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UNA PRIMAVERA DENTRO L’AUTUNNO
Miljenko Bengez, L'orologio
novembre 2012
UNA PRIMAVERA DENTRO L’AUTUNNO
L’autunno
sembra una stagione triste, eppure guardate gli alberi e i colori
delle foglie: verde, giallo, rosso, viola … Sembra ci sia una
primavera dentro l’autunno.
È
vero anche per la comunità cristiana: nel bel mezzo
dell’autunno, in pieno mese di novembre, si fa strada la
primavera.
Una
primavera che fiorisce nella festa di Tutti i Santi, nella speranza
di una vita non meno che eterna, nella splendida stagione liturgica
dell’Avvento.
***I
VOLTI DIVENTANO RACCONTO DI DIO ***
Se
è vero che Dio, ha fatto vivere i santi, per qualche misura è
anche vero che sono loro che lo hanno fatto vivere nel mondo.
È
attraverso la storia di Abramo, di Mosè, di Elia, di Giovanni
il Battezzatore, di Maria di Nazaret, di Gesù Cristo, di
Pietro, di Paolo... di Francesco d'Assisi, di Massimiliano Kolbe...,
di ciascun uomo e donna, è attraverso questa storia concreta
che noi sappiamo, balbettiamo qualcosa di Dio. Senza Abramo, senza
Mosè, senza Gesù, senza Francesco d'Assisi... che cosa
sapremmo di Dio?
I
racconti più belli di Dio sono legati a storie concrete di
uomini e donne. Altrimenti il mondo diventa muto, muto di Dio: per
questo vi dicevo che in qualche misura sono i nostri volti, è
la nostra storia che lo fanno vivere.
È
anche un impegno per noi perché bisogna essere segnati con il
"tau" per rivelarlo; il "tau" è il segno
della resistenza all'idolatria. Se agli occhi degli altri - al di là
degli smarrimenti che sono di tutti - tu appari come uno che non si è
piegato agli idoli del tempo, se nella tua vita in qualche misura è
rimasta impigliata qualcuna delle beatitudini del Monte, anche il tuo
volto diventa un racconto di Dio. (don Angelo Casati)
I
santi non sono uomini irraggiungibili, sono i più umani fra
gli uomini. Sono coloro che hanno creduto e continuano a credere
nella possibilità di vivere giorno per giorno il Vangelo. Sono
coloro che riescono a farci intravedere l'eternità, la
speranza, malgrado l’oscurità del tempo. Sono coloro
che, come ho cercato di raccontare ai bambini, assomigliano ai raggi
di una ruota: più si avvicinano al centro, più si
avvicinano fra loro. Il centro è il cuore di Dio, i raggi sono
gli uomini: più ci si avvicina a Dio, più si è
vicini agli uomini … un amore che fa nascere un altro amore. I
santi sono coloro che hanno scoperto la misericordia di Dio, la
vivono e la rivelano con il loro stile di vita. Sono coloro che
cercano di guardare gli uomini e le donne che incontrano con gli
occhi di Dio, come li avrebbe guardati Gesù di Nazareth.
Il
monaco Enzo Bianchi ci ricorda che i padri della chiesa erano soliti
dire che i discepoli autentici del Signore sono sequentiae
sancti Evangelii, brani
del Vangelo, narrazioni dell’amore di Dio per l’umanità
tutta.
Oggi
c’è uno straordinario bisogno di uomini così, che
in mezzo a una crisi che non sembra vedere la fine e che sta mettendo
tantissimi a dura prova, sappiano vivere in concretezza quotidiana la
vicinanza, la solidarietà, la fraternità.
***
UNA SPERANZA NON MENO CHE ETERNA ***
Immediatamente
dopo la solennità di Tutti i Santi, la liturgia ci invita alla
giornata di Commemorazione dei Defunti, un giorno scolpito nel cuore
di tutti. Anche per il credente la morte ha un volto mostruoso,
brutale: la morte spezza tutto, spezza amori, sogni, desideri. Anche
il credente continua a martellare il cielo con tante domande che
restano senza risposta. Anche il credente sente un’indicibile
malinconia, una terribile nostalgia per l’assenza di chi si è
amato e ci ha amato. Ma l’angoscia, per il credente, è
attraversata da una speranza, da una Presenza: quella di Gesù
di Nazareth. Se la liturgia ci fa riflettere con tanta profondità
sulla morte è anche perché ci vuole assicurare che la
morte non è la fine di tutto, che la nostra speranza è
non meno che eterna e che "saremo giudicati sull'amore".
E l'amore o è l'impegno di tutti i giorni o sarà il
rimpianto di tutta la vita, come ci dicono queste "Occasioni
perdute"
di Ibsen:
Mi
ritrovai un'ombra, non un corpo, né persona.
Girai
per casa e vidi per terra dei gomitoli.
Mi
dissero:
Siamo
i pensieri che tu non hai svolto.
Andai
nel bosco e vidi le foglie secche:
siamo
le parole che non hai dette e che dovevi dire.
Andai
sui monti e udii i venti:
siamo
le canzoni che non hai mai cantato
per
la felicità degli altri.
Andai
nei prati e vidi le gocce di rugiada:
siamo
le lacrime che non hai mai pianto per amore.
Tutta
la storia, la nostra storia è segnata dal duello tra la vita e
la morte, un duello che si può trasformare in un abbraccio. Ce
lo ha insegnato con la sua vita e con la sua morte il nostro amato
card. Carlo Maria Martini quando, parlando della morte, ha detto
queste parole:
Adesso,
anche se è lei a bussare,
io
so che sarai Tu a entrare;
il
tempo della morte è finito.
***
SE ARRIVA SIAMO SALVI ***
Vladimir
ed Estragon – i due mendicanti protagonisti dell’opera
teatrale “Aspettando
Godot” di
Samuel Beckett – stanno in aperta campagna in attesa di un
certo Godot e intanto discorrono a vanvera fra di loro. Il guaio è
che nessuno dei due sa chi sia, da dove venga e quale sia la notizia
che deve portare questo Godot tanto atteso … non sono nemmeno
sicuri dell’ora e della data dell’appuntamento, ma
aspettano. Trovano senza senso il trattenersi insieme ma l’attesa
di Godot impedisce loro di dividersi. Continuano ad aspettare e sulla
loro attesa cala il sipario, ma in un passaggio del testo alla
domanda di Estragon: “E
se arriva?”, Vladimir,
risponde così: “Allora
siamo salvi”.
È
questa la “segreta” speranza che ci regala l’Avvento:
l’uomo non è un naufrago solo nell’universo. C’è
un Dio. Un Dio che, per i cristiani, non è più soltanto
“nostalgia”, ma è “presenza” perché
si è fatto carne in Gesù di Nazareth. Un Dio non più
irraggiungibile, un Dio che rompe gli argini del tempo e della
storia, che si mette dentro la vicenda degli uomini.
Il
tempo dell’Avvento è tempo di attesa ma insieme già
di presenza … come per una donna incinta che attende qualcuno
che è già dentro di lei. Lo diceva il monaco poeta
David Maria Turoldo:
L’avvento
è il concepimento di un Dio che ha sempre da nascere
Come
la nostra fede, che ha sempre da nascere ogni giorno, che non bisogna
mai dare per scontata, come un amore.
***
DALL’ASSENZA ALLA PRESENZA ***
L’immagine
di città (Miljenko
Bengez, L'orologio)
che ho scelto per la copertina di questo informatore è un
intrico di strade, piazze, case, chiese, incroci, porte, finestre, è
un’esplosione di colori che amo molto, ma mostra un’assenza,
una mancanza: le persone! Qualcuno ha scritto che “Le
fontane cantano sempre nella città muta di sogni”… Il
mio sogno è che queste “fontane” siano proprio le
persone, i cristiani, che sappiano dar voce ai sogni e ai bisogni di
tutti, che sappiano essere primavera dentro l’autunno.
don Mirko Bellora
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