MIRKO BELLORA

L'EREMO E LA STRADA


IL CORVO DI ELIA
(Dall’informatore parrocchiale - settembre 2002)

Il tema della preghiera ci accompagnerà e ci “inquieterà” in questo anno pastorale: è stato scelto come tema prioritario dalla nostra Diocesi, in attesa del programma pastorale del nostro nuovo card. Dionigi Tettamanzi.

Un giovane monaco chiese a un padre del deserto: “Abba, dimmi qual è l’opera più difficile del monaco” e l’altro rispose: “Dimmi tu quale pensi che sia”. Il giovane monaco disse: “Forse la vita comune”, ma l’abba rispose: “No, no, figliolo prima o poi gli uomini, per cattivi che siano, a forza di stare insieme, si vogliono bene”. Il giovane monaco riprese: “Forse la castità?” “No, figliolo, tu senti la castità come un problema grosso perché hai vent’anni, ma aspetta ancora qualche anno e tutto declinerà, tutto si acquieterà”. “Forse la teologia, studiare Dio, parlare di Dio?”. “No, figliolo, guardati intorno: quanti ecclesiastici parlano di Dio dalla mattina alla sera! E’ tanto facile parlare di Dio!”. “A questo punto dimmelo tu, abba, qual è l’opera più difficile del monaco!”. Gli rispose: “E’ pregare, pregare dando del tu a Dio, dirgli Padre”.

La preghiera: stare con il Signore a tu per tu, in silenzio, in ascolto, in amore.
La preghiera: anima segreta, pozzo inesauribile della vita cristiana.
La preghiera: gesto e scelta che scolpisce il volto e il cuore del cristiano.
La preghiera: pellegrinaggio quotidiano incontro al mistero di Dio.
La preghiera non ha giustificazioni, come non ne ha l’amore ... ha una sola ragione: la certezza di essere amati da un Dio che ci cerca, ci insegue, “ci fa la corte”.
La preghiera, come l’amore, è estasi e tormento, gratuità, fedeltà, creatività, ricerca, scoperta, desiderio, passione.
Ma è anche “opera difficile”, impegno, nascondimento, svelamento, nella nudità del proprio essere.
Come non si finisce di imparare ad amare, così non si finisce di imparare a pregare. Si rimane sempre alunni, discepoli, in povertà e in umiltà.
Discepoli: cercheremo di essere così in questo nuovo anno pastorale, per imparare a “Stare con il Signore”.
Discepoli che hanno il coraggio di desiderare, cercare, trovare del tempo per starsene un po’ in disparte. Non ritagli di tempo, ma un tempo dedicato, nuovo, fresco, come quello degli innamorati.

La parola di Dio fu rivolta ad Elia: “Parti di qui, va verso oriente e sta in disparte presso il torrente Charit. Tu berrai dal torrente e io stesso ho disposto che il corvo ti procuri il cibo!”. Elia partì e fece secondo le parole di Dio. Andò presso il torrente e un corvo gli portava pane al mattino e carne alla sera. Egli poi beveva dal torrente. (1Re 17)

Stare un po’ in disparte ... come faceva Gesù, sempre “assediato” da tanta gente, quando teneva sempre una barca pronta per passare all’altra riva, quando saliva sul monte solo a pregare ... E’ stata la sua forza, il suo segreto.
Stare un po’ in disparte, fare un po’ di deserto nella città, nel proprio cuore per ascoltare il Vangelo con cuore di bambino, per imparare a guardare con occhi di gufo, a volare su ali d’aquila.

Lo scopo che si intende raggiungere non è solo un recupero della preghiera, quasi un banale richiamo a tornare a pregare, ma quello di offrire un insieme organico di proposte che aiutino le comunità e i singoli a porsi davanti al Signore, a stare con Lui, per essere da Lui inviati. In questo senso parliamo di pastorale della preghiera, intendendo con questo termine una proposta organica che abbraccia alcune mete precise, gli itinerari per raggiungere tali mete e anche gli strumenti operativi essenziali. (Arcidiocesi di Milano, Stare con il Signore, Lavorare insieme, Strumento di lavoro per l’anno pastorale 2002-2003)

Un anno per imparare a pregare: un grande dono, una grande chance. Ne vale la pena … e nessuno di noi dica: mi manca il tempo… Forse ci manca l’amore.

Se nella vostra vita avete pregato una volta, una sola volta; se nel profondo del vostro cuore avete pianto una volta, una sola volta; se nella vostra vita avete implorato o gioito una volta, una sola volta, allora, pur senza saperlo, vi siete imbarcati nella preghiera.
Colui che riesce a pregare un minuto della sua vita è ormai preso in un ingranaggio che lo porta a pregare sempre. Egli ha pregato, come è stato capace, ma ha pregato. Un giorno pregherà in modo tale che crolleranno le mura di Gerico.
Ma per pregare sempre, bisogna pregare un minuto. Male, magari, ma pregare. Allora il primo abbozzo di preghiera ci porta a pregare sempre più, sino a quell’unica preghiera che ci farà entrare in cielo. (Bernard Bro, La macina e la cetra, LDC, 1985)

*****

SCOLPITI DALLA PREGHIERA
(Dall’informatore parrocchiale - ottobre 2002)

Una decina d’anni fa, quando ero parroco a San Giuseppe in Monza, avevo scritto questo testo sulla preghiera per la catechesi con gli adulti. Lo propongo anche a voi. Eccone la prima parte.

La storia di un girasole

C’era una volta in un giardino un girasole che, secondo una vecchia abitudine, dalla mattina alla sera girava la sua grande faccia guardando e seguendo il sole nel suo cammino.
Gli altri fiori del giardino, che pure erano belli e profumati, si rassegnarono ad avere vicino quella pertica che pareva volesse dare la scalata al cielo, ma non gli perdonavano quella sua fissazione di non voler staccare la faccia dal sole.
Un giorno un garofano rosso si fece coraggio e gli chiese: “Perché guardi sempre verso l’alto? Forse noi ti diamo fastidio?”.
E i girasole a lui: “Oh, no! Io sono felice di essere vicino a te e a tutti questi bei fiori, mi piace il vostro profumo e la vostra compagnia, ma non posso staccare gli occhi dal sole: ne sono innamorato! Tu sai cosa vuol dire essere innamorato? Io seguo il sole nel suo cammino, mi lascio scaldare e illuminare da lui, di notte non dormo perché penso a lui, vorrei alzarmi ancora di più per potergli correre dietro … io lo amo tanto e mi lascio amare da lui …!”.
Da quel momento tutti i fiori del giardino, che oramai avevano capito, presero a chiamare il girasole così: “l’innamorato del sole”.

Così è il cristiano quando ha capito che il “sole” della sua vita è il Dio di Gesù Cristo.

Preghiera: momento necessario della vita cristiana

“Essere cristiano e pregare sono la stessa cosa”.
Queste parole sono state pronunciate da uno dei più grandi teologi moderni, Karl Barth. E la ragione è molto semplice: il cristiano non si fa senza la preghiera, perché il cristiano non sta in piedi senza la preghiera: la preghiera è la forza che lo tiene su, è la forza di Cristo, che lo fa essere di Cristo.
La preghiera cristiana ha un solo fondamento, una sola ragione: la certezza di parlare a Qualcuno che ci cerca, ci ama, ci “fa la corte”, ci ascolta: il Dio di Gesù Cristo.
Ma non occorre mai dimenticare che parlare della preghiera cristiana è anzitutto parlare del cristiano, della vita cristiana, perché la preghiera è solo un momento, anche se un momento necessario della vita cristiana.

E’ un momento perché il culto che vuole Dio è la nostra vita, il nostro cuore. Ce lo insegna chiaramente S.Paolo: “Vi esorto dunque fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio: questo è il vostro culto spirituale”. (Rm 12,1). Proprio per questo per un cristiano non si può dare opposizione fra culto e vita.

Spesso ci lamentiamo che Dio è assente nei pochi minuti che ogni giorno gli riserviamo quando preghiamo ma, che ne è delle altre ventitre ore e mezzo durante le quali Dio bussa alla nostra porta e noi gli rispondiamo: non posso, sono occupato, mi spiace? (A. Bloom)

E’ un momento necessario: per dire questa necessità qualcuno ha felicemente detto che la preghiera è il respiro dell’anima, è il termometro della fede di un cristiano: il grado della nostra preghiera è il grado della nostra fede, la forza della nostra preghiera è la forza della nostra speranza, il calore della nostra preghiera è il calore della nostra carità.

San Francesco di Sales era solito dire, in modo paradossale ma indicativo e pungente: “Bisogna pregare almeno mezz’ora al giorno, tranne quando si è molto impegnati: allora bisogna pregare un’ora” …
Sentite poi cosa rispondeva Federico Ozanam, il fondatore della San Vincenzo, a chi gli chiedeva: “Perché ogni mattina perdi tempo a Messa?” “Perché altrimenti perderei la giornata!”

A chi ci ama e si ama si dà tempo: così deve essere con Dio.
La preghiera, quando la religione è un amore, non è più un “dovere”, ma un’esigenza che chiede tempo, fedeltà, fantasia, stupore, riti … come l’amore …
E allora non diciamo: “mi manca tempo”, diciamo piuttosto: “mi manca l’amore” …
Può darsi che qualche volta ci capiti di non avere “voglia” di pregare: in questi momenti Dio ci chiede soltanto di lasciarci amare, di rimanere ugualmente fedeli, in silenzio, davanti all’Eucarestia o davanti a un Crocefisso certi che … certi fiori possono nascere anche nella spaccatura delle rocce o nell’aridità del deserto …
Anche quando la speranza sembra sparire la preghiera è indispensabile.
Ecco quello che ci dice Gandhi:
“La preghiera mi ha salvato la vita. Senza di essa sarei pazzo da molto tempo. Ho avuto la mia porzione delle più amare esperienze pubbliche e private, che mi gettarono in una temporanea disperazione. Se riuscii a liberarmi da questa disperazione fu grazie alla preghiera”.

Entrare nella preghiera da poveri

Bisogna entrare nella preghiera da “poveri”, cioè da persone che si riconoscono incapaci di pregare. Ogni giorno dobbiamo “mormorare”, come gli apostoli, “Signore, insegnaci a pregare!”, insegnaci a dare del Tu a Tuo Padre, a vedere in ogni uomo un fratello. Ed è alla scuola di Gesù che impareremo …
Impareremo innanzitutto a fare silenzio: il primo gradino per entrare concentrati nella preghiera.
Impareremo a riconoscere che la soluzione del mistero della vita è fuori e non dentro di noi, è in Dio.
Impareremo a pregare, prima che con le nostre parole, con la Bibbia e in particolare con i Salmi.
Impareremo a vivere la preghiera come l’accogliere una Presenza: il Dio di Gesù Cristo, lo Spirito Santo.
E’ questo un atteggiamento che trovo ben espresso nella vocazione del profeta Samuele quando a Dio risponde: Parla o Signore che il tuo servo ti ascolta!.
Parole così diverse da quelle che noi solitamente pronunciamo: Ascolta o Signore che il tuo servo parla!
Troppo spesso tanti di noi vivono la preghiera come “qualcosa da dire o da dare a Dio” ed è questo forse il motivo per cui tante volte preghiamo male: al centro della nostra preghiera ci siamo noi mentre il vero protagonista, Dio, è assente.
Per pregare in modo più vero e profondo occorre ridare spazio a questa dimensione dell’ascolto, dell’accoglienza, del ricevere; bisogna riscoprire il ruolo dello Spirito Santo nella vita cristiana e nella preghiera.
La nostra preghiera diventerà allora canto, ringraziamento, lode, gioia, qualche volta grido, qualche volta pianto. Sarà il nostro pellegrinaggio quotidiano alle soglie del mistero.
E alla scuola di Gesù impareremo che pregare è “lottare” con Dio, è convertirsi, è affidarsi, è consegnarsi fiduciosi nelle Sue mani dicendo: “Signore, sia fatta la tua volontà!”…

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PRESENTI A DIO PRESENTI ALL’UOMO
(Dall’informatore parrocchiale - novembre 2002)

Ecco la seconda parte del testo che una decina d’ anni fa, quando ero parroco a San Giuseppe in Monza, avevo scritto sulla preghiera per la catechesi con gli adulti.
A ottobre un girasole, un “innamorato” del sole, ha ispirato’ la mia riflessione sulla preghiera come momento necessario della vita del cristiano.
Adesso ci lasciamo guidare da una ragazza muta ...

Un gruppo di contadini è costretto ad assistere ai preparativi di un assalto notturno del vicino paese addormentato. Terrorizzata dai soldati, la gente si arrende alla sorte; un ragazzo si mostra addirittura disposto ad indicare la strada agli assalitori.
Tutti sono in pena per il paeminacciato, ma la conclusione cui giungono è sempre la stessa. “Non possiamo fare nulla ... Non ci rimane che pregare!”.
E così, mentre tutti si raccolgono in preghiera, improvvisamente si alza Kattrin, una ragazza muta: prende un tamburo, si arrampica sul tetto di una stalla e percuote lo strumento come un’ossessa, fino a svegliare gli abitanti del paese. Kattrin viene uccisa ma il paese, messo in allarme, è in salvo. (da “Madre Courage e i suoi figli”
di Bertold Brecht)

...preghiera come fuga dalla storia e dalle proprie responsabilità, come alibi per la nostra inattività, come rassegnazione: ecco l’incisiva critica di Brecht, una critica spesso motivata dalla vita di molti cristiani. Ma ha davvero ragione Brecht quando vuole concludere che pregare è inutile e che è più importante agire’? La questione non è di poco conto.
Il cristiano trova la risposta guardando al Maestro, Gesù di Nazareth, e al suo Vangelo.

E’ nel Vangelo che troviamo Gesù sempre “assediato” da tanta gente da ascoltare, da aiutare, da guarire; ed è nel Vangelo che troviamo Gesù assiduamente impegnato a cercare momenti di solitudine per incontrarsi con suo Padre che lui chiama confidenzialmente e teneramente “Abbà”... papà...
Nelle pagine evangeliche scopriamo quindi che Gesù sa mettere meravigliosamente insieme azione e contemplazione: proprio perché è sempre vicino al Padre può essere vicino a tutti; scopriamo che Gesù è capace di farsi servo di tutti perché prima e sempre è servo di Dio...: questo è il segreto di Gesù, questo deve essere il segreto di ogni cristiano ...
Un segreto ben evidenziato dalla vicenda spirituale di Silvano del Monte Athos, un mistico dell’ottocento: “Gli uomini credono che prima occorra amare gli uomini e poi amare Dio. Anch’io ho fatto così, ma mi sono accorto che non serviva a nulla. Quando invece ho cominciato ad amare Dio prima di tutto, in questo amore a Dio ho ritrovato il mio prossimo”.

Dopo il Natale di Gesù, cioè dopo che Dio, nella vicenda di Gesù, ci ha rivelato il suo amore per tutti, non si può più andare a Dio saltando il prossimo.
Ce lo insegna ancora una volta il Cardinale Carlo Maria Martini che concludeva il Convegno Diocesano “Farsi prossimo” così: “Essere cristiani non è caratterizzato dall’andare a Messa alla domenica, ma dal vivere per gli altri, fondato sul fatto che si va a Messa alla domenica”.

L’ha capito bene anche questa donna di cui ci racconta Carlo Carretto:

Una donna francese venuta per un ritiro spirituale passa accanto a una tenda dei tuareg. Si ferma, conversa e si accorge che una ragazza, esile come una canna, trema per il freddo. E’ strano, ma è così: nel deserto fa freddo nelle albe senza sole.
“Perché non ti copri?” le chiese. “Perché non ho nulla da coprirmi!” rispose la fanciulla tuareg.
La donna, senza aver affrontato il problema, se ne va a ... pregare ... Entra nell’eremitaggio dove c’è il Sacramento esposto. Si prostra nella sabbia davanti al Gesù presente nell’Eucarestia... Cerca il contatto con l’Eterno ... Cerca di pregare, ma ... non ci riesce.
“Non riuscivo ad andare avanti” - confesserà - “Non riuscivo a pregare. Sono dovuta uscire, ritornare alla tenda e dare a quella fanciulla una delle mie maglie. Poi sono tornata e allora sono riuscita a pregare”.

L’amore di Dio, rivelatosi nel Natale e nella Pasqua di Gesù, incalza, non lascia riposo ... perché trascina sempre con sé la storia, gli uomini ...
Quando un cristiano prega sul serio, il Dio di Gesù lo ributta immediatamente tra gli altri.
Pregare allora è essere presenti a Dio e all’uomo, è mettere insieme l’eremo e la strada, certi che dove un uomo prega qualcosa nasce e fiorisce sempre.

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LA MACINA E LA CETRA
(Dall’informatore parrocchiale - marzo 2003)

Veit Bach, un fornaio residente in Ungheria, fu costretto ad abbandonare il paese per salvaguardare la propria fede. Si stabilì a Wechmar dove riprese a esercitare il suo mestiere. Era affezionato a una piccola cetra che portava con sé al mulino per suonare, mentre la macina era in movimento. Concerto meraviglioso! In tal modo imparò ad andare a tempo. Così, più o meno, è cominciata la musica nella famiglia Bach".
In questo modo, quasi scherzoso, Johann Sebastian Bach inizia un suo scritto sulle origini della famiglia musicale Bach.
La macina la conosciamo anche troppo. E non è difficile richiamarla alla memoria: la macina del lavoro quotidiano, la macina delle preoccupazioni, la macina dell'angoscia, la macina dei vicini, la macina degli altri, la macina dell'usura, la macina della notte, la macina della farina e del pane, la macina che tritura, ma che deve triturare affinché il tegumento del grano, la crusca e la farina possano essere separati, offerti, consumati.
E la cetra? La cetra del canto, la cetra della musica e del sogno, della melodia, della nostalgia, dell'utopia ... la cetra del desiderio.
Sono necessarie entrambe: la macina senza la cetra è qualcosa di troppo pesante. La cetra senza la macina è qualcosa di troppo leggero.
La macina e la cetra ...
Nella vita di un uomo forse sono possibili soltanto due cetre : il culto di sé o la preghiera. ...
Nel suo mulino Bach girava la macina, il cui ritmo instancabile scandiva l'incarnazione del lavoro quotidiano e del pane di ogni giorno. Ma aveva con sé la sua cetra. Questa cetra gli era necessaria per ripetersi che la lotta di ogni giorno, che l'incarnazione non avrebbero alcun senso se non produ-cessero una melodia: la melodia dell'anima che prega, che loda, che adora.
Non ci è possibile fare a meno della macina: tutti sappiamo benissimo che è sempre presente. Nessuno vi sfugge. Ma disgraziato colui che credesse di poter fare a meno della cetra.
Questo è l'inizio di ogni cosa: la macina e la cetra.
(Bernard Bro, La macina e la cetra, LDC, 1985)

La macina e la cetra: titolo del nostro prossimo Quaresimale. La macina e la cetra per arrivare al centro, al cuore della vita, dell’esperienza cristiana, là dove preghiera e lavoro, amore e paura, gioia e dolore, forza e debolezza, si intrecciano, si intersecano. Là dove Dio e l’uomo si incontrano, ora in un abbraccio, ora in una lotta corpo a corpo.
Spero che ciascuno di voi in questo quaresimale scopra ancora più intensamente la melodia della cetra, della preghiera. Una melodia che saprà farci vivere a mani aperte, a testa alta, col cuore guarito, a passo di danza ... una danza che ha come protagonisti Dio, noi, gli altri.
Una melodia appartenuta prima di ogni altro a Gesù di Nazaret: a Lui occorre guardare, da Lui occorre imparare. A pregare, a chiamare Dio Abbà, ad amare, a servire, a perdonare, a vivere, a morire. A mettere meravigliosamente insieme silenzio e parola, preghiera e azione, lotta e contemplazione.
Il cristiano prega perché Gesù pregava. Era il suo segreto. E il segreto di tanti che nella storia hanno fatto grandi cose.

Un abbraccio

Il primo momento della preghiera non è il nostro parlare, ma un abbraccio. Perché credere è innanzitutto una relazione.

“Che cosa è Dio?”, domanda il bambino. La zia lo stringe tra le braccia e gli chiede: “Che cosa provi?” “Ti voglio bene”, risponde il bambino. “Ecco, Dio è questo!” (dal film “Decalogo 1” di Kieslowski)

Siccome le avevo chiesto se qualche volta dimenticava la presenza di Dio, mi rispose con molta semplicità: “Oh! no, penso di non essere mai stata tre minuti senza pensare al buon Dio”. Le dissi chiaramente che ero sorpresa, dubitavo che un tale impegno fosse possibile. Essa mi replicò: “E’ del tutto naturale pensare a qualcuno che si ama”. (Teresa di Lisieux alla sorella)

Lasciarsi amare, mettersi in ascolto, lasciarsi accarezzare e benedire da Dio: è questo innanzitutto la preghiera ... perché come dice S. Agostino “Un conto è un lungo discorso e un altro un lungo amore”.

Il cuore ferito e guarito

Una volta ebbi l’opportunità di incontrare Madre Teresa di Calcutta. Avevo molti problemi in quel momento e decisi di servirmi di questa occasione per chiederle consiglio. Appena ci fummo seduti cominciai a sciorinare tutti i miei problemi e le mie difficoltà, cercando di convincerla di quanto le cose fossero complicate! Quando, dopo una decina di minuti di elaborate spiegazioni, finalmente tacqui, Madre Teresa mi guardò tranquillamente e mi disse: “Bene, se dedicherai un’ora al giorno ad adorare il tuo Signore e a non fare mai quello che sai essere ingiusto ... tutto andrà bene!”.
Quando mi disse così mi resi conto all’improvviso che aveva bucato il mio grande pallone gonfiato, fatto di complicata autocommiserazione, e mi aveva additato, molto al di là di me stesso, il luogo della vera guarigione. Avevo posto una domanda dal basso e lei mi aveva dato una risposta dall’alto. Dal luogo di Dio e non dal luogo delle mie lamentele.
(Henri J. Nouwen, Vivere nello Spirito, Queriniana, 1995)

Lo scopo della preghiera non è tanto ottenere ciò che domandiamo quanto quello di diventare discepoli, figli di Dio, di avere in dono un cuore nuovo, il cuore di Dio, lo sguardo di Dio, il perdono e la capacità di perdonare, di amare, di sperare, di Dio. Se prego, il mio cuore ferito, accarezzato da Dio, può cominciare a guarire. Se non prego è come se fossi malato d’asma: mi sento il respiro corto. Se prego mi viene dato in dono l’ampio “respiro” di Dio. Diceva il pittore Gauguin: “Ho chiuso gli occhi per vedere”. Se prego vedo meglio, comprendo meglio. Se prego cambio: “E’ sbalorditivo come le mie idee cambiano quando prego” (Bernanos).

Una forza

Si era fatto visitare da un medico e ora lo scopre per caso in un momento in cui si sta drogando, praticandosi un’iniezione di morfina. Il medico si giustifica dicendo: “In fondo io chiedo alla morfina quello che voi chiedete alla preghiera: l’oblio”. Il curato rispose: “Scusate, alla preghiera io non domando l’oblio ma la forza”. (Bernanos, Diario di un curato di campagna)

In una vecchia caricatura Breznev diceva ai polacchi: “Piegatevi, oppure pregate”. Ma l’alternativa è sbagliata. Se non ci si piega è perché si prega. Perché la preghiera è forza inaudita, è speranza incrollabile. Perché la preghiera ci fa capaci di stare “a testa alta”.

Bellezza in azione

Uno dei luoghi comuni più stolti e funesti è che la preghiera sia “alienazione”, “abdicazione alle proprie responsabilità”. Chi parla così è gente che non sa nulla di cose spirituali, e ignora un fatto: che se c’è un uomo da temere, se c’è un autentico rivoluzionario, uno che non obbedisca a nessuno tranne che a Dio; se c’è uno pericoloso, questi è - in modo particolarissimo - l’uomo di preghiera. Si capisce: uomo di autentica fede e di vissuta preghiera. Come Cristo, che perciò sarà ucciso. “Passava tutta la notte in preghiera” e poi nel giorno operava. Preghiera che diventa decisione, forza operante e irresistibile. Fantasia e bellezza in azione. Luce che si fa intelligenza, forza per cambiare e per far nuove tutte le cose. (David Maria Turoldo)

Questo il cammino che ci fa compiere la preghiera: dalla resa alla speranza, alla profezia. Dalle mani chiuse dalla paura e dalla rabbia alle mani aperte nel dono e nell’abbandono confidente. Dall’Amore all’amore, dall’amore di Dio all’amore per gli altri. Come in un passo di danza... Ed è la vita che canta l’autenticità della nostra preghiera.

don Mirko Bellora
parroco di S. Maria del Suffragio
in Milano

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