GESU' E MARIA DI MAGDALA
Rita Pellegrini
biblista
Giovanni
20,1‑18:
La ricerca di Maria di Magdala
Figure femminili alla Pasqua di Gesù
Di corsa al , sepolcro (vv. 1‑10)
L'incomprensione dei
discepoli
Alla ricerca dell'Amato (vv.11‑18)
L'incontro e
l'abbraccio
La testimonianza e la missione
Bibliografia
Giovanni 20,1‑18:
La ricerca di Maria di Magdala
«1Nel giorno dopo il sabato, Maria
di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era
ancora buio e vide che la pietra era stata ribaltata dal
sepolcro.2Corse allora e andò da Simon Pietro e
dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro:
"Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove
l'hanno posto!". 3Uscì allora Simon Pietro
insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro.
4Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo
corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
5Chinatosi, vide le bende per terra, ma non
entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro che
lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per
terra7e il sudario, che gli era stato posto sul capo,
non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.
8Allora entrò anche l'altro discepolo che era
giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Non
avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli
cioè doveva risuscitare dai morti. 10I
discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
11Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e
piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro
12e vide due angeli in bianche vestì, seduti
l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato
posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero:
"Donna, perché piangi?". Rispose loro:”Hanno portato
via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”.
14Detto questo, si voltò indietro e vide
Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era
Gesù. 15 Le disse Gesù: “Donna,
perché piangi? Chi cerchi?". Essa, pensando che fosse
il custode del giardino, gli disse "Signore, se l'hai portato via
tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo".
16Gesù le disse: "Maria!". Essa allora
voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico:
"Rabbunì!” , che significa: Maestro!
17Gesù le disse: "Non mi trattenere,
perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei
fratelli e di' loro: lo salgo al Padre mio e Padre vostro. Dio
mio e Dio vostro". 18"Maria di Magdala andò
subito ad annunziare ai discepoli: "Ho visto il Signore" e anche
ciò che le aveva detto».
Figure femminili alla Pasqua di Gesù1
Comune a tutti gli evangelisti è la rilevante
concentrazione di figure femminili nella fase più cruciale
della vita di Gesù, la sua passione, morte, risurrezione.
Le prime persone a fare l'esperienza della Pasqua (che comprende
la scoperta del sepolcro vuoto, dell'incontro con gli angeli e
dell'apparizione del Risorto), non sono coloro che avrebbero
dovuto essere i soggetti legittimi di tale avvenimento, le figure
maschili e autorevoli dei «discepoli», ma delle
«donne», testimoni umili e scomode per la loro
posizione socialmente e giuridicamente irrilevante. Il Messia
risorto sceglie dunque per prime, queste figure povere, per farsi
vedere e annunciare. Questo dato, accanto ad altri ugualmente
sconcertanti (si pensi alla predilezione di Gesù per i
peccatori, i poveri) ha certamente creato del disagio e
dell'imbarazzo alla Chiesa primitiva.
Ne è prova il silenzio, a proposito delle donne, che
ritroviamo nelle più antiche tradizioni kerigmatiche della
Chiesa primitiva quale la solenne confessione di fede sulla
risurrezione di Gesù che Paolo ha ricevuto e trasmesso
alla sua comunità di Corinto:
«Vi ho trasmesso, dunque, anzitutto quello
che anch'io ho ricevuto, e cioè: che Cristo mori per i
nostri peccati secondo le Scritture, e che fu sepolto, e che
è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture; e che
apparve a Cefa e quindi ai Dodici.
In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una
sola volta... Inoltre apparve a Giacomo e quindi a tutti gli
apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto
... » (1 Corinzi 15,3‑8).
Si ricorda che Gesù apparve a Cefa, ai
dodici, a più di cinquecento fratelli, a Giacomo, a tutti
gli apostoli, e ultimo a Paolo stesso... ma si tace sulla
testimonianza di figure femminili.
Perché scegliere solo le «maschili» figure
apostoliche, escludendo proprio coloro che il Signore ha scelto
per prime, facendo dei suoi discepoli solo i destinatari secondi?
Dobbiamo accusare la Chiesa nascente di un sottile e sconcertante
maschilismo? Questa reticenza è dovuta sicuramente al
«fatto imbarazzante»: allora le donne, non avevano
socialmente e giuridicamente valore e dunque non era opportuno
qualificarle subito come testimoni ufficiali. Già la
proclamazione della risurrezione di Gesù era percepita
come uno scandalo, figuriamoci se oltre a questo, si proclamava
subito, che tale evento aveva avuto come prime testimoni delle
donne! Occorreva affrontare uno scandalo alla volta!
Da questo silenzio e reticenza si è però usciti
quando è stata successivamente messa per iscritto la
tradizione evangelica. E i vangeli tutti non solo hanno
mantenuto, ma anche fortemente sottolineato, questo dato prezioso
della originaria destinazione e trasmissione femminile della fede
pasquale.
Nel vangelo di Giovanni la figura di Maria di Magdala riceve un
posto di particolare rilievo. Nel capitolo 20, che presenta il
racconto delle apparizioni di Gesù risorto ai suoi
discepoli, l'evangelista dedica a lei un grande spazio (ben
diciotto versetti!). Affiancata alle figure di Pietro e del
discepolo amato, Maria ha un ruolo centrale. Nei vangeli
Sinottici, invece, la troviamo menzionata per prima accanto ad
altre donne2 , che come lei sono state destinatarie di
un incontro diretto con il crocifisso risorto che si fa da loro
riconoscere e adorare (Matteo 28, 1‑8; Marco
16, 1‑8; Luca 24, 1 ‑11).
Non menzionando le altre figure femminili che l'hanno
accompagnata, Giovanni, fa di Maria di Magdala, secondo un
procedimento a lui caro di «semplificazione» e di
«specializzazione» dei personaggi, l'unica
protagonista femminile. Maria diventa un personaggio
«tipo», che appare non solo nel ruolo a lei
riconosciuto di autentica «discepola di Gesù»,
ma ancora di più in quello di «apostola degli
apostoli»3. E’ lei la prima a ricevere
l'annuncio del Signore risorto e il mandato di trasmettere il
messaggio di risurrezione a Pietro e ai discepoli.
Gli episodi che riguardano Maria di Magdala si sviluppano in due
grandi scene in cui Giovanni presenta questa donna come
caratterizzata da uno spirito incredibile di ricerca.
‑ Nella prima scena (vv. 1‑10) con un ritmo
incalzante, che coinvolge il lettore, viene descritta prima la
corsa di Maria al sepolcro con la sensazionale scoperta della
pietra ribaltata e della tomba vuota, poi la sua corsa veloce ed
affannata per dare l'annuncio a Pietro e al discepolo che
Gesù amava. Poi di nuovo la corsa tutti insieme al
sepolcro che si conclude con il ritorno a casa dei discepoli.
‑ Nella seconda scena (vv. 11‑18) si descrive la
ricerca ostinata di Maria che resta lì, sola, al sepolcro
a piangere, e poi l'incontro inatteso e sorprendente con il
Signore risorto.
Seguiamo da vicino il testo per attingere al senso profondo di
questo avvenimento. Vogliamo comprendere il senso della ricerca
di Maria, come avviene il suo incontro con il Signore risorto, e
come giunge a fare questa esperienza profonda di lui, come colui
che è vivo e ha vinto la morte.
Di corsa al , sepolcro (vv. 1‑10)
La prima scena inizia con un'annotazione temporale
«Nel giorno dopo il sabato ... » che si ricollega
alla scena precedente avvenuta di sabato. Gesù è
morto e ha già ricevuto sepoltura nel sepolcro nuovo di
Giuseppe d'Arimatea. Nicodemo con la sua presenza e i molti aromi
ha onorato il suo corpo con una devozione e un affetto
incomparabili. L’assenza dei discepoli al momento della
sepoltura, il ritiro dalla scena di questi personaggi così
intimi a Gesù, il silenzio dell'evangelista su di loro,
mostra che il timore, la paura, la delusione aveva preso possesso
dei loro cuori. Il momento più drammatico della vita di
Gesù si è concluso, sconvolgendo la vita di tutti e
creando un vuoto incolmabile.
E' difficile da sopportare questa assenza terribile del Signore!
Lo sconforto è grande perché questo vuoto segnato
dalla sua morte, mette a dura prova la fede che i discepoli
avevano avuto in lui durante la sua vita terrena. La morte viene
percepita come la fine di tutto, come la delusione più
lancinante.
Maria non si rassegna di fronte a questa morte che ha portato via
la persona amata e con il cuore ferito e addolorato si mette in
moto e sola raggiunge il sepolcro «di buon mattino»,
«quand'era ancora buio». Sulle sue intenzioni il
narratore non dice nulla: ella non va per ungere il cadavere come
dicono gli altri evangelisti (cfr. Marco 16, 1; Luca 24, 1),
perché l'unzione è già avvenuta, ed è
stata fatta con grande dignità. Questo silenzio sulle sue
motivazioni, sembra mettere in evidenza, la pura gratuità
del suo gesto che come vedremo è mosso solo dall'affetto.
Il suo desiderio è quello di stare lì, nel luogo
dove riposa il corpo di colui che ha amato: il corpo del suo
Signore.
Le espressioni «di buon mattino», «quand'era
ancora buio», non sono solo annotazioni temporali.
Giovanni, l'evangelista‑ teologo che dà ad ogni
parola uno spessore particolare, le usa con un significato
simbolico: il buio indica il disorientamento profondo di questa
donna, la cui ricerca si muove in una direzione che dovrà
essere corretta.
Vista la pietra ribaltata, Maria non entra nel sepolcro, ma corre
subito da Simon Pietro e dal discepolo amato a dare questo
annuncio accorato e disperato: «Hanno portato via il
Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».
Non c'è più il corpo dell'amato! Questa assenza,
che la ferisce profondamente, la porta a concludere
immediatamente che il cadavere è stato trafugato. Le sue
parole manifestano il suo forte attaccamento a colui che ha visto
morire e la sua tristezza è profonda. Con il suo annuncio
e il suo smarrimento fa uscire i discepoli dalla loro chiusura e
li mette in cammino verso il sepolcro.
L'incomprensione dei discepoli
L'attenzione del narratore si ferma a descrivere le reazioni dei
due discepoli; è come se l'obbiettivo si spostasse
dall'uno all'altro per cogliere tutti i loro movimenti fin nei
minimi particolari: è osservato ogni loro gesto, persino
ogni loro sguardo. La figura di Maria, pur presente, è
come per un attimo avvolta nell'ombra.
‑ …ecco la corsa del discepolo amato che giunge per
primo al sepolcro, si china, vede le bende, ma non entra per
lasciare il posto a Pietro...
‑ ...e poi quella di Pietro che giunge al sepolcro, entra
per primo, e vede le bende e il sudario ripiegato in un luogo
particolare, in disparte...
‑ ...poi ancora l'attenzione va al discepolo amato, al suo
entrare nel sepolcro... e di nuovo al suo «vedere»
e..., aggiunge l'evangelista, al suo «credere»...
Il narratore vuole che il lettore si fermi, e in modo lento
osservi la scena, lasciandosi coinvolgere solo dal respiro
affannato dei protagonisti, dal loro silenzio carico di
meraviglia e di timore, dai loro sguardi ai quali non sfugge
nulla... Chi legge non può non interrogarsi!
‑ Perché il discepolo amato non osa entrare prima di
Pietro?
‑ Perché il loro sguardo cade sulle bende trovate li
in disparte e sul sudario ripiegato Vogliono forse alludere a
qualcosa questi particolari?
‑ Come mai di Pietro, l'evangelista riferisce solo quello
che vede, mentre dell'altro discepolo dice: «vide e
credette»? Ma chi o cosa vide? Perché l'oggetto del
vedere non è riferito?
Questa scena così semplice è ricchissima di
significato, anche se per ora resta enigmatica. L'evangelista, in
maniera molto delicata, fa notare come questi due discepoli che
nutrono l'uno per l'altro un rispetto profondo al punto che uno
lascia il posto all'altro, reagiscano in modo diverso davanti ai
segni che notano nel sepolcro.
‑ Il discepolo amato, che guarda molto attentamente le
bende e il sudario ripiegato in disparte, intuisce che deve
essere successo qualcosa. Come mai le bende
(othónia) che erano le fasce con le quali era stato
avvolto il corpo di Gesù per la sepoltura, sono rimaste
lì? E come mai il sudario (sudárion), che
era un velo che avvolgeva il volto del defunto, si trova
ripiegato in un luogo in disparte? Cosa significano questi
particolari per il discepolo?
L'evangelista riferendoci queste parole: «vide e
credette» dà la risposta. Il verbo
«vedere», (oraô) unito al verbo
«credere» (pisteuô), non indica
più solo il vedere attento dello sguardo indicato prima,
ma il vedere profondo, mosso dalla fede. Il discepolo amato
è capace di leggere nelle bende e nel sudario lasciati nel
sepolcro vuoto un segno, una traccia... Comprende che il corpo di
Gesù non è stato trafugato e coglie in
quell'assenza il mistero di una Presenza. Egli sente,
così, nascere nel cuore, a motivo del suo legame profondo
con Gesù, l'intuizione della risurrezione. Ma questa
intuizione è ancora incerta, questa fede è ancora
iniziale, imperfetta e perciò è tenuta segreta. Non
osa dire nulla, non profferisce neppure una mezza frase per
consolare Maria!
‑ Pietro invece è chiuso in un silenzio pieno di
timore e meraviglia (cfr. Luca 24, 21): osserva con molta
attenzione (theoreô) ma non comprende. Si trova
davanti ad un enigma e tace.
Infatti l’evangelista avvisa il lettore sulla loro
difficoltà a credere alla Pasqua di Gesù:
«Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli
doveva risuscitare dai morti» (v. 9).
Il loro ritorno a casa (v. 10) dice la loro incertezza, il loro
dubbio. I discepoli sono incapaci di sostenere l'urto del mistero
pasquale. Non si è ancora arrivati ad una presa di
coscienza gioiosa della risurrezione di Gesù che porta con
sé il desiderio forte di comunicarlo agli altri.
Davanti al segno del sepolcro vuoto vediamo come la ricerca
è oscura per tutti i nostri personaggi e diversa nello
stesso tempo, come sono diversi i loro temperamenti:
‑ c'è la ricerca piena di affetto ma anche di
disperazione di Maria
‑ c'è l'intuizione segreta del discepolo amato
‑ c'è la lentezza solida e prudente di Pietro.
I due discepoli se ne vanno. Maria rimane davanti al sepolcro a
piangere, con nel cuore la sua ricerca ostinata. Incomincia la
seconda scena, che condurrà all'incontro e al
riconoscimento del Risorto.
Alla ricerca dell'Amato (vv.11‑18)
Maria rimane all'esterno del sepolcro a piangere.
Fermiamoci a considerare il pianto di questa donna. Chi cerca
Maria? Perché non torna a casa con gli altri? A cosa
assomiglia la sua ricerca intensissima, tenace?
Notiamo prima di tutto che la sua ricerca di Gesù
avviene:
‑ con il cuore ferito e addolorato. E’ fatta
in un momento in cui i propri affetti e sentimenti sono feriti.
E’ una ricerca fatta nel pianto. Cosa vuol dire piangere?
Piangere è scoprire la propria impotenza. E’
l'espressione della massima debolezza. Quando uno non ha
più risorse, non sa più cosa fare
«piange». Si piange perché non si riesce
più ad incontrare il Signore come e dove si vorrebbe. Si
piange per la delusione. La percezione di questa distanza da lui,
è ciò che permette di ricercare Dio in modo
più autentico e vero.
‑ in completa solitudine. I discepoli se ne vanno.
Anche il discepolo amato, non la conforta, non le dice che forse
non è come lei pensa, che forse il corpo di Gesù
non è stato trafugato. Non le ricorda le parole di addio
con le quali Gesù aveva preparato i suoi discepoli a
questo evento... La sua ricerca è fatta in straordinaria
solitudine...
Ci sono tempi, nella nostra vita spirituale, in cui la nostra
ricerca del Signore avviene con l'aiuto e il conforto di altri e
ci sono tempi in cui è necessario cercare da soli... San
Giovanni della Croce parla della «notte spirituale»
dove il cuore è nudo, dove non c’è nessuno
che possa confortare. La solitudine permette di accedere alla
profondità di noi stessi e di far leva sui sentimenti
più veri, di raggiungere la profondità del cuore,
fa sentire ciò che manca, smuove gli affetti e mette in
ricerca...
‑ è una ricerca carica di affetto. L'affetto
per quel Gesù conosciuto ed incontrato le cui parole e
gesti sono per lei indimenticabili... Si porta dentro il ricordo
di un amore lontano, che però è stato deluso,
interrotto, la cui assenza dice che non potrà più
ritornare. Qualcuno che è stato sottratto e che non
tornerà più nella forma dell'aspettativa
precedente.
Si potesse almeno piangere davanti a un sepolcro pieno!
Nella vicenda spirituale accade che ci affezioniamo e ci
attacchiamo all'esperienza gioiosa con il Signore sperimentata
nel passato; invece il cammino spirituale esige un distacco anche
da questo tipo di gioia, non perché il Signore sia geloso
della gioia, ma perché l'amore vero è un amore che
sa andare oltre. L'amore diventa vero quando si ama anche
nell'assenza dello Sposo.
Come mai Maria è capace di cercare con tanta
intensità?
Giovanni fa capire che Maria al sepolcro non arriva certo per
caso. Ella ha la capacità di «stare» davanti
al sepolcro con tale ostinata ricerca, perché ha avuto la
forza di «stare» sotto la croce, in silenzio, con le
altre donne e il discepolo amato:
‑ 19,25 «Stavano presso la croce di Gesù sua
madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di
Magdala;
‑ 20, 11 «Stava davanti al sepolcro».
Il verbo «stare» (heistékei) che
ricorre in ambedue i passi ha un forte spessore teologico.
Esprime, per il quarto evangelista, la contemplazione e l'amore
per il crocifisso. E stato questo stare li, che ha prodotto in
lei una fedeltà che regge anche quando sembra che non
serva più a niente. Maria di Magdala è figura della
contemplazione gratuita e amorosa.
Quando non siamo più in grado di fare niente, e rimaniamo
a contemplare il crocifisso è il momento della massima
fecondità, è il momento in cui si vede se amiamo
veramente il Signore per se stesso e non per altro.
La sua ricerca carica di affetto e di dolore richiama la sposa
del Cantico dei Cantici che piange disperatamente
finché non ritrova l'amato del suo cuore: come nel
Cantico la sposa ritrova lo sposo, dopo una lunga e
dolorosa ricerca, così in questa situazione che sembra
segnare il massimo dell'afflizione avviene l'incontro.
Il nostro testo ricalca le parole del Cantico (3,
1‑4).
«sul mio letto lungo la notte, ho cercato
l'amato del mio cuore, l'ho cercato ma non l'ho trovato...
Mi alzerò... voglio cercare l'amato del mio cuore.
L’ho cercato ma non l'ho trovato...
Mi hanno incontrato le guardie che fanno la ronda: "Avete visto
l'amato del mio cuore?".
Da poco le avevo oltrepassate, quando trovai l'amato del mio
cuore».
L'incontro e l'abbraccio
La prima persona alla quale il Signore si mostra vivo è
proprio lei, Maria. La dinamica dell'incontro è
così descritta ai vv. 11‑17.
Maria si sporge all'interno del sepolcro e guarda quasi senza
rendersi conto i due angeli vestiti di bianco che vegliano,
seduti ai piedi e alla testa di un corpo assente. Presa tutta
dalla sua pena non coglie nella loro presenza un segno di
trascendenza. Risponde alla loro domanda ‑ «donna
perché piangi?» ‑ ripetendo il solito
ritornello, che ormai occupa tutta la sua mente: «hanno
portato via il mio Signore e non so dove lo hanno
posto».
Le loro parole destinate a dissipare lo sconforto non sono
raccolte. Non riesce neppure a riconoscere il Signore che le
parla, subito dopo, rivolgendole la medesima domanda:
«donna perché piangi?» e poi «chi
cerchi?».
La questione così ripetuta: «donna perché
piangi», posta dagli angeli, poi ripresa da colui che lei
scambia per un giardiniere, non è forse una dolce
contestazione della sua tristezza? Davvero c'è un motivo
per piangere?
Le prime parole pronunciate dal Signore risorto, dal Verbo
incarnato sono molto consolanti: perché piangi? Chi
cerchi? Siamo sempre nella linea del Cantico dei Cantici,
siamo di fronte ad un linguaggio sponsale, ma che rimanda anche
alla domanda rivolta da Gesù all'inizio del vangelo ai
suoi discepoli : «Chi cercate?». Essi avevano
domandato «Rabbi dove abiti?» (1, 38)...
E’ una domanda che intende risvegliare una vita spirituale
che pensa, che si interroga.
«Questa domanda non riguarda solo il
nostro personaggio, ma lo stesso lettore, invitato a interpretare
il proprio rapporto con Gesù non in termini di scontato e
abitudinario possesso, ma come sequela entro cui investire e
trasformare le proprie reali aspettative» (R.Vignolo).
Maria è talmente presa dalla sua ricerca del
«corpo» di Gesù che ripete anche a lui, che si
fa a lei vicino, la stessa frase, già detta
precedentemente ai discepoli: «Signore se lo hai portato
via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a
prenderlo».
Maria cerca il corpo morto di colui che lei chiama il «mio
Signore», colui al quale era tanto affezionata, colui che,
(lo dicono le sue parole), sembra appartenere a lei sola. Non
riconosce chi è colui che le rivolge la parola,
perché la sua ricerca va in una direzione che deve essere
corretta. La sua esperienza religiosa è ancora ripiegata
su di sé. Cerca il Gesù conosciuto in passato, non
è capace di orientare la sua ricerca a un livello
più alto e di aprirsi, nella fede, alla
novità assoluta di Dio. Non cerca il Signore vivente e
imprevedibile nel suo manifestarsi e rivelarsi....
Ma la sua incapacità a cogliere ciò che sta
accadendo, è dovuta anche al fatto che il mistero del
crocefisso risorto oltrepassa ogni ipotizzabile capacità
di comprendere.
In tutti i racconti di apparizione gli evangelisti testimoniano
la non immediatezza del riconoscimento (cfr. Giovanni 21;
Luca 24)questo per sottolineare l'alterità del
Risorto: colui che si rende presente è
«inaccessibile» all'uomo e perciò occorre che
lui stesso si riveli.
Ciò che sfugge alla donna prigioniera del suo lutto,
è percepito dal narratore: la presenza degli angeli che
vegliano nel posto esatto in cui era deposto il corpo
«santo», ricordano la presenza dei cherubini rivolti
l'uno verso l’altro, da un lato e dall'altro dell'Arca
dell'Alleanza, dove Dio parlava al suo popolo (Esodo
25,17‑22; 1 Re 6,23‑28 ). Essi sono dunque un
segno della «santità» di colui che era
lì deposto.
Alla donna desolata, Gesù si rivolge una seconda volta,
chiamandola con il proprio nome: «Maria! ».
Al sentirsi chiamata per nome ella è bruscamente riportata
alla realtà. Basta il suo nome, pronunciato da
Gesù, perché avvenga il riconoscimento! Con il
grido: «Rabbunì! Maestro!» Maria esprime tutta
l'emozione per la presenza ritrovata.
Si realizzano le parole che Gesù aveva detto nella
parabola del buon pastore (Giovanni 10, 14; 10,3):
«Io sono il buon pastore, conosco le mie
pecore e le mie pecore conoscono me»...
«Le pecore ascoltano la sua voce: egli le chiama una per
una...».
Il narratore sospende ogni commento, puntando tutta
l'attenzione sull'incontro!
La fede pasquale si accende nel cuore di Maria, quando
Gesù le parla. La fede nasce quando si fa l'esperienza di
essere da lui cercati, amati e conosciuti intimamente. La fede
è un appartenere al Signore, un essere posseduti da
lui.
E’ la parola del risorto e non tanto la visione che fa
nascere in maniera più profonda la fede, che qui si
esprime nel grido «maestro!» e nell'abbraccio.
Maria per un istante sperimenta una gioia intensa, quella che
Gesù stesso ha promesso ai suoi discepoli quando aveva
detto: «la vostra afflizione si cambierà in
gioia», «vi vedrò di nuovo e il vostro cuore
si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra
gioia» ( Giovanni 16,20.22).
La testimonianza e la missione
Le parole del risorto indicano a Maria come occorre orientare la
ricerca:
«Non mi trattenere, perché non sono
ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: io
salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro»
(v. 17).
Il luogo dove il Signore va cercato non è un
sepolcro vuoto, un luogo in cui si piange! Pur rischiarato
dall'incontro con il risorto e dall'annuncio pasquale il sepolcro
è ormai diventato un luogo del tutto inadeguato da
lasciarsi definitivamente alle spalle senza pentimenti. Neppure
Maria deve cercarlo restando attaccata a quell'abbraccio!
Questo non significa che la fede deve fare a meno dei sentimenti.
La fede matura coinvolge tutte le forze affettive ed emotive
più profonde del nostro essere. Occorre liberarsi dal
voler possedere il proprio oggetto di fede. Non possiamo disporre
dei Risorto! Si può solo da lui essere posseduti!
Il luogo dove il Signore va cercato è la casa del Padre:
«Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio
vostro». E’ questo il luogo dove il Signore
abita!
Entrare nel mistero della sua resurrezione vuol dire comprendere
che lui è vivo e ci introduce nella comunione che esiste
tra lui e il Padre: «Dio mio e Dio vostro». E’
suggellata ormai l'alleanza definitiva tra Dio e l'uomo che non
potrà più essere infranta. In questa
intimità, che è l'essere partecipi della vita
trinitaria, tutti ora possono entrare. Questo è il cammino
che bisogna percorrere.
Gesù comanda a Maria: «va' dai miei fratelli e di'
loro ... ». Maria viene invitata ad annunciare ai fratelli
la gioia dell'incontro, a non tenerla solo per sé.
Il segno di una fede matura, di un reale incontro con il Signore
risorto e vivo è l'annuncio agli altri, è l'ansia
missionaria. La ricerca non sbocca in un incontro intimistico ma
in una missione e una testimonianza! Non si comunica solo un
incontro che ha suscitato entusiasmo ed emozione! C'è
molto di più! E’ la testimonianza appassionata di
chi incomincia a cogliere il mistero di Gesù che è
stato rivelato nella Pasqua. C'è una nuova coscienza,
maturità, consapevolezza, intelligenza, del mistero del
crocifisso risorto. All'entusiasmo si sostituisce la
contemplazione, il fascino, la gratitudine per quanto si comincia
ad intuire, perché si è trovato molto di più
di quanto si cercava…
Questo annuncerà Maria ai discepoli quando dirà
loro, piena di gioia e di commozione: «Ho visto il
Signore».
Note
1
‑ Sono debitrice per queste riflessioni a R. VIGNOLO, Le donne
della Pasqua, «Parole di vita» 5 (1994), pp.
22‑29.
2
‑ In Marco 16,1 troviamo citate: Maria di Màgdala, Maria
di Giacomo e Salome; Matteo 28,1 si limita alle prime due; Luca
24,10 inserisce tra queste due Giovanna e più
genericamente «altre con loro».
3
‑ Questo titolo è stato attribuito a Maria di Magdala da
tutta la tradizione patristica.
Bibliografia
VIGNOLO R., Le donne della Pasqua,
«Parole di Vita», 5 (1994), pp. 22‑29
DUFOUR X.L., Lecture de l'Evangile selon Jean, Tome IV,
Edition du Seuil, 1996, pp. 200‑227.

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