Non ho più dimenticato un bellissimo dialogo tra la giornalista Oriana Fallaci e Alekos Panagulis, che lei ricordava così:
Alekos credeva in Dio.
Una volta io gli dissi: “Dio è un punto interrogativo”
e lui mi rispose: “No, un punto esclamativo”
È il punto esclamativo dello stupore, della meraviglia verso Qualcuno che ci affascina. È il punto esclamativo sulla vita e sui giorni che sa mettere chi si sente amato e ama, chi spera nonostante tutto, chi è capace di condivisioni generose e apparentemente assurde, appassionate e temerarie, di chi mette al centro la sapienza insieme a un pizzico di follia. È il punto esclamativo per il nostro Dio …
Dio è proprio là dove non sembrerebbe a nessuno di doverlo trovare:
Dio è là dove non sembra essere Dio: come sulla Croce!
È proprio lui, quando pare impossibile che sia lui.
(Alessandro Pronzato)
Ci lasciamo educare allora da alcuni punti esclamativi che abbiamo la fortuna e la gioia di poter sperimentare nel mese di novembre.
LA FOLLIA DELLE BEATITUDINI
Il primo novembre la liturgia ci fa ricordare solennemente Tutti i Santi, quei santi che non hanno nome, ma che nella loro vita hanno creduto, amato, sperato, vissuto il Vangelo quotidianamente. Non sono solo i santi del passato, ma anche quelli del presente: molti di loro sono qui in mezzo a noi oggi, li conosciamo e riconosciamo perché sanno vivere la “follia” delle Beatitudini, quel brano di Vangelo (Matteo 5,1-12) che ogni primo novembre si proclama durante la S. Messa.
Leonardo Sciascia scriveva: “Io mi aspetto che i cristiani qualche volta accarezzino il mondo in contro pelo”. Per abitare la terra i cristiani hanno accettato il manifesto più stravolgente e contro mano che si possa immaginare: “Beati i poveri, felici gli inermi, i miti, i perseguitati, i misericordiosi, i puri” … costa fatica seguirlo, ma produce speranza. (Ermes Ronchi)
Santi sono coloro che sanno farci intravedere l'eternità malgrado l'opacità del tempo. Assomigliano a vetrate colorate che rivelano tutta la loro bellezza non solo quando c’è il sole, ma anche quando cala l’oscurità perché hanno luce dentro.
Santi sono coloro che si fidano di Gesù e del suo Vangelo e lo cantano con la loro vita.
...oggi leggo le beatitudini... leggo, non predico. Le beatitudini non si predicano: non sono per gli altri. Nessuno può darle a parole. Se le predico, tutti notano che io ne sono fuori. Cristo no, lui solo parla dal di dentro di ogni beatitudine: lui povero, mite, pacifico, misericordioso, lui il percosso, il morente... Che non si possano predicare l'ho capito bene in un lontano Ognissanti, quando mi fu imposto dietro minaccia: Tu prete oggi non predicherai... E quel giorno il prete ha letto soltanto: ma nel leggere egli piangeva e gli altri piangevano. Le parole che hanno la virtù di far piangere, o di gioia o di vergogna, non si predicano...
(don Primo Mazzolari)
UN DUELLO CHE SI FA ABBRACCIO
Il calendario corre e subito dopo il giorno dei Santi, la Liturgia ci chiede un salto, che sembra essere un salto nel vuoto, nell’abisso. Ci chiede di far memoria dei Defunti.
Di colpo siamo spinti a pensare ad un eterno duello: quello fra la vita e la morte, dove sembra sempre la morte a vincere, dove vincono le lacrime …
L'antico salmista ebreo cantava: «Le mie lacrime, o Dio, nell'otre tuo raccogli: non sono forse scritte nel tuo libro?» (Salmo 56,9). Dio è raffigurato come un pastore che avanza nel deserto tenendo sulle spalle un otre, «il pozzo portatile» come lo chiamano i beduini, con la riserva d'acqua che permette di sopravvivere prima di raggiungere l'oasi. È, quindi, uno scrigno di vita, prezioso e custodito con cura. Ebbene, il Signore nel suo otre raccoglie le nostre lacrime, spesso ignorate dagli altri e ignote ai più. Esse non cadono nella polvere del deserto della storia, dissolvendosi nel nulla. C'è Dio che le depone nel suo otre conservandole come fossero perle. (mons. Gianfranco Ravasi)
Il duello tra la vita e la morte si può trasformare in un abbraccio in cui a vincere è la vita, è il bene: questa è la forza della speranza cristiana.
Vedi, oggi pomeriggio un caro amico mi accompagnerà a fare una passeggiata. Io non sto mica a chiedergli dove andremo, non sto mica a farmi spiegare cosa troverò. Così penso all’incontro con Dio. È un amico. E io mi fido di lui.
(Arturo Paoli)
IL DESIDERIO DELL’INCONTRO
Tempo di Avvento e ci si rimette in cammino per la visita natalizia alle famiglie. Ci si rimette in cammino con tanti desideri in cuore, soprattutto con il desiderio dell’incontro.
Con uno stile che amo “rubare” all’episodio di Mosè e del roveto ardente narrato nel libro dell’Esodo. A Mosè è chiesto di togliersi i calzari davanti a quel luogo sacro. Nell’avvicinarsi agli altri è chiesto lo stesso atteggiamento alla Chiesa e a ogni cristiano: togliersi i calzari. Perché ogni uomo, in qualunque situazione, è un “luogo sacro” e Dio è già in ogni uomo ben prima del nostro arrivo. Con uno stile che ci insegna quotidianamente papa Francesco: imparare a vedere ogni persona come Dio la vede, imparando a curvarsi sulle ferite, a condividere le speranze, i sogni, il bisogno di giustizia e insieme di tenerezza, imparando a dare tempo …
Amare significa anche avere tempo.
Chi ama, non tiene il proprio tempo solamente per sé;
nel suo tempo si inserisce l'altro.
Chi ama ha, per così dire, un'agenda, uno scadenziario particolare.
Vuole avere più tempo possibile per l'altro.
(Klaus Hemmerle)
ïïïïï
Ho scelto per la copertina dell’informatore un quadro del pittore surrealista polacco Rafal Olbinski. È un paesaggio impossibile e chissà quale significato vuole comunicare... Quando l’ho visto ho pensato così: chi ha nelle proprie radici, nel più profondo del proprio essere, un “amore che canta”, come gli uccellini del quadro, chi da dentro “punti esclamativi” porta in dono a tutti frutti speciali, porta luce …