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METTERCI IN GIOCO
settembre 2010
Amo un racconto di Kafka che narra di un imperatore morente che vuole inviare un
messaggio a un suo suddito lontano da lui … Mentre un’immensa folla assiste alla sua agonia, lui
affida la notizia a un messaggero che subito parte e si fa strada nella folla, ma la folla non ha
fine, cerca di farsi strada nelle infinite stanze del palazzo ma non riuscirà mai a superarle e poi
avrebbe ancora da attraversare tutti i cortili e il secondo palazzo e tutta la città imperiale … il
compito appare impossibile.
Ma tu – (è la conclusione del racconto Il messaggio dell’imperatore) – tu sei
seduto alla tua finestra, e sogni quella ambasciata, quando cala la sera.
La splendida notizia ci è giunta! Ogni cristiano ha ricevuto in dono la Buona Notizia per
eccellenza: Cristo è risorto! La morte è sconfitta! Qui e ora possiamo vivere una vita non meno che
eterna, una vita da "centuplo quaggiù" …
All’apparenza non sembra esserci fame e sete di questa meravigliosa Buona Notizia, ma non rinuncio
a credere che sono in molti ad attenderla "sognando"… e allora il nostro dono si
trasfigura in compito. Ogni cristiano è chiamato a narrarla, ad annunciarla, ma soprattutto a
cantarla, a danzarla, con la propria vita. E il compito non è impossibile. Ne sono certo.
Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui,
presente per gli uomini e di agire in loro favore. Questa audacia di Dio, che ad esseri umani
affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e
di essere presenti in vece sua – questa audacia di Dio è la cosa veramente grande …
(Benedetto XVI, a chiusura dell’Anno Sacerdotale)
Queste sono le parole del nostro papa indirizzate ai sacerdoti, ma credo si possano
dire ugualmente per ogni cristiano, per ogni laica e laico. E l’audacia di Dio chiede l’audacia di
ciascuno di noi, chiede di metterci in gioco.
È quello a cui invito la Comunità Pastorale "Beata Vergine del Rosario" in Vimercate e
Burago che sta per compiere il suo primo anno di vita.
Gli ultimissimi sono stati anni di grandi cambiamenti nella Chiesa: in particolare nella nostra
Diocesi è cambiata una struttura ecclesiale fondamentale con il passaggio, molto difficile ma che
sembra essere promettente, dalle parrocchie alla comunità pastorale, sta cambiando la figura del
prete a cui è chiesto di non sentirsi più il detentore di tutti i carismi, sta cambiando, deve
cambiare, il modo e lo stile di partecipazione dei laici alla vita ecclesiale.
Ho avuto l’occasione in questo primo anno della nostra comunità pastorale, il primo anche per me,
di incontrare splendidi laici. A loro e a tutti mi permetto di chiedere un ulteriore "salto di
qualità", nella consapevolezza che o l’evangelizzazione – cioè il seminare e il portare la
Buona Notizia - la faranno i laici o non si farà…
Per questo già il 13 giugno a Triuggio, in occasione dell’incontro di tutti e sei i consigli
pastorali della nostra comunità, ho invitato ciascun consigliere ad avere il coraggio di liberarsi
dalla nostalgia del passato, a non guardare pigramente alle tradizioni passate, per evitare il
pericolo di una certa sclerotizzazione e di una illusione di autosufficienza. Con una
"provocazione poetica" li ho invitati a lasciarsi fare nuovi dalla Parola,
dall’Eucarestia, dallo Spirito di Gesù e dal Concilio Vaticano II:
Si preparano, forse son già venuti,
tempi in cui sarà richiesto
agli uomini di essere altri
dal come siamo stati. Come ?
(Mario Luzi)
COME ? CORRESPONSABILI
Il Signore non pone la parrocchia tutta e solo sulle spalle,
meglio nel cuore del parroco. No, il disegno di Dio è più grande, più bello ed esaltante.
Egli vuole porre la parrocchia sulle spalle e nel cuore di tutti i cristiani e di ciascuno di loro:
tutti, nella varietà dei doni e degli impegni, sono chiamati ad essere attivi e responsabili, umili
ma veri protagonisti della vita della Chiesa. (Card. Dionigi Tettamanzi)
Il primo salto di qualità: da collaboratori a corresponsabili.
I laici non sono chiamati più a essere soltanto il braccio destro del parroco, dei buoni esecutori
o dei collaboratori, se pur lodevoli e stimati, ma sono chiamati a essere dei
corresponsabili.
Collaboratore è chi si ferma al compito affidato senza sentirsi parte di un intero, corresponsabile
è chi sa mantenere vivo l’interesse per il tutto, per l’insieme, è chi scopre la bellezza del
pensare e del progettare insieme, dell’assumere comunemente delle scelte di fondo, del valorizzare
o far crescere nuovi luoghi di discernimento comunitario. Corresponsabile non è solo chi fa le cose
insieme ad altri ma prova a sognarle, a pensarle, a costruirle insieme …
Questa è la nostalgia da risvegliare, da riscoprire: una comunità pastorale come fraternità di
corresponsabili.
Una comunità è bella quando ognuno
esercita pienamente il suo dono.
Amare qualcuno è riconoscere il suo dono,
aiutarlo ad esercitarlo e ad approfondirlo.
(Jean Vanier)
COME ? IN RETE
Il secondo salto di qualità: mettersi in rete.
Con la nascita delle comunità pastorali, quello che ci è chiesto è un cambio di marcia, un cambio
di mentalità: non si tratta di continuare nelle stesse iniziative di sempre dentro una
"scatola" diversa, mettendo ogni tanto qualcosa in comune, ma piuttosto di imparare uno
stile di progettazione comune, di condivisione di mete e passi: uno stile di comunione e di
missione.
Per questo invito tutti a mettersi in rete. Rubo le parole all’allenatore Arrigo Sacchi – mi spiace
solo, da interista convinto e lieto, di dar lustro a chi ha fatto grande il Milan! - che si è
espresso così:
Non potrà mai essere un giocatore solo a risolvere tutto, deve
esserci una squadra intorno che sa muoversi in armonia, che non è una gabbia ma un moltiplicatore
delle singole energie.
L’ho sempre detto anche ai fidanzati: una farfalla non profuma e un fiore non vola, ma
insieme sono una meraviglia! Insieme!
Il mettersi in rete avrà un momento fondamentale e fondante nella nascita dell’unico Consiglio
Pastorale delle sei parrocchie (due consiglieri per parrocchia saranno scelti dai vari consigli e
uno dal direttivo della comunità) che sarà presentato alla comunità e al Vicario episcopale il 4
ottobre, primo compleanno della nostra comunità pastorale e che starà in carica per un anno.
COME ? NEL MONDO
Il terzo salto di qualità: dalla parrocchia al mondo.
Sulla missione e sul ruolo dei laici nel mondo, vi consegno due splendidi inviti. Il primo è del
giornalista Paolo Giuntella:
Ecco, vorrei dire a preti e pastori: non continuate a considerare
i laici dei collaboratori. Ma non rinchiudeteli neppure nelle vostre sacrestie, nei vostri locali
parrocchiali. Non favorite la crescita di laici addomesticati, untuosi, più realisti del re.
Sarebbe un’inutile illusione prima della disfatta. Questi finti laici, viceparroci mancati, non vi
sarebbero d’aiuto neppure a conservare le trentasette pecorelle rimaste nell’ovile, mentre la
pecorella smarrita non è più sola: oramai sono almeno sessantatre quelle smarrite, altro che
novantanove ben conservate al rassicurante calduccio dello stazzo. Chiedete ai laici di non passare
troppo tempo in parrocchia, di cercare la propria santità fuori dal tempio, nella piazza del
mercato, tra pubblicani, e magari in Samaria. (Strada verso la libertà,
Paoline)
Il secondo è del nostro Cardinale Dionigi Tettamanzi:
… il Vangelo è per tutti, non solo per i "nostri",
per quelli cioè che ci sono più vicini, più affini a noi per tradizione, mentalità, cultura,
modo di vivere.
Occorre evitare l’errore di esaurire tutte le nostre forze pastorali sulla pur doverosa cura dei
"nostri", occorre la lungimiranza e il coraggio di uno "sbilanciamento" verso
quanti non riusciamo a raggiungere e che pure – o in primis - sono affidati alla nostra missione
evangelizzatrice. Ci è lecito, al di là dei pesi e delle difficoltà, rinunciare alla missione?
(in La Chiesa di Antiochia, "regola pastorale" della Chiesa di Milano, 2009)
Il laico è un uomo della Chiesa nel cuore del mondo e un uomo del mondo nel cuore
della Chiesa a cui è chiesto quello che chiedeva l’apostolo Paolo nella sua lettera ai
Filippesi:
Comportatevi da cittadini degni del Vangelo (1,27)
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (2,5)
Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi.
La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini.
Il Signore è vicino! (4,4-5)
In fondo non è che l’ammonimento del teologo Karl Barth (1886-1968): "Noi
cristiani non possiamo metterci a sedere in mezzo ai miscredenti come dei gufi
malinconici" (mi spiace solo per l’immagine negativa dei gufi!) ma come compagni di
viaggio che hanno una lieta e insuperabile notizia da raccontare, una speranza eterna e concreta da
proporre e da vivere, una misericordia ostinata e tenera da testimoniare.
ï ï ï ï ï
Sogno laici corresponsabili che sappiano mettersi in rete e in missione … so che non è
solo un sogno e neppure un sogno solo mio. Per questo, buon inizio di anno pastorale. E buon
cammino! Certi che il Signore cammina con noi. La copertina di questo numero dell’informatore
parrocchiale, che ritrae il dipinto "I discepoli di Emmaus" del pittore cristiano
cinese He Qi, lo "stampi" nei nostri occhi e nel nostro cuore.
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