PELLEGRINI CON TAIZÉ: VIAGGIO DI FEDE

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Il Pellegrinaggio di fiducia sulla terra di Taizé è indubbiamente segno di fiducia, ma resta un pellegrinaggio, nel senso antico del termine: penitenza e rigenerazione. Quando i giovani del Suffragio, giusto sbarcati dal pullman nel cuore di Parigi dopo tredici ore di viaggio hanno svoltato l'angolo di Rue Assas carichi di bagagli e aspettative, hanno compreso sulla loro pelle il pieno significato del viaggio: penitenza e rigenerazione. Tutta la via era stracolma di centinaia di giovani come loro stracarichi e vocianti in attesa di destinazione. Niente reception, niente aperitivo, niente doccia: attesa snervante. Una metafora dell'esistenza del credente, attesa, penitenza, deserto e... terra promessa.
Quello che distingue questi viaggi dagli altri è infatti che avvengono nel segno di Cristo. Il Pellegrinaggio di fiducia di Taizé non è un viaggio d'istruzione né un viaggio culturale. E' un viaggio di fede. Nel senso che di frequente il giovane pellegrino di buona volontà resta deluso nelle sue aspettative "turistiche". Cristo lo ha chiamato a Parigi per altre ragioni. (Vieni, Signore e apri in noi le porte del tuo Regno) recita un canto di Taizé. C'è chi arriva per curiosità, con dubbi ed esitazioni. (Quando siamo nel dubbio ricordiamoci che il dubbio e la fede, come l'ombra e la luce, possono coesistere nella nostra vita.[Frère Roger]). Secondo le proprie possibilità, da questo viaggio si può ricavare dal semplice stupore per le migliaia di coetanei che con tenacia si dirigono due volte al giorno da tutta l'Ile de France verso gli spogli capannoni di Porte de Versailles a pregare (!), fino al raccolto abbondante di luce che emana dai canti, dagli scritti e dalle riflessioni offerte dai monaci di Borgogna.
I frères di Taizé in pratica trasferiscono il loro monastero nel cuore di una città d'Europa. Come sempre esortano alla pazienza e al silenzio interiore. Si giunge alla Fiera frastornati dal "mondo" e l'impatto con la soavità dei canti (Cristo, luce del mondo, chi ti seguirà avrà la luce di vita) e le luci sommesse dei lumini è stridente. Col passare dei minuti... lo Spirito parla al cuore. (Nella comunione con Dio, egli, che resta invisibile, non utilizza necessariamente un linguaggio fatto di parole umane, ci parla soprattutto attraverso intuizioni silenziose).
L'altra esperienza forte del pellegrinaggio é il contatto con la comunità locale. E lì che si coglie la Francia vera, quella che Cristo ci ha preparato. I volti nuovi della paroisse diventano presto familiari, perché condividono la stessa fede. Henri, il tuttofare di mezz'età - Samuel, il soave tastierista egiziano - le efficienti coriste Ula, Karolina e Magda di Varsavia, nonché il sempre disponibile Laurent del "Collectif". Tanti indimenticabili volti di Cristo.
Ma tra i due poli dello spirito, la Porte de Versailles e le parrocchie, c'è la solenne e spensierata capitale di Francia. Agli occhi un po' stupiti dei più giovani si presentano in défilé Notre Dame, la Tour Eiffel, Place des Vosges, il discusso Baubourg, Montmartre, Place de la Concorde e L'Arc de Triomphe. Che avranno pensato gli attoniti parigini al vedere il loro metrò invaso da giovani stranieri chiassosi e festanti... E quel Fratelli d'Italia urlato nella stazione di Montparnasse?
Che la paterna presenza divina ci segua nel dipanarsi delle giornate si coglie a cose fatte: ci si perde nel caos degli spostamenti, la stanchezza e gli imprevisti logorano le relazioni, il fisico lancia segnali di allarme, ma tutto s'aggiusta, lasciandoti stupito.
Ed è nell'azione che scopri i tesori interiori dei tuoi compagni di viaggio. Piccole attenzioni, battute, cordialità e solidarietà concreta. Quanta bella gente nell'oratorio del Suffragio.
Non é una gita. La brava Ula che, pur giovane, dirige magistralmente il nostro coro nella chiesa di Saint Flaive a Ermont ci fa notare convinta: "Remember! You're not merely singing, you're praying!" (Ricordatevi che non state solo cantando, state pregando.)
L'incontro di Parigi é un evento internazionale. I capi delle chiese hanno benedetto i giovani pellegrini.
Il Papa : "Cristo vuole comunicare la sua gioia ai giovani. Questo incontro è un segno di speranza per il mondo.(...) La gioventù ha sete di verità, di felicità, di bellezza e di assoluto."
Il Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli: "Con S. Paolo state sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie". (...) Quando i giovani, nella loro vita, fanno una scelta a favore della pace, portano una speranza che rischiara lontano, sempre più lontano.
Il Patriarca Alessio di Mosca: "Alle sfide dell'odio e della violenza occorre rispondere con lo spirito di dolcezza e di amore, sforzandosi di esortare coloro che sono accecati dalla crudeltà."
Tra i temi che mi parso cogliere quest'anno nella predicazione dei monaci (pressante è la loro insistenza sulla forza amorevole dello Spirito Santo) tre spiccano con evidenza:


il primo - siamo in un momento segnato dalla tenebra, quella del mondo e quella interiore. (Gesù il Cristo, luce interiore, non lasciare che le mie tenebre mi parlino) (Fidatevi di lui, non temete, la pace di Dio custodirà i vostri cuori) (Esiste una speranza per il nostro futuro? Essa è in Dio, che non può che amare e che ci cerca instancabilmente).


Il secondo è che Cristo porta la gioia nel cuore dei giovani. (Dio ci vuole felici. Anche seguire talvolta percorsi oscuri, anziché indebolirci, può costruirci interiormente.) (L'anima che arde d'amore non stanca né si stanca.)


Il terzo è che i giovani non debbono scoraggiarsi per la loro fede incerta ed esitante. (Dio ama sempre per primo. Se anche fossimo senza parole, per pregare una sola può bastare) ( in noi abita una forza interiore ed è la stessa per ciascuno: lo Spirito Santo. Egli mormora ai nostri cuori: La tua poca fede basta) (Anche quando pensiamo di essere soli, lo Spirito Santo è con noi. La sua presenza è invisibile, tuttavia non ci lascia mai.)

Tour Eiffel
E venne il quinto giorno. Save the best for last. Sontuoso repas in famiglia anche per i pellegrini del "collectif". Addio kinderini, salamini inquietanti e scatolette enigmatiche made in Porte de Versailles. Stavolta è tovaglia e bicchieri, fois gras e vin d'Alsace. Si entra nel cuore della Francia. Si chiacchiera in un incerto francese e si fa il bis di coniglio allo zenzero e patate al forno. Anche Gesù gradiva questi fuori programma…
E poi ci si ritrova sul pullman nel colossale parcheggio approntato in Avenue Foch. Addio Ville Lumière. Merci beaucoup.


Marco Pigni

IL BELLO DI TAIZE'

Milano, Varsavia, Barcellona, Budapest. Parigi. È ormai il quinto incontro europeo di Taizé a cui partecipiamo come giovani di Santa Maria del Suffragio, trascorrendo gli ultimi giorni dell'anno nel clima di ospitalità e di condivisione che caratterizza questi incontri internazionali.
Sacro Cuore Ma ci si potrebbe anche chiedere, dopo cinque anni, che cosa si possa trovare, ancora, di veramente nuovo in questa esperienza. Che cosa abbiamo riportato a casa quest'anno? Che cosa si può raccontare a chi è rimasto a Milano?
C'è un rischio sempre presente nelle molteplici attività che svolgiamo, nel ripetersi delle esperienze - per quanto forti - che abbiamo occasione di vivere con l'oratorio, ed è il rischio di rimanerne come "anestetizzati", o più semplicemente di abituarci a ciò che entra nelle nostre routine. E così, per esempio, può essere un gran bene lasciarsi provocare un po' dall'entusiasmo con cui sono partiti gli adolescenti che venivano per la prima volta (immaginando con un certo di ottimismo che questo entusiasmo non fosse banalmente legato alla voglia di andare a Parigi a far capodanno…): dunque, lasciarsi provocare e chiedersi, come dicevamo prima: e io che cosa ho riportato a casa di nuovo?
Due cose, per esempio: innanzitutto dei volti. È vero, la struttura di queste giornate è sempre uguale, ma ciò che cambia ogni anno sono le persone che si incontrano. Persone con cui magari si sono scambiate appena due parole in un linguaggio inesistente - ma efficace - misto di inglese, italiano, francese; oppure persone con cui ci si scambierà ancora per un poco qualche notizia via e-mail, o gli auguri di Pasqua e di Natale. E poi sicuramente, entro qualche anno, più nulla (sarebbe ipocrita credere il contrario), ma fa niente: sono volti in più, persone che ci hanno mostrato, anche se per poco o per un istante appena, che l'ospitalità è ancora qualcosa di sacro; che la fiducia esiste; che il "viaggio" non c'entra nulla col "turismo"; e che le barriere culturali si possono superare con poco sforzo e tanta gioia.
Notre Dame
E un'altra cosa, a proposito di barriere: di solito quando preghi, preghi Dio e non ci pensi molto, ma il bello di Taizé è che come te, insieme a te, con le stesse tue parole e note, stanno pregando giovani di altre confessioni cristiane. Anche a questo particolare, grandioso e fino a qualche decennio fa forse impensabile, rischiamo già di abituarci. Se non fosse che a volte interviene un piccolo fatto, a richiamarcelo alla mente: come per esempio quel simpaticissimo sacerdote ortodosso romeno, che alla messa (cattolica) di capodanno sale sull'altare coi suoi paramenti e segue la celebrazione, col suo segno di croce "all'incontrario", col suo stare un po' in disparte, è ovvio, ma insieme.
Un piccolo segno, ma molto significativo, a pensarci.
È il bello di Taizé; il bello della nostra fede, a dire il vero: basta lasciarsi sorprendere, e mai nulla è scontato, mai nulla è banale.

Luca D.
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