IL CERCHIO ROSSO DELLA SPERANZA
Se io avessi una botteguccia
fatta di una sola stanza
vorrei mettermi a vendere
sai cosa? La speranza.
(Gianni Rodari)
In questo tempo così difficile dove affiorano paure, rabbie, urgenze, emergenze, sogni spenti e cammini spezzati, dove sembra che, come aveva scritto Bernanos, anche Dio si è fatto ombra, cerco testardamente e instancabilmente di seminare speranza in chi incontro perché sono straconvinto che tutto ciò che viene fatto nel mondo, viene costruito dalla speranza.
È la speranza che cambia il volto del mondo, il volto e il cuore degli uomini. Ed è magnifico ogni volta vedere occhi di nuovo vivi per aver di nuovo ripreso e saputo gustare la speranza, sia pur intrisa di lacrime, qualunque “tempesta” si sia dovuto attraversare e affrontare.
La speranza è umile e insieme straordinariamente potente. E sorprende sempre perché è quella inesauribile risorsa che ti permette di non demordere quando tutti si arrendono, di inventare e trovare nuove strade, di rialzarti continuamente, come un bambino che sta imparando a camminare … La speranza è creativa.
La speranza è audace, la speranza è spiazzante, la speranza trasfigura il paesaggio della vita, come sembra dirci il quadro che ho scelto per la copertina: Le banquet (Il banchetto) di Renè Magritte.
Se non fosse per quel disco rosso che campeggia nel bel mezzo del quadro, ci troveremmo di fronte ad un paesaggio realistico con i colori del tramonto. Quel cerchio rosso, quel sole, sconvolge la nostra vista, sta davanti agli alberi che invece dovrebbero coprirlo … Magritte, stupendoci, ci mostra ciò che dovrebbe essere nascosto, ci chiede di saper guardare al di là, al di là dell’abitudine, dell’ordinario. Perché c’è un oltre.
A volte basta un cerchio rosso acceso per trasformare completamente un paesaggio, il cerchio rosso della speranza …
Il tempo di Avvento è proprio il tempo della speranza, il tempo dell’attesa, è il Tempo del concepimento di un Dio che ha sempre da nascere, come scrive padre David Maria Turoldo nella sua Ballata della speranza. Un tempo da ritrovare e rivivere.
IL CORVO DI ELIA: L’ORIGINE DELLA SPERANZA
Il cristianesimo non è un generico e banale ottimismo di fronte ai problemi ma è la forza che ti rimette sempre in cammino su quella strada dove l’impossibile diventa possibile. Una forza che ti viene incontro dal silenzio, dalla preghiera, dalla Parola, dall’Eucarestia e che ti sanno trasmettere tutti gli uomini e le donne di speranza.
C’è un bellissimo episodio biblico narrato nel primo libro dei Re al capitolo 19 in cui si racconta di Elia, il grande profeta che, braccato, inseguito, perseguitato dalla regina Gezabele, fugge nel deserto e, stanco, parla così a Dio: Signore, ora basta! Prendi la mia vita. Ma … Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse. “Alzati e mangia!”. Ancora un po’ addormentato Elia si guarda attorno e vede accanto a sé una focaccia e un po’ d’acqua: Elia si alzò, mangiò e bevve, con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.
È una promessa anche per ognuno di noi. Nei momenti di crisi, quando siamo in difficoltà, l’invito pressante è: non lasciare la preghiera, prega di più, sta con Lui, con il Signore, a tu per tu. Non conta la modalità: non conta se preghi da arrabbiato o lentamente; non conta se preghi con molte parole oppure se non riesci a dire neanche una parola e stai in silenzio; non conta se piangi - le lacrime sono un modo di pregare, forse il più alto - ma sta lì con il tuo Signore guarda a lungo l’Eucarestia, guarda a lungo la Croce e raccontati. Riceverai il suo Spirito, la sua forza entrerà in te.
Dio dice a ciascuno di noi: Venite a me, voi tutti che siate affaticati e oppressi e io vi ristorerò. Vieni da me, vieni a me: io sono un Dio che consola, che libera, che rinnova, che cura e accarezza le tue ferite. Vieni da me e anche tu consola, libera, prenditi cura degli altri.
RUT: IL CAMMINO DELLA SPERANZA
Durante le letture nelle Messe immediatamente precedenti il Natale, siamo condotti per mano e inquietati da uno straordinario libro biblico: il libro di Rut, storia di un viaggio in tempi di carestia e violenza che vi invito a rileggere. Vi affido questo splendido commento che ne fa la pastora Lidia Maggi:
Nel libro di Rut Dio non entra in scena in modo diretto. Il riscatto di queste donne - Noemi, la suocera e Rut, la nuora - non avviene miracolosamente per mano di Dio. Eppure, c’è qualcosa di profondamente divino, proprio perché profondamente umano, nel coraggio e nell’amicizia di due donne, come nella solidarietà di una comunità che permette loro di trovare le risorse per risollevarsi. C’è qualcosa di profondamente umano, e dunque divino, nello sguardo empatico che tu, lettrice, lettore puoi accendere su queste vedove in viaggio. Dio agisce anche così, attraverso l’attenzione di uno sguardo donato a chi è destinato a rimanere invisibile. E il male può nascondersi in un semplice atto di distrazione.
Non è un mondo giusto quello che abbiamo costruito. Troppi viaggiano per fuggire alla fame e alle guerre. Non siamo tutti uguali e le nostre differenze sono disuguaglianze. Alcuni sono nati nella parte giusta del mondo e possono vivere sicuri nelle loro case; altri vengono da terre desolate, campi di battaglia e conoscono solo la fuga per non soccombere.
Non è un mondo giusto quello che abbiamo ereditato e costruito, ma tu, Dio, non stancarti di pungolarci per spingerci a prendercene cura: a dissodare le disparità, a seminare i fiori delle differenze, a bonificare i campi di battaglia per trasformarli in giardini, senza dogane, posti di blocco, solo giardini aperti.
Ognuno di noi può e deve restituire speranza!
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È qui dove vivendo / si produce ombra …
è qui non altrove / che deve farsi luce …
Vieni tu / portatrice di colori.
(Mario Luzi)
Mi piace pensare che questa portatrice di colori sia proprio la speranza, quella speranza che per noi cristiani trova il suo fondamento in Gesù Crocefisso e Risorto. Quella speranza che neppure la morte può rubarci perché il nostro destino è la vita per sempre …
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate.
(Apocalisse 21,4)
Quella speranza che può essere intravista da chi ha occhi di gufo, occhi che vedono attraverso e oltre il buio, come non mi stanco di ridire ogni giorno innanzitutto a me e a chi incontro.