GESU' E MARIA DI MAGDALA

Rita Pellegrini
biblista


Giovanni 20,1‑18:
La ricerca di Maria di Magdala
Figure femminili alla Pasqua di Gesù
Di corsa al , sepolcro (vv. 1‑10)
L'incomprensione dei discepoli
Alla ricerca dell'Amato (vv.11‑18)
L'incontro e l'abbraccio
La testimonianza e la missione
Bibliografia


Giovanni 20,1‑18:
La ricerca di Maria di Magdala

«1Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!". 3Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra7e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l'altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. 10I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
11Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vestì, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro:”Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. 15 Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cer­chi?". Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo". 16Gesù le disse: "Maria!". Essa allora voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: "Rabbunì!” , che significa: Maestro! 17Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: lo salgo al Padre mio e Padre vostro. Dio mio e Dio vostro". 18"Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: "Ho visto il Signore" e anche ciò che le aveva detto».


Figure femminili alla Pasqua di Gesù1

Comune a tutti gli evangelisti è la rilevante concentrazione di figure femminili nella fase più cruciale della vita di Gesù, la sua passione, morte, risurrezione. Le prime persone a fare l'esperienza della Pasqua (che comprende la scoperta del sepolcro vuoto, dell'incontro con gli angeli e dell'apparizione del Risorto), non sono coloro che avrebbero dovuto essere i soggetti legittimi di tale avvenimento, le figure maschili e autorevoli dei «discepoli», ma delle «donne», testimoni umili e scomode per la loro posizione socialmente e giuridicamente irrilevante. Il Messia risorto sceglie dunque per prime, queste figure povere, per farsi vedere e annunciare. Questo dato, accanto ad altri ugualmente sconcertanti (si pensi alla predilezione di Gesù per i peccatori, i poveri) ha certamente creato del disagio e dell'imbarazzo alla Chiesa primitiva.
Ne è prova il silenzio, a proposito delle donne, che ritroviamo nelle più antiche tradizioni kerigmatiche della Chiesa primitiva quale la solenne confessione di fede sulla risurrezione di Gesù che Paolo ha ricevuto e trasmesso alla sua comunità di Corinto:

«Vi ho trasmesso, dunque, anzitutto quello che anch'io ho ricevuto, e cioè: che Cristo mori per i nostri peccati secondo le Scritture, e che fu sepolto, e che è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture; e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.
In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta... Inoltre apparve a Giacomo e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto ... » (1 Corinzi 15,3‑8).

Si ricorda che Gesù apparve a Cefa, ai dodici, a più di cinquecento fratelli, a Giacomo, a tutti gli apostoli, e ultimo a Paolo stesso... ma si tace sulla testimonianza di figure femminili.
Perché scegliere solo le «maschili» figure apostoliche, escludendo proprio coloro che il Signore ha scelto per prime, facendo dei suoi discepoli solo i destinatari secondi? Dobbiamo accusare la Chiesa nascente di un sottile e sconcertante maschilismo? Questa reticenza è dovuta sicuramente al «fatto imbarazzante»: allora le donne, non avevano socialmente e giuridicamente valore e dunque non era opportuno qualificarle subito come testimoni ufficiali. Già la proclamazione della risurrezione di Gesù era percepita come uno scandalo, figuriamoci se oltre a questo, si proclamava subito, che tale evento aveva avuto come prime testimoni delle donne! Occorreva affrontare uno scandalo alla volta!
Da questo silenzio e reticenza si è però usciti quando è stata successivamente messa per iscritto la tradizione evangelica. E i vangeli tutti non solo hanno mantenuto, ma anche fortemente sottolineato, questo dato prezioso della originaria destinazione e trasmissione femminile della fede pasquale.
Nel vangelo di Giovanni la figura di Maria di Magdala riceve un posto di particolare rilievo. Nel capitolo 20, che presenta il racconto delle apparizioni di Gesù risorto ai suoi discepoli, l'evangelista dedica a lei un grande spazio (ben diciotto versetti!). Affiancata alle figure di Pietro e del discepolo amato, Maria ha un ruolo centrale. Nei vangeli Sinottici, invece, la troviamo menzionata per prima accanto ad altre donne2 , che come lei sono state destinatarie di un incontro diretto con il crocifisso risorto che si fa da loro riconoscere e adorare (Matteo 28, 1‑8; Marco 16, 1‑8; Luca 24, 1 ‑11).
Non menzionando le altre figure femminili che l'hanno accompagnata, Giovanni, fa di Maria di Magdala, secondo un procedimento a lui caro di «semplificazione» e di «specializzazione» dei personaggi, l'unica protagonista femminile. Maria diventa un personaggio «tipo», che appare non solo nel ruolo a lei riconosciuto di autentica «discepola di Gesù», ma ancora di più in quello di «apostola degli apostoli»3. E’ lei la prima a ricevere l'annuncio del Signore risorto e il mandato di trasmettere il messaggio di risurrezione a Pietro e ai discepoli.
Gli episodi che riguardano Maria di Magdala si sviluppano in due grandi scene in cui Giovanni presenta questa donna come caratterizzata da uno spirito incredibile di ricerca.

‑ Nella prima scena (vv. 1‑10) con un ritmo incalzante, che coinvolge il lettore, viene descritta prima la corsa di Maria al sepolcro con la sensazionale scoperta della pietra ribaltata e della tomba vuota, poi la sua corsa veloce ed affannata per dare l'annuncio a Pietro e al discepolo che Gesù amava. Poi di nuovo la corsa tutti insieme al sepolcro che si conclude con il ritorno a casa dei discepoli.

‑ Nella seconda scena (vv. 11‑18) si descrive la ricerca ostinata di Maria che resta lì, sola, al sepolcro a piangere, e poi l'incontro inatteso e sorprendente con il Signore risorto.

Seguiamo da vicino il testo per attingere al senso profondo di questo avvenimento. Vogliamo comprendere il senso della ricerca di Maria, come avviene il suo incontro con il Signore risorto, e come giunge a fare questa esperienza profonda di lui, come colui che è vivo e ha vinto la morte.

Di corsa al , sepolcro (vv. 1‑10)

La prima scena inizia con un'annotazione temporale «Nel giorno dopo il sabato ... » che si ricollega alla scena precedente avvenuta di sabato. Gesù è morto e ha già ricevuto sepoltura nel sepolcro nuovo di Giuseppe d'Arimatea. Nicodemo con la sua presenza e i molti aromi ha onorato il suo corpo con una devozione e un affetto incomparabili. L’assenza dei discepoli al momento della sepoltura, il ritiro dalla scena di questi personaggi così intimi a Gesù, il silenzio dell'evangelista su di loro, mostra che il timore, la paura, la delusione aveva preso possesso dei loro cuori. Il momento più drammatico della vita di Gesù si è concluso, sconvolgendo la vita di tutti e creando un vuoto incolmabile.

E' difficile da sopportare questa assenza terribile del Signore! Lo sconforto è grande perché questo vuoto segnato dalla sua morte, mette a dura prova la fede che i discepoli avevano avuto in lui durante la sua vita terrena. La morte viene percepita come la fine di tutto, come la delusione più lancinante.

Maria non si rassegna di fronte a questa morte che ha portato via la persona amata e con il cuore ferito e addolorato si mette in moto e sola raggiunge il sepolcro «di buon mattino», «quand'era ancora buio». Sulle sue intenzioni il narratore non dice nulla: ella non va per ungere il cadavere come dicono gli altri evangelisti (cfr. Marco 16, 1; Luca 24, 1), perché l'unzione è già avvenuta, ed è stata fatta con grande dignità. Questo silenzio sulle sue motivazioni, sembra mettere in evidenza, la pura gratuità del suo gesto che come vedremo è mosso solo dall'affetto. Il suo desiderio è quello di stare lì, nel luogo dove riposa il corpo di colui che ha amato: il corpo del suo Signore.

Le espressioni «di buon mattino», «quand'era ancora buio», non sono solo annotazioni temporali. Giovanni, l'evangelista‑ teologo che dà ad ogni parola uno spessore particolare, le usa con un significato simbolico: il buio indica il disorientamento profondo di questa donna, la cui ricerca si muove in una direzione che dovrà essere corretta.
Vista la pietra ribaltata, Maria non entra nel sepolcro, ma corre subito da Simon Pietro e dal discepolo amato a dare questo annuncio accorato e disperato: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Non c'è più il corpo dell'amato! Questa assenza, che la ferisce profondamente, la porta a concludere immediatamente che il cadavere è stato trafugato. Le sue parole manifestano il suo forte attaccamento a colui che ha visto morire e la sua tristezza è profonda. Con il suo annuncio e il suo smarrimento fa uscire i discepoli dalla loro chiusura e li mette in cammino verso il sepolcro.


L'incomprensione dei discepoli

L'attenzione del narratore si ferma a descrivere le reazioni dei due discepoli; è come se l'obbiettivo si spostasse dall'uno all'altro per cogliere tutti i loro movimenti fin nei minimi particolari: è osservato ogni loro gesto, persino ogni loro sguardo. La figura di Maria, pur presente, è come per un attimo avvolta nell'ombra.

‑ …ecco la corsa del discepolo amato che giunge per primo al sepolcro, si china, vede le bende, ma non entra per lasciare il posto a Pietro...

‑ ...e poi quella di Pietro che giunge al sepolcro, entra per primo, e vede le bende e il sudario ripiegato in un luogo particolare, in disparte...

‑ ...poi ancora l'attenzione va al discepolo amato, al suo entrare nel sepolcro... e di nuovo al suo «vedere» e..., aggiunge l'evangelista, al suo «credere»...

Il narratore vuole che il lettore si fermi, e in modo lento osservi la scena, lasciandosi coinvolgere solo dal respiro affannato dei protagonisti, dal loro silenzio carico di meraviglia e di timore, dai loro sguardi ai quali non sfugge nulla... Chi legge non può non interrogarsi!

‑ Perché il discepolo amato non osa entrare prima di Pietro?

‑ Perché il loro sguardo cade sulle bende trovate li in disparte e sul sudario ripiegato Vogliono forse alludere a qualcosa questi particolari?

‑ Come mai di Pietro, l'evangelista riferisce solo quello che vede, mentre dell'altro discepolo dice: «vide e credette»? Ma chi o cosa vide? Perché l'oggetto del vedere non è riferito?

Questa scena così semplice è ricchissima di significato, anche se per ora resta enigmatica. L'evangelista, in maniera molto delicata, fa notare come questi due discepoli che nutrono l'uno per l'altro un rispetto profondo al punto che uno lascia il posto all'altro, reagiscano in modo diverso davanti ai segni che notano nel sepolcro.

‑ Il discepolo amato, che guarda molto attentamente le bende e il sudario ripiegato in disparte, intuisce che deve essere successo qualcosa. Come mai le bende (othónia) che erano le fasce con le quali era stato avvolto il corpo di Gesù per la sepoltura, sono rimaste lì? E come mai il sudario (sudárion), che era un velo che avvolgeva il volto del defunto, si trova ripiegato in un luogo in disparte? Cosa significano questi particolari per il discepolo?

L'evangelista riferendoci queste parole: «vide e credette» dà la risposta. Il verbo «vedere», (oraô) unito al verbo «credere» (pisteuô), non indica più solo il vedere attento dello sguardo indicato prima, ma il vedere profondo, mosso dalla fede. Il discepolo amato è capace di leggere nelle bende e nel sudario lasciati nel sepolcro vuoto un segno, una traccia... Comprende che il corpo di Gesù non è stato trafugato e coglie in quell'assenza il mistero di una Presenza. Egli sente, così, nascere nel cuore, a motivo del suo legame profondo con Gesù, l'intuizione della risurrezione. Ma questa intuizione è ancora incerta, questa fede è ancora iniziale, imperfetta e perciò è tenuta segreta. Non osa dire nulla, non profferisce neppure una mezza frase per consolare Maria!

‑ Pietro invece è chiuso in un silenzio pieno di timore e meraviglia (cfr. Luca 24, 21): osserva con molta attenzione (theoreô) ma non comprende. Si trova davanti ad un enigma e tace.

Infatti l’evangelista avvisa il lettore sulla loro difficoltà a credere alla Pasqua di Gesù: «Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli doveva risuscitare dai morti» (v. 9).

Il loro ritorno a casa (v. 10) dice la loro incertezza, il loro dubbio. I discepoli sono incapaci di sostenere l'urto del mistero pasquale. Non si è ancora arrivati ad una presa di coscienza gioiosa della risurrezione di Gesù che porta con sé il desiderio forte di comunicarlo agli altri.

Davanti al segno del sepolcro vuoto vediamo come la ricerca è oscura per tutti i nostri personaggi e diversa nello stesso tempo, come sono diversi i loro temperamenti:

‑ c'è la ricerca piena di affetto ma anche di disperazione di Maria

‑ c'è l'intuizione segreta del discepolo amato

‑ c'è la lentezza solida e prudente di Pietro.

I due discepoli se ne vanno. Maria rimane davanti al sepolcro a piangere, con nel cuore la sua ricerca ostinata. Incomincia la seconda scena, che condurrà all'incontro e al riconoscimento del Risorto.

Alla ricerca dell'Amato (vv.11‑18)

Maria rimane all'esterno del sepolcro a piangere. Fermiamoci a considerare il pianto di questa donna. Chi cerca Maria? Perché non torna a casa con gli altri? A cosa assomiglia la sua ricerca intensissima, tenace?
Notiamo prima di tutto che la sua ricerca di Gesù avviene:

con il cuore ferito e addolorato. E’ fatta in un momento in cui i propri affetti e sentimenti sono feriti. E’ una ricerca fatta nel pianto. Cosa vuol dire piangere? Piangere è scoprire la propria impotenza. E’ l'espressione della massima debolezza. Quando uno non ha più risorse, non sa più cosa fare «piange». Si piange perché non si riesce più ad incontrare il Signore come e dove si vorrebbe. Si piange per la delusione. La percezione di questa distanza da lui, è ciò che permette di ricercare Dio in modo più autentico e vero.

in completa solitudine. I discepoli se ne vanno. Anche il discepolo amato, non la conforta, non le dice che forse non è come lei pensa, che forse il corpo di Gesù non è stato trafugato. Non le ricorda le parole di addio con le quali Gesù aveva preparato i suoi discepoli a questo evento... La sua ricerca è fatta in straordinaria solitudine...

Ci sono tempi, nella nostra vita spirituale, in cui la nostra ricerca del Signore avviene con l'aiuto e il conforto di altri e ci sono tempi in cui è necessario cercare da soli... San Giovanni della Croce parla della «notte spirituale» dove il cuore è nudo, dove non c’è nessuno che possa confortare. La solitudine permette di accedere alla profondità di noi stessi e di far leva sui sentimenti più veri, di raggiungere la profondità del cuore, fa sentire ciò che manca, smuove gli affetti e mette in ricerca...

è una ricerca carica di affetto. L'affetto per quel Gesù conosciuto ed incontrato le cui parole e gesti sono per lei indimenticabili... Si porta dentro il ricordo di un amore lontano, che però è stato deluso, interrotto, la cui assenza dice che non potrà più ritornare. Qualcuno che è stato sottratto e che non tornerà più nella forma dell'aspettativa precedente.
Si potesse almeno piangere davanti a un sepolcro pieno!
Nella vicenda spirituale accade che ci affezioniamo e ci attacchiamo all'esperienza gioiosa con il Signore sperimentata nel passato; invece il cammino spirituale esige un distacco anche da questo tipo di gioia, non perché il Signore sia geloso della gioia, ma perché l'amore vero è un amore che sa andare oltre. L'amore diventa vero quando si ama anche nell'assenza dello Sposo.

Come mai Maria è capace di cercare con tanta intensità?

Giovanni fa capire che Maria al sepolcro non arriva certo per caso. Ella ha la capacità di «stare» davanti al sepolcro con tale ostinata ricerca, perché ha avuto la forza di «stare» sotto la croce, in silenzio, con le altre donne e il discepolo amato:

‑ 19,25 «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala;

‑ 20, 11 «Stava davanti al sepolcro».

Il verbo «stare» (heistékei) che ricorre in ambedue i passi ha un forte spessore teologico. Esprime, per il quarto evangelista, la contemplazione e l'amore per il crocifisso. E stato questo stare li, che ha prodotto in lei una fedeltà che regge anche quando sembra che non serva più a niente. Maria di Magdala è figura della contemplazione gratuita e amorosa.

Quando non siamo più in grado di fare niente, e rimaniamo a contemplare il crocifisso è il momento della massima fecondità, è il momento in cui si vede se amiamo veramente il Signore per se stesso e non per altro.

La sua ricerca carica di affetto e di dolore richiama la sposa del Cantico dei Cantici che piange disperatamente finché non ritrova l'amato del suo cuore: come nel Cantico la sposa ritrova lo sposo, dopo una lunga e dolorosa ricerca, così in questa situazione che sembra segnare il massimo dell'afflizione avviene l'incontro.
Il nostro testo ricalca le parole del Cantico (3, 1‑4).

«sul mio letto lungo la notte, ho cercato l'amato del mio cuore, l'ho cercato ma non l'ho trovato...
Mi alzerò... voglio cercare l'amato del mio cuore.
L’ho cercato ma non l'ho trovato...
Mi hanno incontrato le guardie che fanno la ronda: "Avete visto l'amato del mio cuore?".
Da poco le avevo oltrepassate, quando trovai l'amato del mio cuore».


L'incontro e l'abbraccio

La prima persona alla quale il Signore si mostra vivo è proprio lei, Maria. La dinamica dell'incontro è così descritta ai vv. 11‑17.

Maria si sporge all'interno del sepolcro e guarda quasi senza rendersi conto i due angeli vestiti di bianco che vegliano, seduti ai piedi e alla testa di un corpo assente. Presa tutta dalla sua pena non coglie nella loro presenza un segno di trascendenza. Risponde alla loro domanda ‑ «donna perché piangi?» ‑ ripetendo il solito ritornello, che ormai occupa tutta la sua mente: «hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto».

Le loro parole destinate a dissipare lo sconforto non sono raccolte. Non riesce neppure a riconoscere il Signore che le parla, subito dopo, rivolgendole la medesima domanda: «donna perché piangi?» e poi «chi cerchi?».

La questione così ripetuta: «donna perché piangi», posta dagli angeli, poi ripresa da colui che lei scambia per un giardiniere, non è forse una dolce contestazione della sua tristezza? Davvero c'è un motivo per piangere?

Le prime parole pronunciate dal Signore risorto, dal Verbo incarnato sono molto consolanti: perché piangi? Chi cerchi? Siamo sempre nella linea del Cantico dei Cantici, siamo di fronte ad un linguaggio sponsale, ma che rimanda anche alla domanda rivolta da Gesù all'inizio del vangelo ai suoi discepoli : «Chi cercate?». Essi avevano domandato «Rabbi dove abiti?» (1, 38)...

E’ una domanda che intende risvegliare una vita spirituale che pensa, che si interroga.
«Questa domanda non riguarda solo il nostro personaggio, ma lo stesso lettore, invitato a interpretare il proprio rapporto con Gesù non in termini di scontato e abitudinario possesso, ma come sequela entro cui investire e trasformare le proprie reali aspettative» (R.Vignolo).
Maria è talmente presa dalla sua ricerca del «corpo» di Gesù che ripete anche a lui, che si fa a lei vicino, la stessa frase, già detta precedentemente ai discepoli: «Signore se lo hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo».

Maria cerca il corpo morto di colui che lei chiama il «mio Signore», colui al quale era tanto affezionata, colui che, (lo dicono le sue parole), sembra appartenere a lei sola. Non riconosce chi è colui che le rivolge la parola, perché la sua ricerca va in una direzione che deve essere corretta. La sua esperienza religiosa è ancora ripiegata su di sé. Cerca il Gesù conosciuto in passato, non è capace di orientare la sua ricerca a un livello più alto e di aprirsi, nella fede, alla novità assoluta di Dio. Non cerca il Signore vivente e imprevedibile nel suo manifestarsi e rivelarsi....
Ma la sua incapacità a cogliere ciò che sta accadendo, è dovuta anche al fatto che il mistero del crocefisso risorto oltrepassa ogni ipotizzabile capacità di comprendere.
In tutti i racconti di apparizione gli evangelisti testimoniano la non immediatezza del riconoscimento (cfr. Giovanni 21; Luca 24)questo per sottolineare l'alterità del Risorto: colui che si rende presente è «inaccessibile» all'uomo e perciò occorre che lui stesso si riveli.
Ciò che sfugge alla donna prigioniera del suo lutto, è percepito dal narratore: la presenza degli angeli che vegliano nel posto esatto in cui era deposto il corpo «santo», ricordano la presenza dei cherubini rivolti l'uno verso l’altro, da un lato e dall'altro dell'Arca dell'Alleanza, dove Dio parlava al suo popolo (Esodo 25,17‑22; 1 Re 6,23‑28 ). Essi sono dunque un segno della «santità» di colui che era lì deposto.
Alla donna desolata, Gesù si rivolge una seconda volta, chiamandola con il proprio nome: «Maria! ».
Al sentirsi chiamata per nome ella è bruscamente riportata alla realtà. Basta il suo nome, pronunciato da Gesù, perché avvenga il riconoscimento! Con il grido: «Rabbunì! Maestro!» Maria esprime tutta l'emozione per la presenza ritrovata.
Si realizzano le parole che Gesù aveva detto nella parabola del buon pastore (Giovanni 10, 14; 10,3):

«Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me»...
«Le pecore ascoltano la sua voce: egli le chiama una per una...».

Il narratore sospende ogni commento, puntando tutta l'attenzione sull'incontro!
La fede pasquale si accende nel cuore di Maria, quando Gesù le parla. La fede nasce quando si fa l'esperienza di essere da lui cercati, amati e conosciuti intimamente. La fede è un appartenere al Signore, un essere posseduti da lui.
E’ la parola del risorto e non tanto la visione che fa nascere in maniera più profonda la fede, che qui si esprime nel grido «maestro!» e nell'abbraccio.
Maria per un istante sperimenta una gioia intensa, quella che Gesù stesso ha promesso ai suoi discepoli quando aveva detto: «la vostra afflizione si cambierà in gioia», «vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia» ( Giovanni 16,20.22).


La testimonianza e la missione

Le parole del risorto indicano a Maria come occorre orientare la ricerca:

«Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (v. 17).

Il luogo dove il Signore va cercato non è un sepolcro vuoto, un luogo in cui si piange! Pur rischiarato dall'incontro con il risorto e dall'annuncio pasquale il sepolcro è ormai diventato un luogo del tutto inadeguato da lasciarsi definitivamente alle spalle senza pentimenti. Neppure Maria deve cercarlo restando attaccata a quell'abbraccio!

Questo non significa che la fede deve fare a meno dei sentimenti. La fede matura coinvolge tutte le forze affettive ed emotive più profonde del nostro essere. Occorre liberarsi dal voler possedere il proprio oggetto di fede. Non possiamo disporre dei Risorto! Si può solo da lui essere posseduti!

Il luogo dove il Signore va cercato è la casa del Padre: «Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». E’ questo il luogo dove il Signore abita!

Entrare nel mistero della sua resurrezione vuol dire comprendere che lui è vivo e ci introduce nella comunione che esiste tra lui e il Padre: «Dio mio e Dio vostro». E’ suggellata ormai l'alleanza definitiva tra Dio e l'uomo che non potrà più essere infranta. In questa intimità, che è l'essere partecipi della vita trinitaria, tutti ora possono entrare. Questo è il cammino che bisogna percorrere.

Gesù comanda a Maria: «va' dai miei fratelli e di' loro ... ». Maria viene invitata ad annunciare ai fratelli la gioia dell'incontro, a non tenerla solo per sé.

Il segno di una fede matura, di un reale incontro con il Signore risorto e vivo è l'annuncio agli altri, è l'ansia missionaria. La ricerca non sbocca in un incontro intimistico ma in una missione e una testimonianza! Non si comunica solo un incontro che ha suscitato entusiasmo ed emozione! C'è molto di più! E’ la testimonianza appassionata di chi incomincia a cogliere il mistero di Gesù che è stato rivelato nella Pasqua. C'è una nuova coscienza, maturità, consapevolezza, intelligenza, del mistero del crocifisso risorto. All'entusiasmo si sostituisce la contemplazione, il fascino, la gratitudine per quanto si comincia ad intuire, perché si è trovato molto di più di quanto si cercava…

Questo annuncerà Maria ai discepoli quando dirà loro, piena di gioia e di commozione: «Ho visto il Signore».


Note

1 ‑ Sono debitrice per queste riflessioni a R. VIGNOLO, Le donne della Pasqua, «Parole di vita» 5 (1994), pp. 22‑29.


2 ‑ In Marco 16,1 troviamo citate: Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome; Matteo 28,1 si limita alle prime due; Luca 24,10 inserisce tra queste due Giovanna e più genericamente «altre con loro».

3 ‑ Questo titolo è stato attribuito a Maria di Magdala da tutta la tradizione patristica.


Bibliografia

VIGNOLO R., Le donne della Pasqua, «Parole di Vita», 5 (1994), pp. 22‑29

DUFOUR X.L., Lecture de l'Evangile selon Jean, Tome IV, Edition du Seuil, 1996, pp. 200‑227.

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