siccome il desiderio
della mente pagana, atea, è di progettare tutto e fino in fondo, noi scegliamo
sempre quell’idea che riusciamo a progettare fino all’ultimo percorso. Ma la
vita non è così.
Guardate che nella Bibbia non c’è mai un percorso lineare,
nella Bibbia va tutto storto, non c’è nulla di definito, di deciso. Quando il
Signore è stanco e dice "andiamo a riposare", in tremila arrivano
lì; quando dice a Pietro: "prendiamo la barca e andiamo dall’altra
parte", arrivano di là ma sono già là ad aspettarlo. Non c’è niente
di definitivo! C’è solo questa terribile tentazione di dominare.
Il logos, la parola che io accetto come ispirazione, come
vedrò se è vera? Vivendo io vedrò che comincerò a essere conforme alla mia
vita. La mia vita comincerà ad acquistare i tratti, le forme del Figlio perché
il Verbo è sempre Dio.
Vedete, la teologia insegna che il Verbo è il Figlio, ma il
Figlio è un’immagine, una figura, non è un concetto. Dunque, quando io dico
Figlio, se io seguo la vera Parola che cosa si vedrà? La gente vedrà sempre
più nella mia vita gli atteggiamenti, l’immagine, il tratto del Figlio:
questa è la verifica.
Qual è la logica del Figlio? Quale la via che percorrerò?
Si sa dove va lo Spirito Santo ma Cristo lo mette in evidenza dicendo: "Non
sai dove va" per dire che non si può dominare, non può sottostare ai
nostri ragionamenti perché lo Spirito Santo è sempre rivoluzionario.
La logica dello Spirito Santo è la Pasqua. Questo è il
discorso che bisogna accettare: il cammino dello Spirito Santo è il cammino
dell’amore.
Tutto ciò che io voglio salvare, invece di stringerlo in un
pugno come noi pensiamo, devo avvolgerlo nell’amore e ciò significa donare e
venire strappato alla morte perché l’amore dura in eterno. Se io voglio
salvare le cose devo donare non imporre né affermare. Se io stringo in pugno le
cose è il modo migliore per perderle. Se io mi offro muoio a loro ma le cose
perse le ho risuscitate. Tutto ciò che è avvolto nell’amore non muore mai.
Si sa molto bene dove va lo Spirito Santo: alla Pasqua. La
sua via è la Pasqua e lo Spirito Santo è problematico proprio per questo
motivo: ha la logica dell’agape.
Lo Spirito Santo ci invita a liberarci di tutto ciò che a
noi è caro, a non possedere, ad avere un atteggiamento contemplativo e non
possessivo, a non dominare le cose. La logica pasquale: è questo che non
riusciamo a sopportare. Non possiamo capire che Cristo sia sceso sulla terra,
che lo abbiamo ucciso per il semplice fatto che era l’amore e Lui è
risuscitato e cammina avanti. Non si riesce a capire che l’amore è l’unica
via per superare la morte. E’ questo lo Spirito Santo.
Concludo con questa immagine di Bulgakov (sono due i
rivelatori del Padre: Figlio e Spirito Santo):
Questi sono due lati dell’amore del Padre. Se noi vogliamo
veramente conoscere se camminiamo sotto l’ispirazione del Padre il nostro
amore deve avere sempre inseparabilmente queste due caratteristiche, due lati
costantemente presenti. Il lato del Figlio, l’atto sacrificale, tragico,
doloroso, di rinuncia e il lato dello Spirito Santo,del Paraclito, della festa,
della Pentecoste, dell’esito del sacrificio, del superamento della tragedia.
Nella nostra ascesi abbiamo dimenticato il lato dello Spirito
Santo, abbiamo sottolineato tanto il sacrificio dell’amore, il dovere, abbiamo
rinchiuso, imprigionato l’amore in questo maledetto mondo dell’etica e della
morale che ha suscitato solamente odio nei confronti dell’amore. Tanto è vero
che una volta ho sentito una giornalista che diceva: "Propongo che si
cancelli il termine amore dal dizionario italiano" "Perché?"
"Perché i cristiani lo hanno rovinato".
L’amore è ontologia personale, personalista, l’amore è
l’essenza di Dio e l’essenza dell’uomo. Come possiamo chiedere all’uomo
amore se l’uomo non fosse l’amore in se stesso? Si può chiedere l’uva al
rovo? Non è possibile: è una frustrazione costante. Ridurre l’amore
solamente all’etica, alla solidarietà significa ribellarsi all’amore
cristiano e perciò stancarsi. Vedete, siccome il sacrificio non viene appagato,
la gente si sacrifica ma poi dice: ma sempre io mi devo sacrificare? E tu quando
ti sacrifichi? Io ho fatto sempre tutto per te e tu niente mi hai dato. Vedete
che c’è un mercato sotto?
L’amore è appagante in se stesso.
La morte è l’argomento più pesante e più forte per la
resurrezione del Cristo. Cristo è stato riconosciuto come risorto dalle ferite:
l’argomento più forte della sua resurrezione è la sua morte.
Ridurre l’amore all’etica è un fallimento della
teologia, della nostra fede. Si finisce all’amore come canzoncina, come cosa
romantica, lacrimevole. Eh no! La caratteristica vera è che partecipando alla
sofferenza di Cristo, nell’essere simile alla sua morte, percepisco la forza
della resurrezione. E questo è la fede.
La mia modesta risposta a "Non sai dove va" è
chiara: secondo Cristo.
Cristo ha voluto "spaccare" il modo di pensare di
Nicodemo per aprire la mente e per passare da una conoscenza carnale, idolatrica,
egoista, possessiva, dominante a una conoscenza spirituale dello Spirito Santo
che ragiona secondo la logica relazionale, la logica agapica che procede
attraverso il sacrificio.

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