MIRKO BELLORA
L'EREMO E LA STRADA
IL CORVO DI ELIA
(Dall’informatore parrocchiale - settembre 2002)
Il tema della preghiera ci accompagnerà e ci
“inquieterà” in questo anno pastorale:
è stato scelto come tema prioritario dalla nostra Diocesi,
in attesa del programma pastorale del nostro nuovo card. Dionigi
Tettamanzi.
Un giovane monaco chiese a un padre del deserto: “Abba,
dimmi qual è l’opera più difficile del
monaco” e l’altro rispose: “Dimmi tu quale
pensi che sia”. Il giovane monaco disse: “Forse la
vita comune”, ma l’abba rispose: “No, no,
figliolo prima o poi gli uomini, per cattivi che siano, a forza
di stare insieme, si vogliono bene”. Il giovane monaco
riprese: “Forse la castità?” “No,
figliolo, tu senti la castità come un problema grosso
perché hai vent’anni, ma aspetta ancora qualche anno
e tutto declinerà, tutto si acquieterà”.
“Forse la teologia, studiare Dio, parlare di Dio?”.
“No, figliolo, guardati intorno: quanti ecclesiastici
parlano di Dio dalla mattina alla sera! E’ tanto facile
parlare di Dio!”. “A questo punto dimmelo tu, abba,
qual è l’opera più difficile del
monaco!”. Gli rispose: “E’ pregare, pregare
dando del tu a Dio, dirgli Padre”.
La preghiera: stare con il Signore a tu per tu, in silenzio, in
ascolto, in amore.
La preghiera: anima segreta, pozzo inesauribile della vita
cristiana.
La preghiera: gesto e scelta che scolpisce il volto e il cuore
del cristiano.
La preghiera: pellegrinaggio quotidiano incontro al mistero di
Dio.
La preghiera non ha giustificazioni, come non ne ha l’amore
... ha una sola ragione: la certezza di essere amati da un Dio
che ci cerca, ci insegue, “ci fa la corte”.
La preghiera, come l’amore, è estasi e tormento,
gratuità, fedeltà, creatività, ricerca,
scoperta, desiderio, passione.
Ma è anche “opera difficile”, impegno,
nascondimento, svelamento, nella nudità del proprio
essere.
Come non si finisce di imparare ad amare, così non si
finisce di imparare a pregare. Si rimane sempre alunni,
discepoli, in povertà e in umiltà.
Discepoli: cercheremo di essere così in questo nuovo anno
pastorale, per imparare a “Stare con il Signore”.
Discepoli che hanno il coraggio di desiderare, cercare, trovare
del tempo per starsene un po’ in disparte. Non ritagli di
tempo, ma un tempo dedicato, nuovo, fresco, come quello degli
innamorati.
La parola di Dio fu rivolta ad Elia: “Parti di qui, va
verso oriente e sta in disparte presso il torrente Charit. Tu
berrai dal torrente e io stesso ho disposto che il corvo ti
procuri il cibo!”. Elia partì e fece secondo le
parole di Dio. Andò presso il torrente e un corvo gli
portava pane al mattino e carne alla sera. Egli poi beveva dal
torrente. (1Re 17)
Stare un po’ in disparte ... come faceva Gesù,
sempre “assediato” da tanta gente, quando teneva
sempre una barca pronta per passare all’altra riva, quando
saliva sul monte solo a pregare ... E’ stata la sua forza,
il suo segreto.
Stare un po’ in disparte, fare un po’ di deserto
nella città, nel proprio cuore per ascoltare il Vangelo
con cuore di bambino, per imparare a guardare con occhi di gufo,
a volare su ali d’aquila.
Lo scopo che si intende raggiungere non è solo un recupero
della preghiera, quasi un banale richiamo a tornare a pregare, ma
quello di offrire un insieme organico di proposte che aiutino le
comunità e i singoli a porsi davanti al Signore, a stare
con Lui, per essere da Lui inviati. In questo senso parliamo di
pastorale della preghiera, intendendo con questo termine una
proposta organica che abbraccia alcune mete precise, gli
itinerari per raggiungere tali mete e anche gli strumenti
operativi essenziali. (Arcidiocesi di Milano, Stare con il
Signore, Lavorare insieme, Strumento di lavoro per l’anno
pastorale 2002-2003)
Un anno per imparare a pregare: un grande dono, una grande
chance. Ne vale la pena … e nessuno di noi dica: mi manca
il tempo… Forse ci manca l’amore.
Se nella vostra vita avete pregato una volta, una sola volta; se
nel profondo del vostro cuore avete pianto una volta, una sola
volta; se nella vostra vita avete implorato o gioito una volta,
una sola volta, allora, pur senza saperlo, vi siete imbarcati
nella preghiera.
Colui che riesce a pregare un minuto della sua vita è
ormai preso in un ingranaggio che lo porta a pregare sempre. Egli
ha pregato, come è stato capace, ma ha pregato. Un giorno
pregherà in modo tale che crolleranno le mura di
Gerico.
Ma per pregare sempre, bisogna pregare un minuto. Male, magari,
ma pregare. Allora il primo abbozzo di preghiera ci porta a
pregare sempre più, sino a quell’unica preghiera che
ci farà entrare in cielo. (Bernard Bro, La macina e la
cetra, LDC, 1985)
*****
SCOLPITI DALLA PREGHIERA
(Dall’informatore parrocchiale - ottobre 2002)
Una decina d’anni fa, quando ero parroco a
San Giuseppe in Monza, avevo scritto questo testo sulla preghiera
per la catechesi con gli adulti. Lo propongo anche a voi. Eccone
la prima parte.
La storia di un girasole
C’era una volta in un giardino un girasole che,
secondo una vecchia abitudine, dalla mattina alla sera girava la
sua grande faccia guardando e seguendo il sole nel suo
cammino.
Gli altri fiori del giardino, che pure erano belli e profumati,
si rassegnarono ad avere vicino quella pertica che pareva volesse
dare la scalata al cielo, ma non gli perdonavano quella sua
fissazione di non voler staccare la faccia dal sole.
Un giorno un garofano rosso si fece coraggio e gli chiese:
“Perché guardi sempre verso l’alto? Forse noi
ti diamo fastidio?”.
E i girasole a lui: “Oh, no! Io sono felice di essere
vicino a te e a tutti questi bei fiori, mi piace il vostro
profumo e la vostra compagnia, ma non posso staccare gli occhi
dal sole: ne sono innamorato! Tu sai cosa vuol dire essere
innamorato? Io seguo il sole nel suo cammino, mi lascio scaldare
e illuminare da lui, di notte non dormo perché penso a
lui, vorrei alzarmi ancora di più per potergli correre
dietro … io lo amo tanto e mi lascio amare da lui
…!”.
Da quel momento tutti i fiori del giardino, che oramai avevano
capito, presero a chiamare il girasole così:
“l’innamorato del sole”.
Così è il cristiano quando ha capito che il
“sole” della sua vita è il Dio di Gesù
Cristo.
Preghiera: momento necessario della vita cristiana
“Essere cristiano e pregare sono la stessa
cosa”.
Queste parole sono state pronunciate da uno dei
più grandi teologi moderni, Karl Barth. E la ragione
è molto semplice: il cristiano non si fa senza la
preghiera, perché il cristiano non sta in piedi senza la
preghiera: la preghiera è la forza che lo tiene su,
è la forza di Cristo, che lo fa essere di Cristo.
La preghiera cristiana ha un solo fondamento, una sola ragione:
la certezza di parlare a Qualcuno che ci cerca, ci ama, ci
“fa la corte”, ci ascolta: il Dio di Gesù
Cristo.
Ma non occorre mai dimenticare che parlare della preghiera
cristiana è anzitutto parlare del cristiano, della vita
cristiana, perché la preghiera è solo un momento,
anche se un momento necessario della vita cristiana.
E’ un momento perché il culto che vuole Dio è
la nostra vita, il nostro cuore. Ce lo insegna chiaramente
S.Paolo: “Vi esorto dunque fratelli, per la misericordia di
Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e
gradito a Dio: questo è il vostro culto spirituale”.
(Rm 12,1). Proprio per questo per un cristiano non si può
dare opposizione fra culto e vita.
Spesso ci lamentiamo che Dio è assente nei pochi minuti
che ogni giorno gli riserviamo quando preghiamo ma, che ne
è delle altre ventitre ore e mezzo durante le quali Dio
bussa alla nostra porta e noi gli rispondiamo: non posso, sono
occupato, mi spiace? (A. Bloom)
E’ un momento necessario: per dire questa necessità
qualcuno ha felicemente detto che la preghiera è il
respiro dell’anima, è il termometro della fede di un
cristiano: il grado della nostra preghiera è il grado
della nostra fede, la forza della nostra preghiera è la
forza della nostra speranza, il calore della nostra preghiera
è il calore della nostra carità.
San Francesco di Sales era solito dire, in modo paradossale ma
indicativo e pungente:
“Bisogna pregare almeno
mezz’ora al giorno, tranne quando si è molto
impegnati: allora bisogna pregare un’ora”
…
Sentite poi cosa rispondeva Federico Ozanam, il fondatore
della San Vincenzo, a chi gli chiedeva: “Perché ogni
mattina perdi tempo a Messa?” “Perché
altrimenti perderei la giornata!”
A chi ci ama e si ama si dà tempo: così deve essere
con Dio.
La preghiera, quando la religione è un amore, non è
più un “dovere”, ma un’esigenza che
chiede tempo, fedeltà, fantasia, stupore, riti …
come l’amore …
E allora non diciamo: “mi manca tempo”, diciamo
piuttosto: “mi manca l’amore” …
Può darsi che qualche volta ci capiti di non avere
“voglia” di pregare: in questi momenti Dio ci chiede
soltanto di lasciarci amare, di rimanere ugualmente fedeli, in
silenzio, davanti all’Eucarestia o davanti a un Crocefisso
certi che … certi fiori possono nascere anche nella
spaccatura delle rocce o nell’aridità del deserto
…
Anche quando la speranza sembra sparire la preghiera è
indispensabile.
Ecco quello che ci dice Gandhi:
“La preghiera mi ha salvato
la vita. Senza di essa sarei pazzo da molto tempo. Ho avuto la
mia porzione delle più amare esperienze pubbliche e
private, che mi gettarono in una temporanea disperazione. Se
riuscii a liberarmi da questa disperazione fu grazie alla
preghiera”.
Entrare nella preghiera da poveri
Bisogna entrare nella preghiera da “poveri”,
cioè da persone che si riconoscono incapaci di pregare.
Ogni giorno dobbiamo “mormorare”, come gli apostoli,
“Signore, insegnaci a pregare!”, insegnaci a dare del
Tu a Tuo Padre, a vedere in ogni uomo un fratello. Ed è
alla scuola di Gesù che impareremo …
Impareremo innanzitutto a fare silenzio: il primo gradino per
entrare concentrati nella preghiera.
Impareremo a riconoscere che la soluzione del mistero della vita
è fuori e non dentro di noi, è in Dio.
Impareremo a pregare, prima che con le nostre parole, con la
Bibbia e in particolare con i Salmi.
Impareremo a vivere la preghiera come l’accogliere una
Presenza: il Dio di Gesù Cristo, lo Spirito Santo.
E’ questo un atteggiamento che trovo ben espresso nella
vocazione del profeta Samuele quando a Dio risponde: Parla o
Signore che il tuo servo ti ascolta!.
Parole così diverse da quelle che noi solitamente
pronunciamo: Ascolta o Signore che il tuo servo parla!
Troppo spesso tanti di noi vivono la preghiera come
“qualcosa da dire o da dare a Dio” ed è questo
forse il motivo per cui tante volte preghiamo male: al centro
della nostra preghiera ci siamo noi mentre il vero protagonista,
Dio, è assente.
Per pregare in modo più vero e profondo occorre ridare
spazio a questa dimensione dell’ascolto,
dell’accoglienza, del ricevere; bisogna riscoprire il ruolo
dello Spirito Santo nella vita cristiana e nella preghiera.
La nostra preghiera diventerà allora canto,
ringraziamento, lode, gioia, qualche volta grido, qualche volta
pianto. Sarà il nostro pellegrinaggio quotidiano alle
soglie del mistero.
E alla scuola di Gesù impareremo che pregare è
“lottare” con Dio, è convertirsi, è
affidarsi, è consegnarsi fiduciosi nelle Sue mani dicendo:
“Signore, sia fatta la tua volontà!”…
*****
PRESENTI A DIO PRESENTI ALL’UOMO
(Dall’informatore parrocchiale - novembre 2002)
Ecco la seconda parte del testo che una decina
d’ anni fa, quando ero parroco a San Giuseppe in Monza,
avevo scritto sulla preghiera per la catechesi con gli
adulti.
A ottobre un girasole, un “innamorato” del sole, ha
ispirato’ la mia riflessione sulla preghiera come momento
necessario della vita del cristiano.
Adesso ci lasciamo guidare da una ragazza muta ...
Un gruppo di contadini è costretto ad assistere ai
preparativi di un assalto notturno del vicino paese addormentato.
Terrorizzata dai soldati, la gente si arrende alla sorte; un
ragazzo si mostra addirittura disposto ad indicare la strada agli
assalitori.
Tutti sono in pena per il paeminacciato, ma la conclusione cui
giungono è sempre la stessa. “Non possiamo fare
nulla ... Non ci rimane che pregare!”.
E così, mentre tutti si raccolgono in preghiera,
improvvisamente si alza Kattrin, una ragazza muta: prende un
tamburo, si arrampica sul tetto di una stalla e percuote lo
strumento come un’ossessa, fino a svegliare gli abitanti
del paese. Kattrin viene uccisa ma il paese, messo in allarme,
è in salvo. (da “Madre Courage e i suoi figli”
di Bertold Brecht)
...preghiera come fuga dalla storia e dalle proprie
responsabilità, come alibi per la nostra
inattività, come rassegnazione: ecco l’incisiva
critica di Brecht, una critica spesso motivata dalla vita di
molti cristiani. Ma ha davvero ragione Brecht quando vuole
concludere che pregare è inutile e che è più
importante agire’? La questione non è di poco
conto.
Il cristiano trova la risposta guardando al Maestro, Gesù
di Nazareth, e al suo Vangelo.
E’ nel Vangelo che troviamo Gesù sempre
“assediato” da tanta gente da ascoltare, da aiutare,
da guarire; ed è nel Vangelo che troviamo Gesù
assiduamente impegnato a cercare momenti di solitudine per
incontrarsi con suo Padre che lui chiama confidenzialmente e
teneramente “Abbà”... papà...
Nelle pagine evangeliche scopriamo quindi che Gesù sa
mettere meravigliosamente insieme azione e contemplazione:
proprio perché è sempre vicino al Padre può
essere vicino a tutti; scopriamo che Gesù è capace
di farsi servo di tutti perché prima e sempre è
servo di Dio...: questo è il segreto di Gesù,
questo deve essere il segreto di ogni cristiano ...
Un segreto ben evidenziato dalla vicenda spirituale di Silvano
del Monte Athos, un mistico dell’ottocento: “Gli
uomini credono che prima occorra amare gli uomini e poi amare
Dio. Anch’io ho fatto così, ma mi sono accorto che
non serviva a nulla. Quando invece ho cominciato ad amare Dio
prima di tutto, in questo amore a Dio ho ritrovato il mio
prossimo”.
Dopo il Natale di Gesù, cioè dopo che Dio, nella
vicenda di Gesù, ci ha rivelato il suo amore per tutti,
non si può più andare a Dio saltando il
prossimo.
Ce lo insegna ancora una volta il Cardinale Carlo Maria Martini
che concludeva il Convegno Diocesano “Farsi prossimo”
così: “Essere cristiani non è caratterizzato
dall’andare a Messa alla domenica, ma dal vivere per gli
altri, fondato sul fatto che si va a Messa alla
domenica”.
L’ha capito bene anche questa donna di cui ci racconta
Carlo Carretto:
Una donna francese venuta per un ritiro spirituale passa accanto
a una tenda dei tuareg. Si ferma, conversa e si accorge che una
ragazza, esile come una canna, trema per il freddo. E’
strano, ma è così: nel deserto fa freddo nelle albe
senza sole.
“Perché non ti copri?” le chiese.
“Perché non ho nulla da coprirmi!” rispose la
fanciulla tuareg.
La donna, senza aver affrontato il problema, se ne va a ...
pregare ... Entra nell’eremitaggio dove c’è il
Sacramento esposto. Si prostra nella sabbia davanti al
Gesù presente nell’Eucarestia... Cerca il contatto
con l’Eterno ... Cerca di pregare, ma ... non ci
riesce.
“Non riuscivo ad andare avanti” - confesserà -
“Non riuscivo a pregare. Sono dovuta uscire, ritornare alla
tenda e dare a quella fanciulla una delle mie maglie. Poi sono
tornata e allora sono riuscita a pregare”.
L’amore di Dio, rivelatosi nel Natale e nella Pasqua di
Gesù, incalza, non lascia riposo ... perché
trascina sempre con sé la storia, gli uomini ...
Quando un cristiano prega sul serio, il Dio di Gesù lo
ributta immediatamente tra gli altri.
Pregare allora è essere presenti a Dio e all’uomo,
è mettere insieme l’eremo e la strada, certi che
dove un uomo prega qualcosa nasce e fiorisce sempre.
*****
LA MACINA E LA CETRA
(Dall’informatore parrocchiale - marzo 2003)
Veit Bach, un fornaio residente in Ungheria, fu
costretto ad abbandonare il paese per salvaguardare la propria
fede. Si stabilì a Wechmar dove riprese a esercitare il
suo mestiere. Era affezionato a una piccola cetra che portava con
sé al mulino per suonare, mentre la macina era in
movimento. Concerto meraviglioso! In tal modo imparò ad
andare a tempo. Così, più o meno, è
cominciata la musica nella famiglia Bach".
In questo modo, quasi scherzoso, Johann Sebastian Bach inizia un
suo scritto sulle origini della famiglia musicale Bach.
La macina la conosciamo anche troppo. E non è difficile
richiamarla alla memoria: la macina del lavoro quotidiano, la
macina delle preoccupazioni, la macina dell'angoscia, la macina
dei vicini, la macina degli altri, la macina dell'usura, la
macina della notte, la macina della farina e del pane, la macina
che tritura, ma che deve triturare affinché il tegumento
del grano, la crusca e la farina possano essere separati,
offerti, consumati.
E la cetra? La cetra del canto, la cetra della musica e del
sogno, della melodia, della nostalgia, dell'utopia ... la cetra
del desiderio.
Sono necessarie entrambe: la macina senza la cetra è
qualcosa di troppo pesante. La cetra senza la macina è
qualcosa di troppo leggero.
La macina e la cetra ...
Nella vita di un uomo forse sono possibili soltanto due cetre :
il culto di sé o la preghiera. ...
Nel suo mulino Bach girava la macina, il cui ritmo instancabile
scandiva l'incarnazione del lavoro quotidiano e del pane di ogni
giorno. Ma aveva con sé la sua cetra. Questa cetra gli era
necessaria per ripetersi che la lotta di ogni giorno, che
l'incarnazione non avrebbero alcun senso se non produ-cessero
una melodia: la melodia dell'anima che prega, che loda, che
adora.
Non ci è possibile fare a meno della macina: tutti
sappiamo benissimo che è sempre presente. Nessuno vi
sfugge. Ma disgraziato colui che credesse di poter fare a meno
della cetra.
Questo è l'inizio di ogni cosa: la macina e la cetra.
(Bernard Bro, La macina e la cetra, LDC, 1985)
La macina e la cetra: titolo del nostro prossimo Quaresimale. La
macina e la cetra per arrivare al centro, al cuore della vita,
dell’esperienza cristiana, là dove preghiera e
lavoro, amore e paura, gioia e dolore, forza e debolezza, si
intrecciano, si intersecano. Là dove Dio e l’uomo si
incontrano, ora in un abbraccio, ora in una lotta corpo a
corpo.
Spero che ciascuno di voi in questo quaresimale scopra ancora
più intensamente la melodia della cetra, della preghiera.
Una melodia che saprà farci vivere a mani aperte, a testa
alta, col cuore guarito, a passo di danza ... una danza che ha
come protagonisti Dio, noi, gli altri.
Una melodia appartenuta prima di ogni altro a Gesù di
Nazaret: a Lui occorre guardare, da Lui occorre imparare. A
pregare, a chiamare Dio Abbà, ad amare, a servire, a
perdonare, a vivere, a morire. A mettere meravigliosamente
insieme silenzio e parola, preghiera e azione, lotta e
contemplazione.
Il cristiano prega perché Gesù pregava. Era il suo
segreto. E il segreto di tanti che nella storia hanno fatto
grandi cose.
Un abbraccio
Il primo momento della preghiera non è il nostro parlare,
ma un abbraccio. Perché credere è innanzitutto una
relazione.
“Che cosa è Dio?”, domanda il bambino. La zia
lo stringe tra le braccia e gli chiede: “Che cosa
provi?” “Ti voglio bene”, risponde il bambino.
“Ecco, Dio è questo!” (dal film
“Decalogo 1” di Kieslowski)
Siccome le avevo chiesto se qualche volta dimenticava la presenza
di Dio, mi rispose con molta semplicità: “Oh! no,
penso di non essere mai stata tre minuti senza pensare al buon
Dio”. Le dissi chiaramente che ero sorpresa, dubitavo che
un tale impegno fosse possibile. Essa mi replicò:
“E’ del tutto naturale pensare a qualcuno che si
ama”. (Teresa di Lisieux alla sorella)
Lasciarsi amare, mettersi in ascolto, lasciarsi accarezzare e
benedire da Dio: è questo innanzitutto la preghiera ...
perché come dice S. Agostino “Un conto è un
lungo discorso e un altro un lungo amore”.
Il cuore ferito e guarito
Una volta ebbi l’opportunità di incontrare Madre
Teresa di Calcutta. Avevo molti problemi in quel momento e decisi
di servirmi di questa occasione per chiederle consiglio. Appena
ci fummo seduti cominciai a sciorinare tutti i miei problemi e le
mie difficoltà, cercando di convincerla di quanto le cose
fossero complicate! Quando, dopo una decina di minuti di
elaborate spiegazioni, finalmente tacqui, Madre Teresa mi
guardò tranquillamente e mi disse: “Bene, se
dedicherai un’ora al giorno ad adorare il tuo Signore e a
non fare mai quello che sai essere ingiusto ... tutto
andrà bene!”.
Quando mi disse così mi resi conto all’improvviso
che aveva bucato il mio grande pallone gonfiato, fatto di
complicata autocommiserazione, e mi aveva additato, molto al di
là di me stesso, il luogo della vera guarigione. Avevo
posto una domanda dal basso e lei mi aveva dato una risposta
dall’alto. Dal luogo di Dio e non dal luogo delle mie
lamentele.
(Henri J. Nouwen, Vivere nello Spirito, Queriniana, 1995)
Lo scopo della preghiera non è tanto ottenere ciò
che domandiamo quanto quello di diventare discepoli, figli di
Dio, di avere in dono un cuore nuovo, il cuore di Dio, lo sguardo
di Dio, il perdono e la capacità di perdonare, di amare,
di sperare, di Dio. Se prego, il mio cuore ferito, accarezzato da
Dio, può cominciare a guarire. Se non prego è come
se fossi malato d’asma: mi sento il respiro corto. Se prego
mi viene dato in dono l’ampio “respiro” di Dio.
Diceva il pittore Gauguin: “Ho chiuso gli occhi per
vedere”. Se prego vedo meglio, comprendo meglio. Se prego
cambio: “E’ sbalorditivo come le mie idee cambiano
quando prego” (Bernanos).
Una forza
Si era fatto visitare da un medico e ora lo scopre per caso in un
momento in cui si sta drogando, praticandosi un’iniezione
di morfina. Il medico si giustifica dicendo: “In fondo io
chiedo alla morfina quello che voi chiedete alla preghiera:
l’oblio”. Il curato rispose: “Scusate, alla
preghiera io non domando l’oblio ma la forza”.
(Bernanos, Diario di un curato di campagna)
In una vecchia caricatura Breznev diceva ai polacchi:
“Piegatevi, oppure pregate”. Ma l’alternativa
è sbagliata. Se non ci si piega è perché si
prega. Perché la preghiera è forza inaudita,
è speranza incrollabile. Perché la preghiera ci fa
capaci di stare “a testa alta”.
Bellezza in azione
Uno dei luoghi comuni più stolti e funesti è che la
preghiera sia “alienazione”, “abdicazione alle
proprie responsabilità”. Chi parla così
è gente che non sa nulla di cose spirituali, e ignora un
fatto: che se c’è un uomo da temere, se
c’è un autentico rivoluzionario, uno che non
obbedisca a nessuno tranne che a Dio; se c’è uno
pericoloso, questi è - in modo particolarissimo -
l’uomo di preghiera. Si capisce: uomo di autentica fede e
di vissuta preghiera. Come Cristo, che perciò sarà
ucciso. “Passava tutta la notte in preghiera” e poi
nel giorno operava. Preghiera che diventa decisione, forza
operante e irresistibile. Fantasia e bellezza in azione. Luce che
si fa intelligenza, forza per cambiare e per far nuove tutte le
cose. (David Maria Turoldo)
Questo il cammino che ci fa compiere la preghiera: dalla resa
alla speranza, alla profezia. Dalle mani chiuse dalla paura e
dalla rabbia alle mani aperte nel dono e nell’abbandono
confidente. Dall’Amore all’amore, dall’amore di
Dio all’amore per gli altri. Come in un passo di danza...
Ed è la vita che canta l’autenticità della
nostra preghiera.
don Mirko
Bellora
parroco di S. Maria del Suffragio
in Milano

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